Le start-up in Italia continuano a crescere in maniera esponenziale: oggi quelle registrate sono 7.045, oltre il triplo rispetto a soli due anni fa. Di queste 1.045 (il 15,4%) sono attive in ambito energetico. Negli ultimi quattro anni il numero di start-up è aumentato con un tasso medio annuo del 142% per il campione complessivo e del 138% per le sole start-up energetiche. Tuttavia, se da un lato l’Italia si distingue per lo sviluppo crescente di imprese innovative, dall’altro si conferma fanalino di coda nel settore elettrico ed energetico per quel che riguarda la produzione di brevetti, nonostante le risorse destinate a incentivare la generazione elettrica da fonti rinnovabili, in particolare il fotovoltaico.
È quanto emerge dal Rapporto annuale sull’innovazione energetica dell’Istituto per la Competitività, I-Com, presieduto da Stefano da Empoli, presentato mercoledì in occasione del convegno “Una strategia per l’innovazione energetica. Dai laboratori di ricerca alle case degli italiani”, che si è tenuto a Roma. Il Rapporto, quest’anno alla nona edizione, è sviluppato nell’ambito dell’Osservatorio Innov-E, diretto da Antonio Sileo e supportato da Gruppo API, Assogasmetano, Acquirente Unico, Axpo, CESI, CNH Industrial, e2i Energie Speciali, Enel, E.ON, Terna.
Secondo lo studio di I-Com, alle sole start-up energetiche attive sul territorio nazionale è associabile un contributo al PIL nazionale stimato fino a 244 milioni di euro, pari a circa il 17% del valore complessivo delle start-up made in Italy. “Sono le regioni settentrionali ad assorbire la maggior parte del valore economico complessivamente generato dalle start-up energetiche (circa il 70%), con la restante parte suddivisa tra le regioni del Centro e del Sud. Le start-up energetiche del Nord tendono a produrre decisamente di più (873 mila euro per start-up) rispetto alle start-up operanti in altri settori (767 mila euro). Mentre le imprese innovative energetiche attive nel Centro e nel Sud d’Italia si fermano in media a poco più di 550 mila euro”, ha dichiarato Stefano da Empoli, presidente di I-Com.
“Tuttavia, sono proprio due regioni del Mezzogiorno a distinguersi per propensione all’attività brevettuale: in Sardegna e Molise, poco meno della metà del numero di start-up energetiche ha depositato un brevetto (o registrato un software). A differenza della Lombardia dove, a dispetto dei valori assoluti, sono meno di un terzo quelle che brevettano (32%)”, ha chiarito Antonio Sileo, direttore dell’Osservatorio Innov-E di I-Com. “Ciò conferma l’importanza che questa forma imprenditoriale riveste nelle economie regionali più deboli, dove può rappresentare un volano per la crescita del settore”.
Sul fronte brevetti, I-Com rileva che per la prima volta dal 2008 diminuisce il numero di brevetti in ambito energetico (-0,4% nel 2015 rispetto al 2014). Il contributo maggiore per numero di brevetti richiesti lo dà il Giappone, dove nel 2015 è stato richiesto un terzo del totale dei brevetti nel campo dell’energia (33%). Segue la Cina, che ha visto incrementare il numero di richieste da poche centinaia nel 2005 alle oltre 16.000 del 2015 (pari al 20% complessivo). Mentre calano gli USA (dal 18% del 2015 al 14% del 2015) e la Corea del Sud (dal 14% del 2005 all’11% del 2015). Resta molto marginale il peso dell’Italia, pari allo 0,7 del totale (620 brevetti richiesti nel 2015, in lieve aumento rispetto all’anno precedente quando si erano fermati a 592). Meno della metà in termini percentuali rispetto alla quota che il nostro Paese ha sul numero complessivo di brevetti (1,5% nel 2015)
La Lombardia è la regione che in assoluto produce il maggior numero di domande di brevetto nel settore elettrico (23; dati 2015). Seguono il Piemonte e il Lazio con 11 e 8 richieste, poi Emilia Romagna e Veneto con 7 e 6. Mentre al Sud si distingue la Campania con 3 richieste (le stesse del 2014 e pari a quelle della Toscana). Circa le tecnologie, Piemonte e Lazio concentrano la propria attività brevettuale in un unico settore, rispettivamente eolico e fotovoltaico; la Lombardia, invece, spazia dal fotovoltaico all’accumulo di energia, fino alle tecnologie per il carbone pulito e alla cattura e il sequestro della CO2. L’attività brevettuale dell’Emilia Romagna è prevalentemente rivolta al settore al solare termodinamico e al fotovoltaico, come il Veneto, che vi affianca l’accumulo. Toscana e Campania, infine, hanno puntato di più sul solare termodinamico.
Dall’analisi dell’Istituto per la Competitività sui brevetti presentati riguardo la mobilità sostenibile, emerge che, con oltre 6.000 brevetti, è l’energy storage la tecnologia a cui è rivolta gran parte dell’attenzione. In particolare, il maggior Paese innovatore in quest’ambito è il Giappone, da cui proviene il 37% delle richieste di brevetto complessivamente presentate dai 10 Paesi presi in esame. Sul podio – al terzo posto, dopo gli stati Uniti – troviamo la Germania (con circa 1.200 brevetti), particolarmente attiva nella mobilità sostenibile, oltre che nell’accumulo di energia.
Diversa è la questione se dai laboratori si passa alla strada. Dove l’Italia, grazie anche alla storica propensione degli italiani all’acquisto di auto di minori dimensioni e potenza e alla buona penetrazione delle alimentazioni alternative, mette a segno buon risultati e batte decisamente la Germania, dove si vendono automobili mediamente più grandi e pesanti, e quindi più inquinanti. “Lascia poi ben sperare la rapida crescita delle biciclette a pedalata assistita, destinate almeno in Italia a una diffusione ben più rapida di quella delle auto elettriche” ha aggiunto Antonio Sileo. “Naturalmente, la corsa alla sostenibilità non riguarda solo i mezzi di trasporto, per esempio davvero ampi sono i margini di miglioramento del nostro Paese, oggi indietrissimo, in ambiti quali il telelavoro, comunque, per poter essere efficace ha bisogno di essere svolto in edifici e con apparecchiature efficienti”.
Per quanto riguarda i veicoli pesanti, infine, da rimarcare l’accresciuta attenzione intorno al gas naturale in forma liquefatta (GNL) per il quale le vendite dei camion e le iniziative imprenditoriali riguardanti la rete di rifornimento si stanno moltiplicando con una velocità davvero inconsueta per il nostro Paese.