X

EMERGENZA GRECIA – Quattro spine per l’Europa: senza riforme niente soldi ad Atene

Nella settimana che si apre oggi i mercati finanziari e l’intera comunità internazionale guardano con crescente apprensione alla Grecia e al rischio di bancarotta che Atene torna a correre se non riuscirà a trovare in breve tempo i finanziamenti necessari per pagare stipendi e pensioni e per restituire i prestiti ricevuti dall’Europa e dal Fondo Monetario Internazionale e, soprattutto, se non risucirà a fare le riforme promesse. Anche il presidente della Bce Mario Draghi ha cercato di dare una scossa al governo greco di Alexis Tsipras invitandolo a presentare subito proposte certe di riforma per dare stabilità finanziaria al Paese.

Negli ultimi giorni, per la verità, sono filtrate anche voci e smentite sulla possibilità che la Russia (in cambio del diritto di transito del gasdotto Turkish Stream) e la Cina (come anticipo dell’uso che farà del porto del Pireo) possano anticipare finanziamenti in grado di salvare Atene dal default. La Russia, che domani dovrebbe firmare l’accordo sul gasdotto con la Grecia, è pronta a concedere subito 3 miliardi e la Cina 10. Operazioni che possono dare respiro ad Atene ma che vengono viste come il fumo negli occhi dall’Europa e dagli Usa dove non sfugge l’eccesso di disinvoltura geopolitica con cui la Grecia, sull’orlo del baratro, gioca su più tavoli.

In realtà il futuro a breve termine della Grecia è ancora una volta appeso soprattutto alla trattativa con il Bruxelles club (cioè la vecchia Troika formata da Ue, Bce e Fmi che, per ragioni diplomatiche care ad Atene, ha cambiato nome) per la concessione ad Atene dell’ultima tranche di prestiti da 7,2 miliardi di euro in cambio di riforme certe. Ma per ora il negoziato è in stallo e le questioni aperte sono almeno quattro: il lavoro e le pensioni, le privatizzazioni e il pubblico impiego. Sono questi i punti cruciali del braccio di ferro in corso tra il governo di Atene e Bruxelles. 

Il governo Tsipras, profondamente diviso al proprio interno e al limite dell’incomunicabilità tra il premier Tsipras e il ministro delle Finanze Varoufakis, ha lanciato nei giorni scorsi l’allarme sulle casse pubbliche che si stanno svuotando e che rischiano di portare la Grecia nel baratro. Con conseguenze imprevedibili non solo ad Atene ma in tutta l’eurozona, anche se Draghi assicura che la Bce è oggi meglio attrezzata che in passato per gestire l’emergenza. L’Europa e la Troika sono disposte a dare una mano ad Atene e hanno tutto l’interesse a mantenere la Grecia nell’euro ma non faranno sconti: o Tsipras farà le riforme promesse o addio all’ultima tranche dei finanziamenti da 7,2 miliardi di euro.

Ma quali sono le riforme al centro del braccio di ferro tra Grecia ed Europa? Vediamo in dettaglio.

LAVORO – Ue, Bce e Fmi chiedono ad Atene di non cancellare le riforme del precedente governo Samaras e cioè di mantenere in vita la legge sui licenziamenti di massa, di non alzare lo stipendio minimo (586 euro al mese) e di affidare la contrattazione sindacale al livello aziendale piuttosto che ai contratti nazionali. Ma il governo Tsipras non ci sente e si è già mosso in direzione opposta facendo imbufalire Bruxelles quando ha aumentato lo stipendio minimo dei lavoratori a 751 euro al mese, sia pure a rate, e ha avviato i negoziati con le parti sociali per superare la legge sui licenziamenti di massa e sull’abolizione della contrattazione nazionale.

PUBBLICO IMPIEGO – La Troika ha già imposto alla Grecia la riduzione nel tempo di 150 mila dipendenti pubblici, allegramente assunti in passato dalle politiche clientelari di Nea Demokratia e Pasok, che finora ha prodotto un taglio dell’11% dell’organico pubblico e ha inoltre chiesto e ottenuto una riduzione del 30% delle retribuzioni dei dipendenti statali. Il governo Tsipras ha replicato sostenendo che l’emergenza sanitaria impone l’assunzione concordata con la Troika di 4.500 medici e infermieri ma poi ha annunciato l’assunzione di 12 mila persone nella Pa che la Troka considera molto al di là delle normali esigenze di turnover. 

PENSIONI – Dopo aver ottenuto dai precedenti governi l’aumento dell’età pensionabile a 65 anni, l’esclusione dalla lista dei lavori usuranti di professioni tutt’altro che faticose come quelle dei parrucchieri o degli annunciatori tv e l’inasprimento del fisco sugli assegni più alti, oggi la Troika chiede di ridurre il gap tra pensioni e contributi ma il governo Tsipras si è impegnato in campagna elettorale a non tagliare le prestazioni previdenziali e a restituire la tredicesima alle famiglie più povere (quella che hanno una pensione di meno di 700 euro al mese) con un costo di 540 milioni che la Bruxelles non boccia ma solo a condizione che la spesa abbia una copertura vera. 

PRIVATIZZAZIONI – Finora tutte le promesse dei governi greci precedenti sono andate in fumo e sono state vendute solo briciole del patrimonio pubblico. Bruxelles chiede al governo Tispras di non bloccare la privatizzazione del porto del Pireo, degli aeroporti e del gigante elettrico ma la sinistra radicale, rappresentata nel governo di Atene dal ministro dello sviluppo economico Panagiotis Lafazanis, si è messa di traverso e sta rendendo la vita difficile agli stessi Tsipras e Varoufakis.

Related Post
Categories: News