Benvenuti nell’era Trump. L’America è percorsa dalle proteste e il presidente va all’attacco dei mass media che, a suo dire, hanno volutamente sottostimato la partecipazione dei supporter alla festa dell’Inauguration Day. I mercati finanziari, però, non nascondono il loro entusiasmo. “Abbiamo molte ragioni per essere ottimisti” ha detto davanti agli azionisti James Gorman, ceo di Morgan Stanley. Altrettanto positivo Ed Bastian di Delta Airlines: “Credo che stiamo decollando. E la rotta è quella giusta”.
Intanto l’indice della fiducia delle piccole e medie imprese è salito ai massimi da 12 anni, mentre fa ancor meglio quello relativo alle famiglie: mai così in alto dall’agosto 2001. Una situazione diametralmente opposta a quella che, otto anni fa, accolse l’avvio della presidenza di Barack Obama, salutata da un ribasso del 20% circa nei primi due mesi. Ma ora si deve passare dalle promesse ai fatti. Senza trascurare il monito di Christine Lagarde, dg del Fondo Monetario, prima della chiusura di Davos: “Se si va a finire in una corsa al ribasso sul fronte fiscale, del commercio internazionale e della regolazione finanziaria si rischia un cigno nero davvero grosso”.
DOLLARO E TOKYO IN CALO
Dollaro in calo stamane all’apertura della settimana finanziaria. Avanza lo yen, trattato poco sopra quota 113 sulla valuta Usa, l’euro è salito a 1,0748. In crescita anche il renmimbi. Perde colpi, di riflesso, la Borsa di Tokyo (+1,1%). In ribasso anche Sidney. In salita le Borse cinesi: Hong Kong +0,6%.
In ripresa anche il peso messicano (+0,7%). Trump ha ribadito di voler iniziare al più presto i negoziati per la revisione del trattato Nafta con Messico e Canada. I futures sull’indice S&P 500 segnano un ribasso dello 0,2%.
PETROLIO, AL VIA I TAGLI DEI PRODUTTORI
Il petrolio consolida i guadagni di venerdì. Brent a quota 55,6dollari. Si è tenuto ieri a Vienna il vertice Opec riunito per valutare l’andamento dell’accordo sui tagli alla produzione. Il cartello ha già tagliato, come previsto, 1,5 milioni di barili. È stato confermato l’obiettivo di un taglio di 1,8 milioni di barili nei prossimi 6 mesi. “Sono certo che entro la fine di febbraio – ha detto il ministro saudita Al Falih – si aggiungeranno i 300 mila barili previsti per i Paesi non Opec”.
La Russia ha ridotto la sua produzione di petrolio di circa 100.000 barili al giorno mentre l’Arabia Saudita, principale esportatore di greggio al mondo, ha tagliato più di 500 mila barili. Algeria e Kuwait hanno ridotto la produzione oltre il target stabilito. In una nota il comitato spiega che il Segretariato Opec, l’organo esecutivo dell’organizzazione, presenterà al Comitato di controllo un rapporto sulla produzione mensile dei Paesi che fanno parte del cartello e non, il giorno 17 di ogni mese.
Si prevede una settimana calda per le altre materie prime, a partire dal rame. Oggi, in caso di fallimento di un accordo in extremis, dovrebbe scattare lo sciopero ad oltranza della miniera cilena di Escondida, la più importante per mondo, controllata da Bhp Billiton.
PIL USA, TRIMESTRALI E BREXIT ALLA RIBALTA
Sul fronte macro riflettori accesi sui dati del Pil Usa dell’ultimo trimestre 2016. È previsto un rallentamento al 2,2% della crescita, dopo il balzo del 3,5% a fine settembre. Ma regna l’ottimismo sull’andamento degli investimenti e dei consumi privati.
Un centinaio di aziende del paniere S&P 500 annunceranno i risultati in settimana. Tra queste spiccano Alphabet (ex Google) per cui gli analisti prevedono profitti trimestrali per 20,9 miliardi di dollari (7,67 dollari per azione), Intel, Microsoft, Comcast, Yahoo e Verizon. Oltre a Mc Donald’s e Starbucks. Ancor più attesi i conti di Ford e di Caterpillar.
