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Emma Bonino:”Sarebbe un suicidio far cadere Monti prima del 2013 e non bisogna fissarsi sull’art.18″

Gli attriti fra il Governo Monti e i partiti

che lo sostengono? “Un suicidio per il Paese e gli italiani”. Le divergenze sull’articolo 18 della riforma sul mercato del lavoro? “Un problema secondario rispetto al cattivo funzionamento della  lunghezza dei procedimenti legali, che costa alle imprese oltre due miliardi di euro all’anno e spinge gli investitori stranieri ad andare altrove”. Emma Bonino, senatrice radicale e vicepresidente del Senato che i sondaggi sul web incoronano come fra le donne più quotate a possibile successore al Quirinale del dopo Napolitano, è tra i politici italiani fra i più vicini all’esecutivo guidato dal professore, se non altro per la militanza comune nella Comunità Europea. Ciò non la trattiene però da analisi severe sulla situazione politica ed economica in cui versa oggi l’Italia. E dal partecipare, il 25 aprile alla marcia per l’amnistia organizzata dal Partito Radicale
   
Senatrice, la presunta luna di Miele fra Monti e la sua maggioranza  sembra già sul viale del tramonto. A suo giudizio l’esecutivo dei tecnici ce la farà ad arrivare al 2013?

Se i partiti vogliono davvero compiere l’ultimo suicidio, si accomodino. Ma per il Paese e per gli italiani sarebbe davvero un disastro. Stiamo parlando di ipotesi di notevole irresponsabilità, per non dire peggio. Se ci guardiamo intorno, pensiamo al Portogallo o alla Spagna con il rischio default, e la situazione italiana tutta fuorché rose e fiori visto l’allarme recessione, con in più il problema di dover prossimamente collocare un bel po’ di bond, beh, se in questa situazione a qualcuno viene in mente di mettere fine alla vita di questo Governo – che finora è stato costretto a scelte dure e impopolari ma necessarie – e magari andare ad elezioni anticipate con questa legge elettorale, si assume una bella responsabilità. Non riesco neppure ad immaginare che qualcuno possa pensare a simile ipotesi.

E dopo il 2013 che scenari si prefigura? Un Monti bis come auspica Casini?

Se facessimo tutti un po’ meno scenari e ci concentrassimo di più sui problemi che abbiamo ancora di fronte, faremmo davvero un servizio al Paese.

Ma se Monti si candidasse?

Monti è un cittadino italiano e se vuole partecipare alle elezioni ne ha tutti i diritti civili e giuridici, né più né meno come tutti gli altri. Del resto è un senatore a vita e quindi la politica la farà di sicuro.

Fra i punti di maggiore attrito fra l’esecutivo e i partiti c’è la discussione sull’articolo 18, in particolare sulla parte che riguarda i licenziamenti economici. L’esecutivo deve andare avanti senza piegarsi  ad alcuna modifica o accettare le richieste dei falchi di entrambi le parti?

Credo sia un errore fissarsi in maniera esclusiva sull’articolo 18. Perché, al di là dell’articolo 18 – sul quale si possono pensare le cose più disparate – per la prima volta da decenni c’è un intervento serio per contrastare questa anomalia tutta italiana, dalla utilizzazione delle collaborazioni autonome all’uso strampalato della cassa integrazione. L’impianto ha delle ombre, sicuramente, ma a me pare importante e di spessore. Ci siamo battuti tanto, come Radicali, per porre fine alla discriminazione tra garantiti e non garantiti, e far passare il principio che si trattasse di salvaguardare il lavoratore e non il posto di lavoro. Non vorrei che queste misure, che considero molto positivamente, attese e necessarie da tempo, certamente migliorabili, dovessero saltare per via di qualcosa che alla fine considero un problema risolvibile con qualche accorgimento. In realtà il problema non è tanto l’articolo 18 ma la lunghezza dei procedimenti legali che se in seguito alla riforma del lavoro dovessero aumentare saremmo finiti.

