“La transizione energetica è inevitabile, ma deve essere “gestita in modo ordinato” per evitare un “caos climatico”. Lo ha dichiarato Fabio Panetta, Governatore della Banca d’Italia, durante la conferenza G7-IEA “Garantire una transizione energetica ordinata”. Nel suo discorso, Panetta ha delineato i rischi di un processo disorganizzato e ha sottolineato le opportunità e i vantaggi di una gestione attenta e coordinata per “non compromettere i risultati già ottenuti”. I governi delle principali economie mondiali devono assumere un ruolo guida, promuovendo investimenti in energie a basse emissioni di carbonio e evitando politiche “stop and go,” che generano incertezza e ostacolano gli investimenti privati. Solo attraverso una strategia ben pianificata, che bilanci costi e benefici a lungo termine e favorisca una cooperazione internazionale solida, sarà possibile evitare di raggiungere “punti di non ritorno climatici catastrofici”.
Transizione inevitabile, ma da gestire in modo ordinato
Per Panetta, non ci sono dubbi: “La transizione energetica è inevitabile”, ma ha ammonito che deve essere gestita con attenzione per evitare un “caos climatico”. E ha lanciato un avvertimento a chi è tentato di mollare la presa di fronte alle prime difficoltà: “Dopo una serie di importanti passi avanti successivi all’Accordo di Parigi del 2015 stiamo assistendo a segni di insoddisfazione riguardo alla transizione energetica, con alcune reazioni politiche contrarie e riscatti dai fondi di investimento sostenibili”. Nonostante ciò, ci sono anche segnali positivi. “Gli investimenti globali in energia pulita sono ora il doppio di quelli nei combustibili fossili” e ha lodato i progressi della Cina nel settore delle energie rinnovabili.
Tuttavia, ha avvertito il numero uno di Via Nazionale, non c’è spazio per la riluttanza: i benefici a lungo termine superano di gran lunga i costi e “il rischio di rimandare ulteriori riduzioni delle emissioni” potrebbe portarci dritti verso “punti di non ritorno climatici catastrofici”.
Il costo della transizione e la cooperazione internazionale
Panetta non si è certo nascosto dietro false illusioni: “La transizione verde sarà costosa”. Molto costosa. Gli investimenti necessari, stimati “in oltre 3 trilioni di dollari per il 2024”, sono ancora “insufficienti rispetto ai 4,5 trilioni di dollari annui necessari entro il 2030 per raggiungere gli obiettivi climatici”. Ha sottolineato come nei Paesi emergenti ci sia una carenza di investimenti: “Nonostante rappresentino un terzo del PIL globale e due terzi della popolazione mondiale, le economie emergenti e in via di sviluppo, escludendo la Cina, rappresentano solo il 15% degli investimenti globali in energia pulita. Questo sottoinvestimento è in parte dovuto alle difficoltà nel reperire capitali, poiché finanziare progetti legati alla transizione nelle EMDE può essere due volte più costoso che nelle economie avanzate”.
E qui Panetta ha tirato fuori una proposta interessante: creare un “Global Carbon Reduction Incentive” (GCRI), uno schema che vedrebbe i paesi con alte emissioni compensare quelli con emissioni più basse. Un’idea che, ha detto, non solo aiuterebbe a colmare il divario di finanziamento, ma creerebbe stabilità e fiducia nelle politiche climatiche nazionali, incoraggiando investimenti privati, essenziali per raggiungere gli obiettivi fissati.
Evitare nuove dipendenze: minerali critici e sicurezza energetica
Ma attenzione, ha avvertito il Governatore: “Non dobbiamo cadere in nuove forme di dipendenza energetica”. L’invasione russa dell’Ucraina ha messo in luce l’urgenza di ridurre la dipendenza dai combustibili fossili, ma ha avvertito che non basta ridurne l’uso se finiamo per dipendere dai minerali critici necessari per la transizione – litio, cobalto e rame, per citarne alcuni – la cui produzione è dominata da un pugno di Paesi. “La Cina è il leader mondiale nell’estrazione delle terre rare, controllando circa il 70% della produzione mondiale”, ma “è anche leader nella produzione e diffusione di tecnologie come l’eolico e il solare fotovoltaico” ha osservato, facendo notare come questa dipendenza rappresenti un rischio significativo per la sicurezza energetica, soprattutto in Europa.
La soluzione? “Diversificare le fonti di approvvigionamento e rafforzare le relazioni con i paesi ricchi di risorse critiche”, per evitare una nuova vulnerabilità che potrebbe compromettere la transizione stessa. Ha anche citato “il progetto Resilient and Inclusive Supply-chain Enhancement” come iniziativa chiave per migliorare l’integrazione delle catene di approvvigionamento di minerali critici, supportando i paesi a basso e medio reddito nella partecipazione alla transizione energetica.
