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Eni accumula 7,84 miliardi di perdite, giù la produzione

Imagoeconomica

Eni chiude il terzo trimestre con una perdita una netta di 0,5 miliardi nel trimestre e di 7,84 miliardi nei nove mesi a causa delle svalutazioni che il gigante nazionale, come altre major, si è trovato costretto a fare. È la crisi da Covid-19 che sommata all’eccesso di offerta di oil & gas mette le grandi oil company private sotto un profondo stress. La parola chiave è oversupply mentre la pandemia contrae la domanda e il mondo affronta una tradizione energetica di natura epocale. Eni ha fatto da apripista, ora seguiranno le trimestrali Total, Shell e ExxonMobil tutte in programma per questa settimana.

Tornando a Eni, i dati adjusted rilevano una perdita trimestrale netta adjusted di 0,15 miliardi nel terzo trimestre e di 0,81 miliardi nei nove mesi. Ma a fare la differenza sono appunto le svalutazioni. Eni dichiara “svalutazioni pre-tax di attività non correnti di €2,75 miliardi riferite principalmente a asset oil&gas e impianti di raffinazione in funzione della revisione dello scenario dei prezzi/margini degli idrocarburi, dall’adeguamento del valore contabile del magazzino ai prezzi correnti (-€1,4 miliardi), nonché dalla svalutazione dei crediti d’imposta per €0,8 miliardi”.

Nel comunicato il gruppo sottolinea tuttavia come “il trimestre registra un rimbalzo della performance dovuto a un migliore bilanciamento dei fondamentali oil in un contesto di lenta ripresa dell’attività economica e incertezze circa il contenimento della pandemia, con ricadute sulla propensione dei consumatori agli spostamenti”. Il dividendo base 2020 sarà garantito, assicura il gruppo.

Il risultato operativo adjusted mostra un utile di 0,54 miliardi nel terzo trimestre in significativo miglioramento rispetto alla perdita del secondo trimestre 2020 (1 miliardo). Il confronto annuo (-75%) rimane penalizzato dallo scenario ancora recessivo a causa degli effetti della pandemia. Nei nove mesi l’utile operativo adjusted scende a 1,41 miliardi (-79% rispetto al 2019). La produzione di idrocarburi si contrae nel trimestre del 10% a 1,7 milioni di boe/giorno e del 6% nei 9 mesi.

Nel comunicato diffuso sui dati trimestrali, Eni ricorda le misure intraprese nel corso dell’anno per fronteggiare la situazione critica del settore e in particolare: la riduzione del 33% degli investimenti – ora contenuti in 3,76 miliardi nei nove mesi – realizzata con la revisione del piano in marzo; la spinta in avanti sulle attività green (rinnovabili e biocarburanti); la riorganizzazione delle attività per separare quelle tradizioni da quelle rinnovabili.

“In un contesto di mercato che rimane molto difficile – è il commento dell’Ad Claudio Descalzi – stiamo contenendo con successo gli impatti negativi di questa crisi e progredendo nella nostra strategia di decarbonizzazione. Nel trimestre, a fronte di un calo di circa il 30% dei prezzi di petrolio e gas, e del 90% dei margini di raffinazione, abbiamo conseguito ottimi risultati superando nettamente le aspettative del mercato. In ambito E&P pur con un Brent a 43 $/barile, abbiamo raggiunto un livello di produzione in linea con le attese, e un EBIT di €0,52 miliardi, valore doppio rispetto al consensus. Sui nove mesi, grazie alla riduzione degli investimenti e dei costi messa in atto nei primi mesi dell’anno, abbiamo generato un cash flow operativo di oltre €5 miliardi, a fronte di un livello di investimenti pari a €3,8 miliardi. Confermiamo così la solidità della nostra struttura patrimoniale, ulteriormente rafforzata dalle due emissioni ibride da €3 miliardi effettuate a ottobre, che ci consentono di mantenere il leverage al di sotto del 30%”.

“Continuiamo a lavorare sulla politica dividendi per assicurare la retribuzione che abbiamo annunciato alla comunità finanziaria in estate” ha detto il Cfo di Eni, Francresco Gattei in conference call. A luglio Eni ha annunciato un dividendo annuo base di 0,36 euro per azione, commisurato ad una media annua del Brent pari ad almeno 45 $/barile, ed una componente variabile crescente al crescere del prezzo fino a 60 $/barile, oltre il quale sarà riattivato il piano di buy-back.

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