Sfruttando le sue materie prime – acqua, vento, sole e rifiuti – e agendo su consumi ed efficientamento, l’Italia può raggiungere il 58,4% di autonomia energetica, quasi triplicando i livelli attuali che sono al momento in fondo alla classifica europea.
I nuovi scenari hanno mostrato l’importanza di assicurare la fornitura di materie prime incrementando la produzione nazionale di energia e aumentando l‘efficienza energetica dei consumi. Il tema è stato affrontato dal report “Verso l’autonomia energetica italiana: il ruolo del Centro Sud” presentato dal presidente di A2A Marco Patuano insieme al partner e responsabile Area Sustainability di The European House Ambrosetti Carlo Cici. Per autonomia energetica si intende la capacita di un paese di soddisfare il proprio fabbisogno energetico internamente senza dipendere da altri paesi.
L’Italia produce solo il 22,5% dell’energia consumata
L’Italia al momento non fa una bella figura in Europa, nonostante abbia tutti gli assi nella manica per fare meglio: oggi è al 23° posto tra i Paesi dell’UE-27 in termini di autonomia energetica, producendo sul proprio territorio solo il 22,5% dell’energia consumata, a fronte di una media europea del 39,5%, davanti solamente a Malta (2,7%), Lussemburgo (5,0%), Cipro (7,2%) e Belgio (22,4%). Tra il 2000 e il 2019 tuttavia l’Italia ha aumentato di 9 punti percentuali la propria autonomia energetica, il valore più alto tra i maggiori Paesi UE, soprattutto dal lato della produzione di energia da Fonti Energetiche Rinnovabili (FER).
Ma l’Italia è il 2° Paese europeo per disponibilità di energie rinnovabili presenti nel territorio
Tuttavia, se da un lato l’Italia risulta deficitaria di giacimenti fossili rispetto ad altri Paesi europei e mondiali, dall’altro la Penisola presenta un elevato potenziale derivante dalle fonti rinnovabili
L’Italia ha la possibilità di diventare un vero e proprio hub energetico europeo, grazie alla forte disponibilità di acqua, sole e vento. Secondo l’indice creato da The European House – Ambrosetti, l’Italia è infatti il 2° Paese europeo per disponibilità di energie rinnovabili presenti nel territorio posizionandosi solo dopo la Francia e staccando nettamente gli altri peer europei come Grecia, Spagna, Portogallo e Germania.
Il Sud è dominante con i due terzi delle risorse presenti: è già tutto possibile
“Si potrebbe affrontare il problema con risorse autoctone, rinnovabili e rifiuti e si potrebbe arrivare molto lontani, addirittura quasi al 60 per cento con tecnologia attuali. Il Sud ha un ruolo predominante perché ha quasi due terzi di queste risorse” ha detto Carlo Cici, partner e responsabile Area Sustainability di The European House Ambrosetti. Per attuare il processo “non c’è che partire” dice ancora Cici. “Non c’è niente da fare, non c’è una legge da cambiare, non ci sono vincoli da trasformare, non ci sono nuove tecnologie da inventarsi: è già tutto disponibile e possibile. È una questione di volontà, per farlo bisogna deciderlo ma non richiede grandissime valutazioni. Non è necessario un coordinamento Nazionale, le regioni possono già partire”.
Made in Italy: quanto potrebbe crescere la produzione da fonti rinnovabili?
L’Italia è in grado di aumentare la produzione da fonti di energia rinnovabili con un incremento di 105,1 GW di solare (quasi 5 volte la capacità oggi installata), 21,1 GW di eolico (quasi 2 volte la capacità oggi installata) e 3,3 GW di idroelettrico (oltre il 20% della capacità oggi installata).
In particolare a livello regionale, Sicilia, Puglia, Lombardia e Piemonte rappresentano circa il 43% di potenza addizionale (+55,1 GW) e il 44% della produzione addizionale da fonti energetiche rinnovabili (+92,7 TWh) e costituiscono quindi le regioni a maggiore opportunità di sviluppo. Seguono poi Sardegna, Emilia-Romagna e Veneto che insieme sommano quasi 25 GW addizionali (19% del totale) e circa 38 TWh (18% del totale). Per quanto riguarda invece il Centro Italia, la prima regione per potenza addizionale installabile è la Toscana, con 7,1 GW (e 10,4 TWh di produzione).
“Le regioni del Mezzogiorno sono i territori caratterizzati dalle maggiori opportunità di sviluppo relativo alle FER (acqua, sole, vento), cubando il 50% della potenza addizionale installabile in Italia (contro il 36% delle regioni del Nord e 15% delle regioni del Centro)” dice il rapporto. “Inoltre, grazie alle peculiarità specifiche di queste regioni – irraggiamento solare, ventosità e superficie di territorio a vocazione agricola – le regioni del Mezzogiorno concorrono al 54% della produzione da FER addizionale (contro il 32% delle regioni del Nord e 13% delle regioni del Centro)”.
“I risultati dello studio evidenziano come nel nostro Paese siano possibili ampi margini di miglioramento nella produzione di energia green a partire dalle peculiarità di ciascun territorio, sulla base delle risorse esistenti e degli impianti già presenti – ha sottolineato Marco Patuano, presidente di A2A.
Energia alternativa: dalla trasformazione dei rifiuti
I rifiuti rappresentano la quarta materia prima autoctona in Italia, aggiungendosi ad acqua, sole e vento. La valorizzazione energetica dei rifiuti è centrale, sottolinea il rapporto. Si stima un totale di circa 8 milioni di tonnellate di rifiuti che possono essere avviati a recupero energetico, abbattendo una volta per tutte il conferimento in discarica che oggi è ancora una forte criticità in molte regioni. Il trattamento di questa quantità addizionale potrebbe abilitare un 55% aggiuntivo di produzione elettrica derivante dalla termovalorizzazione rispetto al 2020, superando così i 7 TWh.
Dal biometano risorse ancora non sfruttate
Una corretta gestione del ciclo dei rifiuti e degli scarti di produzione agricola e alimentare può, inoltre, sostenere lo sviluppo della filiera del biometano, un by-product derivante dai rifiuti e, in generale, dagli scarti generati dalla nostra economia e che presenta importanti prospettive di crescita. Lo sviluppo di questa filiera permetterebbe di valorizzare risorse attualmente non sfruttate, e spesso conferite in discarica, per produrre biometano all’interno del paradigma di economia circolare, riducendo le emissioni e accrescendo la produzione nazionale di energia. Secondo le stime contenute nel rapporto, la valorizzazione del biometano nei territori del Paese può attivare circa 6,3 miliardi di metri cubi, un valore corrispondente all’8% del consumo nazionale di gas e al 22% del gas importato dalla Russia nel 2021.
Nel complesso, attraverso il dispiegamento delle opportunità di sviluppo legate ad acqua, vento, sole e rifiuti l’autonomia energetica italiana può raggiungere il 58,4%, 35,9 punti percentuali in più rispetto a oggi e circa 4 volte l’incremento registrato negli ultimi 20 anni.