Infatti un altro tema sul tappeto è quello della giustizia. I Radicali da anni denunciano la paralisi del nostro sistema giudiziario, la mancanza di certezza del diritto. Ma su questi argomenti non vi è traccia nel dibattito fra i partiti.

Direi che non c’è proprio dibattito, neppure sul significato della pena perché in Italia domina ancora l’idea medievale che la funzione della pena sia quella di vendetta sociale e che se c’è un problema di sovraffollamento basta costruire qualche carcere in più. Noi proponiamo l’amnistia. Che, sottolineo, con l’indulto non sono qualcosa di stravagante, ma istituti previsti dalla carta costituzionale. Non è solo un atto di clemenza, e non ci sarebbe niente di male perché un po’ di umanità fa bene anche alla politica, ma una riforma strutturale che prima ancora di svuotare le carceri, per esempio degli oltre 30 mila detenuti in attesa di giudizio, farebbe rientrare lo Stato italiano nella legalità. Non lo dico solo io, ma organismi internazionali di primo piano. La Corte europea dei diritti umani, per esempio, dal 1959 al 2010 ha condannato l’Italia 2121 volte, classificandola così dietro la Turchia e prima della Russia. Se consideriamo i giudizi per l’irragionevole durata dei processi, l’Italia balza al primo posto con 1139 violazioni, tanto che nel 2010 il Consiglio d’Europa ha definito “grave il pericolo per lo stato di diritto” che si materializza nella “negazione dei diritti sanciti dalla Convenzione europea”.

Un’incertezza del diritto che scoraggia anche gli investitori stranieri che Monti vorrebbe portare nel nostro Paese?

Se guardiamo al civile, la nostra malagiustizia costa alle imprese 2,3 miliardi di euro l’anno, scoraggiando investimenti diretti esteri ben di più di qualsiasi articolo 18. Nel suo complesso il costo della giustizia in Italia supera i 4 miliardi l’anno contro i 3,3 della Francia e i 2,9 della Spagna: 70 euro per abitante a fronte dei 56 della Francia dove la durata media di un processo civile è della metà. Con questi dati, la “Marcia per l’amnistia, la giustizia e la legalità” che abbiamo organizzato a Roma per il 25 aprile deve segnare una nuova liberazione di un nuovo paese basato sullo stato di diritto.

Cosa pensa del nuovo progetto elettorale proposto dal trio Alfano, Bersani, Casini? E’ una restaurazione del proporzionale come accusa qualcuno?

Più che una mera restaurazione a me pare una prosecuzione del sistema partitocratico. E, francamente, avrei da ridire sul metodo e sulla sostanza, per quello che è dato sapere. La riforma elettorale dovrebbe essere oggetto di una grande dibattito pubblico non solo in Parlamento ma anche in Rai, se solo la Rai volesse assolvere per una volta al proprio ruolo di servizio pubblico. Invece cosa vediamo? I tre leader di partito che si riuniscono al chiuso per dar vita a qualcosa che sembra innanzitutto un modo di salvare sé stessi ed il sistema di potere che ruota attorno alla partitocrazia.

Sul sistema elettorale invece i radicali hanno da tempo le idee chiare. Soprattutto sul rifiuto ad un ritorno, anche mascherato, del proporzionale.

Noi radicali rimaniamo favorevoli ad un sistema semplice e trasparente, vale a dire ad una legge maggioritaria uninominale all’anglosassone, o con doppio turno alla francese, con collegi relativamente piccoli per non diminuire il controllo da parte dei cittadini. Volere invece un demagogico taglio dei parlamentari ma mantenere il finanziamento pubblico, voler tornare al proporzionale con una lista corta bloccata e soglia di sbarramento, nonché addirittura un doppio premio di maggioranza ma con indicazione ex ante del nome del Premier, è una sicura ricetta per un pasticcio che rischia di lasciare tutto nelle mani di un’oligarchia sempre più ristretta, cooptata dai leader di partiti.

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