X

Emerging Europe: la ripresa passa per le banche

I finanziamenti bancari al settore privato nei mercati europei emergenti hanno chiuso il 2014 in maniera molto diversa, a seconda dell’area geografica e dei soggetti destinatari del prestito. Si è notato un leggero miglioramento nell’area della Comunità Economica Europea (CEE) e dello Spazio Economico Europeo (SEE), anche se sono rimasti negativi in Croazia, Romania, Ungheria e Slovenia. L’andamento degli impieghi bancari nella Comunità degli Stati Indipendenti (CSI), invece, è risultato piuttosto dinamico. A novembre 2014, in Russia, l’aumento nominale degli impieghi era pari al 22% anno su anno (a/a), ma per effetto del deprezzamento del rublo, l’aumento è sceso ad un più esile 12%. In Ucraina, invece, la variazione, al netto del deprezzamento della hryvnia, risulta ancora più evidente. Un iniziale aumento degli impieghi del 10% scende ad un altisonante -30%. La causa del deprezzamento dei tassi di cambio e della volatilità degli impieghi è imputabile alle conseguenze del conflitto che affligge i due Paesi.

La dinamica degli impieghi al settore privato dipende molto anche dai soggetti destinatari dei finanziamenti, a seconda che si tratti di imprese o famiglie. In Croazia e Romania, il calo degli impieghi riguarda principalmente il settore corporate, dove la riduzione è stata rispettivamente del 3.9% anno/anno e del 6.3% a/a a dicembre. In Ungheria, invece, a fronte di un calo dei fidi concessi alle famiglie (-1,7%), si registra un aumento degli impieghi alle imprese (+1,2%). La Slovacchia, che si conferma il paese più performante dell’area, registra un aumento sia dei finanziamenti alle imprese sia di quelli alle famiglie. I dati sugli impieghi, fin qui riportati, sono relativi al 2014 e non risentono, dunque, del provvedimento, intervenuto nel gennaio 2015, della Banca Centrale svizzera di togliere la soglia minima di 1,20 franchi in difesa del tasso di cambio. Le reazioni alla notizia da parte delle Autorità Centrali dei vari paesi non sono state le stesse.  La Banca Centrale croata, in virtù dell’elevato numero di famiglie indebitate in franchi (il 4%), ha stabilito che tutti i pagamenti nei prossimi 12 mesi dovranno essere effettuati al tasso di cambio precedente alla decisione della Banca Centrale svizzera (6,39 kuna per franco). La differenza fra il cambio di conversione e il cambio così definito verrà posta a carico degli istituti locali, per un costo complessivo di 400 milioni di kuna. Tuttavia, considerato il già elevato CAR (Capital at Risk) delle banche, pari a oltre il 20%, non sono attesi effetti sulla stabilità del sistema bancario croato. Al contrario, in Serbia, dove la quota di franchi detenuta dalle famiglie è il 13% degli impieghi, la Banca Centrale ha dichiarato di non voler adottare particolari provvedimenti in materia. In Romania la reazione è stata più mediatica che altro. La Banca Centrale ha stabilito che le banche devono adottare soluzioni caso per caso, in relazione alle condizioni finanziarie ed economiche del cliente. Per il 2015, le previsioni sugli impieghi rispecchiano il trend del 2014. In Slovacchia, Albania, Bosnia e Serbia, nonostante pesino la debolezza degli investimenti e il processo di deleveraging del settore privato, é previsto che il livello dei finanziamenti rimanga positivo; mentre in Ungheria rimane confermata la contrazione dei prestiti al 6,9%. Permane l’incertezza nell’area CSI (Comunità degli Stati Indipendenti) a causa delle tensioni in corso. Tuttavia, anche se si dovesse trovare una rapida soluzione al conflitto, i tassi di crescita in Russia e Ucraina rimarrebbero comunque inferiori a quelli degli anni passati, incidendo negativamente sugli impieghi.

