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Energia: prezzi bassi, bollette alte. Ora tocca alla politica

Nel 2014 per la prima volta in quarant’anni i dati Iea hanno segnalato che in Europa le emissioni si sono fermate a fronte di una crescita economica che è ripresa leggermente. Un “decoupling” (sdoppiamento) tra l’andamento della crescita e quello dell’energia molto importante, come ha spiegato il professore della Bocconi Matteo di Castelnuovo durante il Festival dell’economia di Trento. “E’ un fatto molto importante probabilmente dovuto a un cambiamento delle modalità con cui l’Europa consuma energia” ha detto di Castelnuovo aprendo il dibattito “Energia e ambiente: nemici o alleati?”. Alla tavola rotonda hanno presto parte anche l’economista Paul Ekins, che insegna Politica energetica e ambientale all’University College London, e Antonio Navarra, presidente del Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici.

L’IMPATTO DELLE RINNOVABILI SULL’ENERGIA ELETTRICA

Il decoupling è anche merito della forte spinta che l’Europa ha dato alle energie rinnovabili, con il solare e l’eolico che sono stati i settori trainanti. “In meno di dieci anni sono stati raggiunti risultati straordinari – ha detto di Castelnuovo – e negli utlimi anni i prezzi dell’elettricità all’ingrosso sono in discesa”. Addirittura in Germania, che ha fatto una scelta chiara verso le rinnovabili e l’efficienza, si sta assistendo al fenomeno dei prezzi negativi: il risultato è che le centrali elettriche si ritrovano a dover pagare il sistema per far ritirare l’energia. Il che ha portato anche il mondo delle grandi imprese a dover cambiare strategia. La tedesca Eon per esempio ha deciso di separare l’unità delle centrali a gas e di fonte convenzionale da quelle rinnovabili e del nuovo business. E ha annunciato che a partire dal 2016 si concentrerà solo sulle energie rinnovabili, sulle reti di distribuzione e sulle soluzioni per i clienti.

In Italia, dove i prezzi all’ingrosso sono mediamente più alti che in Europa, per decreto non si possono avere prezzi negativi, ma spesso si è toccato quota zero. “Non lo vediamo in bolletta – dice di Castelnuovo – perché tutte le altre componenti, i sussidi alle rinnovabili, la smart grid e gli oneri nucleari, sono in aumento e vengono decisi a livello regolatorio”. Certo è che le rinnovabili stanno innescando effetti “devastanti” sul settore elettrico e le centrali tradizionale. Ma i meccanismi di mercato si possono cambiare, l’ambiente no.

CAMBIARE IL MERCATO E’ POSSIBILE, NON L’AMBIENTE  

“Le energie rinnovabili – ha aggiunto l’economista Ekins – saranno competitive e vediamo già i problemi che stanno creando sul mercato. Ma il mercato è una creatura umana e può essere cambiato, il clima no”. Ekins ricorda che oggi siamo sulla via di un aumento di 5 gradi delle temperature medie, condizioni che non abbiamo mai sperimentato. “Non decidere – ha detto – è prendere l’opzione di 5 gradi di riscaldamento in più. Le decisioni sono difficili perché gli investimenti da fare dureranno fino al 2050”.

Per Ekins sono quattro le fonti nuove che possono essere usate in una dimensione di scala: le rinnovabili a grande scala, quelle su piccola scala, il nucleare e il Ccs (Carbon Capture and Storage), una tecnologia che può catturare fino al 90% delle emissioni di Co2 prodotte dall’uso dei combustibili fossili evitando che vada nell’atmosfera. “Ognuna di queste soluzioni presenta problemi, poi ci sono i grandi incumbent che non vogliono cambiare, ci sarà una lotta politica forte”, fa notare Ekins che spiega come il risultato dipenderà dalle scelte politiche e che “le conseguenze di scelte sbagliate” che saranno “potenzialmente enormi”.

Un esempio virtuoso è la Germania dove “le rinnovabili hanno vinto” e “le grandi società hanno dovuto cambiare” e imboccare la via delle rinnovabili. Allo stesso tempo, ha affermato, “l’Italia ha fatto bene ad andare verso il fotovoltaico”. Tra le iniziative che i governi possono prendere, Ekins segnala l’introduzione di tasse sul carbone, una politica esplicita per stimolare l’innovazione nelle nuove tecnologie e la rimozione delle barriere ai cambiamenti di comportamento. I rischi non sono da sottovalutare.

Per Antonio Navarra l’area mediterranea potrebbe trovarsi il clima del NordAfrica tutto l’anno. La stima è di un rischio di un calo del 20% delle precipitazioni annuali sul mediterraneo. In quanto stima climatica, è un numero altamente incerto, il che significa che può materializzarsi in un -5% ma anche in -40%. “Il dato certo – ha affermato Navarra – è che siamo di fronte a un rischio serio. In una zona come il mediterraneo sarà molto difficile che le politiche saranno formulate perché c’è il cambiamento climatico ma sarà difficile formulare qualunque politica che non tenga conto dell’impatto climatico”.

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Categories: Politica