Intanto Apple ha citato in tribunale Qualcomm per violazione della legge antitrust con una richiesta di un miliardo di dollari. Apple e Samsung rappresentano il 40% circa del giro di affari del colosso dei chips, in pratica unico fornitore per gli smartphone.
Oltre che sulle prime mosse del neo presidente Usa, l’attenzione dei mercati sarà concentrata sulla Corte di Giustizia britannica. I giudici dovranno pronunciarsi sul ricorso della premier Theresa May contro la decisione di ritenere obbligatorio il voto del Parlamento per convalidare la cancellazione dell’articolo 50 che prevede l’adesione della Gran Bretagna all’Unione Europea. In caso di sconfitta della May, i mercati sono attendono una brusca (ma temporanea) impennata della sterlina. La premier britannica incontrerà in settimana Trump.
Domani si riunirà il vertice della Banca centrale turca. Non è escluso un rialzo dei tassi per sostenere la lira, scesa del 20% negli ultimi tre mesi, con pesanti riflessi sull’inflazione e sull’indebitamento delle imprese. Ma il presidente Erdogan, al contrario, preme per un taglio dei tassi che rilanci gli investimenti.
ANTICIPO CEDOLA PER ENEL, UNICREDIT RAGGRUPPA LE AZIONI
Bilancio settimanale piatto per Piazza Affari, invariata. L’EuroStoxx50 ha perso nelle ultime cinque sedute lo 0,7%. Oggi sarà staccato l’anticipo del dividendo di Enel (0,09 euro). Al via sempre oggi il raggruppamento delle azioni Unicredit in ragione di un nuovo titolo ogni dieci vecchi già posseduti. Il prezzo di chiusura di venerdì scorso è stato così rettificato a 26,9 euro. Il prezzo di chiusura delle Unicredit risparmio è stato fissato a 56,65 euro.
Stasera il Tesoro annuncerà le caratteristiche dei Ctz e Btpei in offerta giovedì 26, nella prima asta di fine mese. Venerdì toccherà all’offerta di Bot a 6 mesi. Tra i conti societari spicca la trimestrale di FiatChrysler in programma giovedì prossimo. Lo stesso giorno è previsto l’esame dei conti per Stmicroelectronics.
PARMALAT, LA CONSOB FRENA L’OPA LACTALIS
Stop di Consob all’Opa di Lactalis su Parmalat. La commissione ha chiesto a Sofil (Lactalis) informazioni supplementari sul documento di offerta pubblica di acquisto volontaria totalitaria sulle residue azioni della società emiliana già controllata all’87,74% del capitale, disponendo l’interruzione dei termini istruttori fino al completamento del quadro informativo. Sono state così accolte le richieste del fondo Amber in merito a “informazioni sulle prospettive reddituali del gruppo e più in particolare delle societàacquisite negli ultimi tre anni”.
Per quanto riguarda il prezzo per azioni, il rappresentante del fondo Amber ha evidenziato che “il prezzo dell’Opa non è adeguato perché non riflette quello che è il valore intrinseco di Parmalat”. Per raggiungere la soglia del delisting, Sofil dovrà acquisire almeno il 2,76% del capitale esistente.
MEDIASET, ANCHE LA CARTA MONDADORI NELLA GUERRA CON VIVENDI
Grandi manovre sul fronte Mediaset. Pier Silvio Berlusconi ha ribadito che il gruppo del Biscione s’affida innanzitutto alla battaglia legale per fermare il pressing di Vivendi e ottenere il congelamento dei diritti di voto del 29,9% in mano a Vincent Bolloré. Ma, dopo i recenti guadagni in Borsa del titolo di Segrate (+23% da inizio anno, +57,4% da inizio dicembre) spunta l’ipotesi di una fusione tra Mondadori e Mediaset per rafforzare la posizione di Fininvest. In realtà i numeri non avvalorano per ora questa soluzione: nella nuova società Fininvest disporrebbe solo del 40,5% contro il 27,7% dell’incomodo partner transalpino. Vivendi, dal canto suo, ha fatto sapere che potrebbe riprendere le trattative con Mediaset se il gruppo italiano rinunciasse alle azioni legali.