Eni e Edison hanno firmato un’intesa per il risanamento ambientale dei siti industriali che alla fine degli anni ‘80 Montedison conferì ad Enichem. Una vicenda complessa dell’Italia pre-tangentopoli. L’accordo paritetico di oggi stabilisce il concorso economico per le bonifiche già avviate da Eni Rewind e Versalis, società del gruppo Eni. “In esecuzione dei progetti decretati dal Ministero dell’Ambiente – spiega una nota di Eni ed Edison – inaugurando una nuova stagione di cooperazione tra Eni e Edison che metterà a frutto le esperienze e tecnologie acquisite da Eni Rewind e da Edison Next Environment. Le attività di bonifica procederanno in continuità. L’applicazione dell’accordo sito per sito, con le relative attività di pianificazione, condivisione dei costi derivanti dai progetti di bonifica approvati e rapporti con le istituzioni sarà condivisa e coordinata da un Comitato tecnico-giuridico congiunto tra le società”.
L’intesa avvia il risanamento definitivo di siti industriali gravemente compromessi dal lato ambientale. Sarà la volta buona? Siamo arrivati al 2023 sono passati decenni con l’onere della rimozione di pericoli per la salute e le città. Quegli impianti hanno contrassegnato, nel bene e nel male, lo sviluppo industriale del Paese, producendo chimica di base, raffinazione, ricerche su carburanti innovativi. La pressione sociale e istituzionale per effetti nell’aria, negli anni passati si è fatta sentire, con l’individuazione delle principali fonti di inquinamento ambientale. Il Ministero dell’Ambiente ha condiviso gradualmente i progetti presentati ed ora si volta pagina.
Enimont: il sogno fallito per corruzione
Si gira la pagina su tutto l’ex patrimonio industriale di Enimont la joint enture del 1988 tra Eni e Montedison. Con la nuova società doveva nascere in Italia il grande polo della chimica,fondato sull’alleanza tra pubblico e privato. Si rivelò un matrimonio impossibile e non perché gli obiettivi non fossero chiari. Per arrivare alla creazione della nuova società furono pagate tangenti a mezzo mondo, un male oscuro venuto alla luce con fragore. La nuova società aveva 50 mila dipendenti e fatturava circa 16 mila miliardi di lire. Un imprenditore privato come Raul Gardini aveva coltivato il sogno di guidare il più potente gruppo industriale italiano con interessi in tutto il mondo. Il sodalizio con il gruppo fondato da Enrico Mattei durò pochissimo, però, per divergenze strategiche, finché l’Eni non decise di acquistare la quota residua di minoranza del capitale sociale di Enimont. Furono anni molto complicati, vissuti con grande preoccupazione e successivi drammi personali, come il suicidio in carcere del Presidente Eni Gabriele Cagliari e dello stesso Raul Gardini. I giudici accerteranno il pagamento di una tangente di 150 miliardi di lire ( la madre di tutte le tangenti), distribuita a partiti, affaristi, manager.
Dal punto di vista industriale e strategico Enimont non era un errore, nonostante le questioni ambientali provocate dalla produzione. Vi era tuttavia certezza che col tempo avrebbero trovato risposte adeguate. Nel 1991 finì tutto con le banche in primo piano, esposte per molti miliardi e conseguenze drammatiche per la politica della cosiddetta Prima Repubblica. La stessa immagine di Eni ne uscì profondamente macchiata. Sono stati i successivi vertici aziendali a dover fare un non facile lavoro di rilancio e di risanamento, anche ecologico. I siti da mettere a posto si trovano sia al Nord che al Sud ed Eni Rewind li classifica come siti acquisiti tramite operazione Enimont: Brindisi, Ciró Marina Crotone, Ferrara, Mantova ecc. Un lascito molto triste.