Da quando in Europa si parla di riduzione dei finanziamenti alle fonti fossili? Almeno da un decennio, con qualche risultato con le prime indicazioni del Green deal del 2019. Il sistema industriale, però, non riesce a farne meno. È un dato di fatto, ripreso in molti documenti laddove le imprese che sono passate alle rinnovabili non sono la maggioranza. Il processo è complicato e molte implicazioni sono state sottovalutate.
Cosa dicono i dati europei
L’ultima relazione dell’Ue sulle sovvenzioni all’energia riporta i dati del 2023 per ogni Paese e conferma plasticamente la presenza degli aiuti. Parliamo di 111 miliardi di euro totali, pari a un terzo di tutti i sostegni che i governi hanno deliberato per le fonti di energia. L’uso di rinnovabili nel 2024 è aumentato, ma il contesto, su cui si stanno giocando importanti partite politiche, è favorevole alle fonti fossili. Il fenomeno si può fermare senza rischiare di bloccare produzioni manifatturiere e centrali elettriche? Le posizioni ambientaliste più radicali sostengono di sì, ma non considerano i reali interessi in gioco e i rischi per l’economia reale.
Italia, Paese meno peggio
La relazione europea chiede ai governi di sostenere di più le rinnovabili con la speranza di abolire completamente i sussidi a gas e petrolio. Il 2030 resta l’anno in cui i contributi alle non rinnovabili dovrebbero scomparire. Ma è un obiettivo sempre meno solido. Qualche differenza sull’erogazione dei sussidi, tuttavia, c’è stata con la riduzione da 136 miliardi del 2022 ai 111 dell’anno dopo. E in questo si è distinta l’Italia, che ha finanziato solo per lo 0,3% del PIL le fonti tradizionali. Le sovvenzioni italiane – scrivono gli esperti dell’Ue – hanno un basso peso rispetto al PIL, “con un valore meno della metà della media Ue dei 27“.
Tra i Paesi UE in posizione migliore dell’Italia ci sono comunque Austria, Danimarca, Paesi Bassi, Svezia e Slovenia. Vuol dire che hanno attivato politiche di sostenibilità con anticipo, ma pure che hanno strutture industriali meno articolate. Le turbolenze dei prezzi di queste settimane sono l’imprevisto alleato di chi chiede nuove misure per continuare a far funzionare catene di produzione essenziali. Chissà se anche nel mondo green vengono fuori nuove valutazioni.