I cinesi l’hanno capito, e con loro gli indiani, i turchi e gli etiopi. L’energia idroelettrica avrà un futuro nelle strategie energetiche mondiali, per cui è saggio investire oggi. Al contrario, l’Europa non sta facendo abbastanza, nonostante il grande potenziale del suo territorio. Finanza e strategie di lungo periodo in questo caso non si stanno incontrando. Quando l’Agenzia internazionale per l’energia – Iea – ha fatto sapere che gli investimenti nei prossimi anni potrebbero calare quasi di un terzo rispetto al decennio 2010-2020, ci si è posti la domanda se i piani di ripresa post pandemia si siano fatti carico del problema. Mettere soldi freschi nelle strutture di produzione, ammodernare gli impianti, dialogare con le popolazioni a ridosso degli invasi.
In realtà, ha detto Fatih Birol direttore dell’Agenzia parigina , dai nostri studi risulta che “ l’energia idroelettrica è il gigante dimenticato dell’elettricità pulita. Anzi, va reinserita nell’agenda per l’energia e il clima se i Paesi sono seriamente intenzionati a raggiungere i loro obiettivi di zero netto”. Una buona transizione verde, anche secondo altri analisti, ha bisogno di più fonti assimilabili e compatibili. Il sole e il vento, pur necessari e ben strutturati negli scenari energetici nazionali , sono tradizionalmente legati a fenomeni naturali di irraggiamento o di ventilazione. Le centrali idroelettriche si nutrono di acqua, hanno bisogno di dighe, turbine efficienti e processi di accumulo. Sono a basse emissioni e tecnologicamente appetibili per l’industria impiantistica. Se le dighe spaventano gli abitanti delle zone idonee ad ospitarle e gli ambientalisti non ne sono entusiasti per gli effetti sulla biodiversità , una piccola lezione di utilità arriva proprio da Cina, India, Turchia ed Etiopia che le stanno progettando. Pensiamo a quando l’Italia e gli altri hanno smesso di credere nell’energia dall’acqua per spingere su petrolio ed olio combustibile. Il senno di poi lascia sempre sensi di colpa, ma non é mai tardi per riprendere un cammino di sviluppo.
L’Agenzia nel suo rapporto sull’Hydropower Special Market scrive che la capacità idroelettrica globale dovrebbe salire del 17% entro il 2030. Ma alla sua crescita i quattro Paesi vi contribuiranno per il 40% ritenendo molto agevole sfruttare l’acqua, forse più del sole e del vento. Un esperto come Birol ha, quindi, gioco facile nel sostenere che molte centrali idroelettriche “possono aumentare e diminuire la produzione di elettricità molto più rapidamente rispetto a quelle nucleari, a carbone o gas naturale”. In questo modo si entra anche nel grande risiko della decarbonizzazione, poiché la metà del potenziale economicamente sostenibile dell’energia idroelettrica a livello mondiale non è sfruttato. I soldi che l’Europa investe per la rivoluzione verde dovrebbero viceversa stimolare investimenti aggiuntivi delle aziende, aprire spazi negoziali con le amministrazioni locali, come sta accadendo in Abruzzo.
Le economie emergenti nel giro di pochi anni potrebbero, dunque, far impallidire quelle mature della forte Europa per avere saputo puntare su un’integrazione energetica necessaria a combattere i cambiamenti climatici ma anche a sfruttare meglio le risorse idriche. Un’annotazione particolare del Rapporto riguarda, infine, i passaggi burocratici per i nuovi impianti ovunque macchinosi e scoraggianti. Lode a Draghi, Cingolani, Brunetta e Gelmini, se davvero riusciranno a sburocratizzare l’Italia ed essere d’esempio per tutti gli altri.