Come conseguenza del rallentamento dei finanziamenti, si assiste ad una flessione anche delle sofferenze bancarie, specie in Albania, Serbia e Romania. Tuttavia, in molti dei Paesi dell’area il rapporto sofferenze/impieghi resta tuttora elevato.  In Russia, secondo gli analisti di Intesa Sanpaolo, le sofferenze sono circa il 6% degli impieghi e potrebbero aumentare al 10% entro fine anno. In Ucraina, invece, il livello delle sofferenze ammonta al 20% degli impieghi, anche se, nel 2015, i non performing loans potrebbero aumentare ancora. Nonostante la sua riduzione al 13,2% nell’ultimo anno, il livello delle sofferenze in Slovenia continua a spaventare mercati ed imprese. Un’ipotetica soluzione al problema potrebbe essere rappresentata dalla cessione del debito da parte delle banche locali. In Albania e in Serbia il rapporto crediti non esigibili e impieghi rimane superiore al 20%; fra il 15% ed il 20% in Bosnia e Croazia, e stabile al 18% in Ungheria. L’elevato livello delle sofferenze, in questi mercati, è imputabile all’eccessivo grado d’indebitamento delle imprese locali e al basso livello di copertura degli istituti bancari. Il rapporto accantonamenti/sofferenze, nell’area analizzata, è fra il 40% e il 60%, con Ungheria e Croazia che presentano il minor grado di copertura. Considerando, invece, come proxy del livello di copertura il grado di patrimonializzazione, la situazione sembra leggermente migliorare. Eccezion fatta per le banche ucraine, il livello di copertura delle banche, così valutato, è superiore ai minimi di vigilanza. Tuttavia, il rapporto tra sofferenze ed equity frena gli entusiasmi e conferma la debolezza dei sistemi bancari di Albania, Romania e Ucraina, con valori dell’indice superiori al 100%.

Nell’area considerata, i depositi a fine 2014 hanno chiuso positivamente. In Bosnia (+10.2% a/a), Romania (+ 9% a/a), ma anche in Slovenia (+6.8% a/a), tale aumento è imputabile alla pulizia di bilancio e alla ricapitalizzazione delle banche locali. In Russia i depositi hanno fatto registrare un aumento del 22,6% a/a. Tuttavia, considerando che un terzo di questi depositi è in dollari, il dato si riduce a circa l’8% in considerazione dell’effetto cambio sfavorevole. Anche in Ucraina, l’effetto cambio sortisce i suoi effetti, facendo sprofondare il già sconfortante – 2% dei depositi al più drammatico -30% circa. Nel corso del 2015, i depositi cresceranno ancora ma a passo più moderato, in considerazione del basso livello dei tassi d’interesse nell’area.
Nel 2014 la redditività degli istituti di credito, misurata dal margine d’interesse, risulta molto positiva, eccezion fatta per le banche ucraine. Nella maggior parte dei mercati analizzati, tuttavia, quest’indice si attesta fra il 2-3%; ben oltre quello registrato dalle banche europee. In Ucraina, invece, i margini delle banche sono profondamente negativi, con perdite per circa 53 miliardi di hryvnia. Nel 2014, infatti, a fronte di un aumento dei ricavi del 25% rispetto all’anno precedente, i costi dell’intermediazione bancaria sono aumentati del 57%, arrivando a 263 miliardi di hryvnia. Nel 2015, un sostegno alla redditività bancaria potrebbe derivare dagli sgravi fiscali, previsti in molti paesi (come l’Ungheria) , per gli istituti che finanziano l’imprenditoria locale. Un altro aspetto da non sottovalutare è la diminuzione delle passività estere. Ritorna di moda per imprese e famiglie dei mercati europei emergenti il ricorso a fonti di finanziamento domestiche. Il riequilibrio raggiunto nelle poste del passivo, la riduzione del funding estero e l’aumento dei depositi domestici, hanno contribuito al riequilibrio finanziario delle banche nei Paesi considerati. Questa evidenza risulta confermata dal rapporto impieghi/depositi, ridotto al 100% in quasi tutta l’area. Il nuovo equilibrio consentirà alle banche non solo di affrontare gli shock esterni in condizioni migliori rispetto al passato, ma anche di finanziare la ripresa economica delle imprese locali.  Ecco allora che la crescita degli impieghi al settore privato aiuterà la tanto acclamata ripresa.

Related Post
Categories: News