Il crowdsourcing, la ‘delocalizzazione’ non verso un paese ma verso una ‘folla’ di internauti, è una delle più potenti ‘energie alternative’ create dalla rivoluzione telematica.
Recentemente questa procedura è stata adottata per studiare l’evoluzione della musica: le tradizioni e i gusti musicali sono plasmati dai grandi geni della musica, da Bach ai Beatles, o si sviluppano, come nel darwinismo, dalla pressione evolutiva dei gusti innati della popolazione? Il primo dei link sottostanti descrive come gli scienziati dell’Imperial College di Londra stano testando la seconda ipotesi usando una ‘folla’ di 7mila volontari reclutati su Internet. Ma il crowdsourcing è anche usato per scopi più pratici, come, per esempio, raccogliere capitali per mettere in pratica idee innovative.
In un momento in cui le banche, che non sono mai state in prima linea nel finanziare le start-up, tirano i remi in barca più che mai, sono spuntati come funghi molti siti che fanno incontrare domanda e offerta di capitali. Le stime contano 450 siti di questo tipo, la maggior parte in America ma anche in Europa e in Cina (non c’è notizia di siti italiani). Il maggiore è Kickstarter: gli inventori presentano le loro proposte nel sito e invitano capitale di rischio da migliaia di sottoscrittori. Per esempio, Pebble, un orologio che mostra sullo schermino i messaggi inviati dall’iPhone di chi lo porta al polso, ha raccolto 10,3 milioni di dollari. E ai festival cinematografici di Sundance e Cannes il 10% dei film è stato finanziato in crowdsourcing. Si stima che nel mondo il crowdsourcing quest’anno si avvii a raccogliere 2,8 miliardi di dollari, in forte crescita dagli 1,5 miliardi dell’anno scorso e dai 500 milioni del 2009.
http://www.scienceagogo.com/news/20120518195400data_trunc_sys.shtml
http://www.economist.com/node/21556973