Un bel rebus da risolvere, ma Panetta ha fiducia che, con un po’ di ingegno e una buona dose di cooperazione europea, si possa fare.
Tecnologia: alleata o nemica?
La transizione energetica non è l’unica sfida che abbiamo davanti: c’è anche la transizione digitale. Due fenomeni che, come ha evidenziato Panetta, sono strettamente intrecciati e richiedono entrambi “ingenti investimenti”. Se da un lato la tecnologia digitale è energivora – pensiamo ai data center e all’intelligenza artificiale, che “rappresentano ora il 2% del consumo elettrico globale ma si prevede che questa cifra più che raddoppierà entro il 2026” – dall’altro può essere un’alleata preziosa, “aiutando le reti elettriche a integrare fonti rinnovabili intermittenti, migliorare le previsioni e la valutazione dei rischi climatici, e ridurre i costi della rendicontazione sulla sostenibilità.”
Poiché sia la transizione energetica che quella digitale sono trasformazioni inevitabili, spetta a noi “trarre il massimo beneficio, assicurandoci di massimizzare il loro potenziale combinato e di raccogliere tutti i vantaggi, non solo i costi.”
Un percorso condiviso e inclusivo
Per concludere, Fabio Panetta ha toccato un tema fondamentale: il consenso pubblico. Senza il sostegno della popolazione, le politiche per la transizione rischiano di fallire, e i più vulnerabili saranno quelli a pagare il prezzo più alto. “Le famiglie meno abbienti, i cui consumi sono fortemente orientati verso i beni energetici, saranno colpite in modo sproporzionato,” ha avvertito. “Allo stesso modo, le aziende dei settori più difficili da decarbonizzare dovranno adattare tecnologie e modelli di business, affrontando rischi significativi per la loro sopravvivenza.” Ha sottolineato l’importanza di affrontare i problemi con “politiche adeguate”. “I governi delle principali economie mondiali devono dare l’esempio”, ha detto, invitando i leader internazionali a promuovere investimenti a basse emissioni di carbonio e a evitare politiche discontinue che creano incertezza e bloccano gli investimenti privati.
Una transizione di successo richiede una “strategia completa, credibile e inclusiva” che consideri simultaneamente gli aspetti ambientali e sociali del problema, trovando il giusto equilibrio tra ambizione e fattibilità. I meccanismi compensativi, come la redistribuzione dei ricavi dei programmi di carbon pricing, “sono essenziali per mitigare l’impatto della transizione sulle famiglie meno abbienti e sulla competitività del sistema produttivo,” garantendo che nessuno venga lasciato indietro.
Inoltre, è cruciale “comunicare i benefici con un approccio chiaro, trasparente e basato su prove” per aumentare la legittimità e la fiducia tra i cittadini.
Panetta non ha lasciato spazio a dubbi: il cammino verso una transizione energetica ordinata sarà difficile, ma non abbiamo scelta.
Giorgetti: “Transizione energetica è anche sfida sociale ed economica”
Anche il ministro dell’Economia e delle Finanze, Giancarlo Giorgetti, ha contribuito alla conferenza in videocollegamento, definendo la transizione verso il net zero come “la sfida principale del nostro tempo”. Con il suo intervento, Giorgetti ha messo in luce che questa transizione va ben oltre il mero aspetto tecnologico: si tratta di una sfida di vasta portata, sociale ed economica. Ha infatti sottolineato la necessità di un “ripensamento delle nostre politiche, il riorientamento dei flussi finanziari, la riprogettazione e lo sviluppo delle infrastrutture e la diversificazione delle nostre catene di approvvigionamento”, suggerendo che solo con una visione integrata e a lungo termine possiamo affrontare questa trasformazione globale con successo.
Nel frattempo, per garantire una transizione energetica ordinata, “le spese globali devono crescere” notevolmente, “passando dagli attuali circa 2.000 miliardi di dollari l’anno a ben 5.000 miliardi di dollari l’anno entro l’inizio del prossimo decennio”. Questo è stato il punto centrale dell’intervento di Mary Burce Warlick, vicedirettrice esecutiva dell’Agenzia internazionale per l’energia (Aie), alla conferenza di G7 e AIE tenutasi a Roma presso la Banca d’Italia. Warlick ha spiegato che tale incremento è fondamentale per sostenere la rapida evoluzione delle tecnologie pulite, migliorare le infrastrutture di rete e accelerare l’elettrificazione dei settori più difficili da decarbonizzare, come i trasporti pesanti e l’industria. Ha sottolineato che “questo richiede non solo una mobilitazione senza precedenti di risorse finanziarie, ma anche una stretta collaborazione tra governi, istituzioni finanziarie e settore privato.” Per affrontare queste sfide, è essenziale adottare una visione strategica chiara e coordinata, al fine di evitare discontinuità e garantire una transizione energetica efficace e sostenibile.