Tutti assolti. Così ha deciso il Tribunale di Milano al processo che accusava Eni e Shell di corruzione in Nigeria: gli imputati erano 15 (comprese le società, Eni e Shell), tra cui l’attuale amministratore delegato del Cane a Sei Zampe Claudio Descalzi e l’ex presidente Paolo Scaroni (ora presidente del Milan), oltre a diversi manager e alle autorità del Paese africano. L’accusa della Procura, che aveva chiesto 8 anni di carcere per Descalzi e 10 anni per l’ex ministro del petrolio nigeriano, Dan Etete, oltre alla confisca di 1 miliardo 92 milioni e 400 mila dollari sia nei confronti di Eni e di Shell, era di corruzione internazionale con al centro l’acquisizione dei diritti di esplorazione del blocco petrolifero Opl245 in Nigeria, per i quali le due società avrebbero versato una maxi tangente.
Le richieste di pena sono da sempre ritenute da Eni “prive di qualsiasi fondamento”, e “in assenza di qualsivoglia prova o richiamo concreto ai contenuti della istruttoria dibattimentale”. “Finalmente a Claudio Descalzi è stata restituita la sua reputazione professionale e a Eni il suo ruolo di grande azienda”, ha commentato Paola Severino, avvocato difensore dell’ad della compagnia petrolifera italiana. “Eni e Shell – ha aggiunto l’avvocato Enrico De Castiglione – non hanno fornito alcuna provvista né alcuna tangente, ma hanno pagato per ottenere una licenza. Non vi è stata alcuna discussione con pubblici ufficiali, ma solo una discussione tecnico-economica sul prezzo del bene. Sotto sotto anche il pm e la parte civile sono ben consci della totale inconsistenza dell’ipotesi che ‘tutti sapevano’ del denaro”.
Per Shell a commentare l’esito della sentenza, accolta con favore, è direttamente il Ceo del gruppo multinazionale anglo-olandese. “Abbiamo sempre sostenuto che l’accordo del 2011 fosse legittimo – è la dichiarazione di Ben van Beurden, Amministratore Delegato di Royal Dutch Shell – finalizzato a risolvere una decennale controversia legale e far ripartire lo sviluppo del blocco OPL 245. Al tempo stesso, è stata per noi una difficile esperienza. Shell è una società che opera con integrità e ci impegniamo strenuamente ogni giorno per garantire che le nostre azioni non solo seguano la lettera e lo spirito della legge, ma siano anche all’altezza delle più ampie aspettative della società nei nostri confronti”. La tesi di fondo, da sempre sostenuta da Shell, è che l’Accordo di risoluzione 2011 avesse l’obiettivo di porre fine ad un lungo contenzioso nato dal fatto che i diritti sul blocco Opl 245 fossero stati assegnati dal governo nigeriano a due parti diverse: Shell e Malabu. Da qui la controversia e il negoziato sfociato nell’accordo e nel pagamento al governo nigeriano finalizzato allo sviluppo del blocco, rimasto tuttavia non sviluppato.
Tornando al processo milanese, la tesi dell’accusa è stata dunque cancellata dai giudici, che hanno assolto tutti gli imputati con formula piena “perché il fatto non sussiste”. Le motivazioni saranno depositate in 90 giorni. Il processo era stato avviato nel 2018. Ecco l’elenco degli imputati assolti: Claudio Descalzi, Paolo Scaroni, l’ex responsabile operativo del gruppo di San Donato nell’Africa sub-sahariana Roberto Casula, l’ex manager della compagnia italiana in Nigeria Vincenzo Armanna, l’ex manager di Nae, controllata Eni in Nigeria, Ciro Antonio Pagano, l’ex ministro del Petrolio nigeriano Dan Etete. E poi ancora Luigi Bisignani, il russo Ednan Agaev e Gianfranco Falcioni, quest’ultimo imprenditore ed ex viceconsole in Nigeria, l’ex presidente di Shell Foundation Malcom Brinded e gli ex dirigenti della compagnia olandese Peter Robinson, Guy Jonathan Colgate e John Coplestone.