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Energia: due centrali chiuse a Brindisi ma la riconversione del vecchio modello industriale non è facile. Ecco perché

Brindisi caso emblematico di una transizione energetica complicata. Due centrali a carbone chiuse senza alternative hanno provocato emigrazione di giovani e impoverimento del territorio

Energia: due centrali chiuse a Brindisi ma la riconversione del vecchio modello industriale non è facile. Ecco perché


La transizione energetica come motore di nuovo sviluppo non è un equazione determinata. Cioè, se la metti in atto puoi avere solo determinate soluzioni e non altre. Sarebbero soluzioni positive per i paesi che vogliono riconvertire i modelli industriali. Se si vuole ricomporre anche il tessuto sociale in maniera sostenibile, i risultati possono anche essere diversi.

L’Italia conta, purtroppo, casi in cui l’equazione di cui sopra non si è per niente realizzata. A Brindisi al posto di due grandi centrali a carbone dismesse, a distanza di anni, non si è venuti a capo di nulla. Le ragioni sono diverse: ricorsi al TAR, programmi dell’Enel che non piacciono agli ambientalisti, istituzioni locali in surplace. Il caso della mancata riconversione di Brindisi è così finito nel programma Entrances dell’Unione Europea. Un programma che promuove un passaggio condiviso, non traumatico verso il green.

Brindisi è stata analizzata come elemento critico del passaggio alla produzione di energia da fonti rinnovabili. Un contrappasso come ce ne sono tanti nella storia del Mezzogiorno. Nella città pugliese “oltre 30 anni fa sono stati costruiti una centrale a carbone e degli impianti chimici con l’obiettivo di sostenere lo sviluppo del Mezzogiorno” dice Nadia Cerone, ricercatrice Enea che studiato il caso insieme ad altri colleghi.

Un ciclo industriale è finito


La centrale di Brindisi Est è stata chiusa a fine 2012 e il graduale phase out dell’altra centrale Sud, prevista entro il 2025, hanno avuto un impatto negativo su tutti i lavoratori dell’impianto. Lo stop è stato un evento storico nella vicenda dell’industrializzazione del Sud. La fine di un ciclo dell’intervento statale nelle aree depresse. Non è stato facile immaginare qualcosa di diverso. Spegnere centrali ha significato oscurare un orizzonte. “La crescita economica del territorio -continua Cerone- è andata di pari passo alla decrescita dell’agricoltura e del turismo. C’è stata una conseguente comparsa di forti tensioni dovute al mancato coinvolgimento del territorio nei processi decisionali strategici per il proprio sviluppo”.
Gli impianti inquinavano, c’erano elevate emissioni di anidride carbonica e bisognava intervenire anche a tutela della salute pubblica. Entrances non conosceva la storia delle due centrali e della complessa vicenda dell’intervento dello Stato italiano nel Sud. “L’obiettivo generale di Entrances è stato quello di sviluppare nuove conoscenze sugli aspetti sociali della transizione energetica nelle regioni coal and carbon-intensive e formulare raccomandazioni per la gestione di tale transizione”, aggiunge Nadia Cerone.

Non abbandonare la transizione energetica

Dobbiamo dubitare dell’efficacia di un’economia green? Non corriamo. In Puglia le indagini in campo hanno accertato la mancanza di nuove opportunità di lavoro, l’accelerazione migratoria dei giovani e un progressivo invecchiamento della popolazione. Dal 2001 al 2020 la popolazione della provincia di Brindisi è diminuita di 19 mila unità. Non c’è stata una “chiara alternativa allo sviluppo industriale” scrive l’Enea. È tacito che le soluzioni ad un sistema industriale vetusto, spesso antieconomico, vanno costruite con intelligenza spiegando bene alle persone cosa devono aspettarsi. Brindisi fantasma di un modello sfavorevole. Forse nessuno lo voleva, ma è successo. Alla ricerca di un equazione determinata, come dicevamo all’inizio.

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