Petrolio, stop al 90% del greggio russo. Nella notte la Ue trova l’accordo e i leader del Consiglio europeo danno il via libera al sesto pacchetto di sanzioni nei confronti della Russia per la guerra in Ucraina: l’embargo al petrolio di Mosca dunque si fa., ma con diverse eccezioni. La più rilevante – dal punto di vista politico – è l’esenzione dell’oleodotto Druzhba che ha permesso di superare la resistenza dell’Ungheria di Orbán. Si partirà da gennaio con il blocco di due terzi dell’import via nave. Germania e Polonia, invece, rinunciano anche alle forniture via terra dall’inizio del 2023.
“Raggiunto l’accordo per vietare l’esportazione di petrolio russo nell’Ue. Copre immediatamente più di 2/3 delle importazioni di petrolio dalla Russia, tagliando un’enorme fonte di finanziamento per la sua macchina da guerra. Massima pressione sulla Russia per porre fine alla guerra”. Lo ha scritto in un tweet il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, alle 23:51 di lunedì notte.
Stop al petrolio russo: cosa prevede l’intesa
I dettagli si dovranno conoscere con il passare delle ore, ma intanto l’accordo stabilisce l’embargo per il petrolio russo rifornito via mare fin dalla fine dell’anno. Una deroga, come si diceva, è prevista «per il greggio via oleodotto» che rifornisce alcuni paesi dell’Europa centro-orientale.
L’eccezione è stata prevista per ottenere il via libera dell’Ungheria. Altri due paesi che ottengono petrolio via l’oleodotto Druzhba – la Germania e la Polonia – si sono impegnati a non farne più uso dalla fine dell’anno in poi. In questo modo sarà bloccata l’importazione del 90% del petrolio russo, secondo le stime della Commissione europea e del Consiglio europeo che ha faticosamente varato le misure. L’estensione dell’embargo alle forniture via oleodotto verrà discussa «appena possibile» ma una data non è stata fissata.
«La Russia sta scegliendo di continuare la sua guerra in Ucraina. Come europei, uniti e solidali con il popolo ucraino, questa sera abbiamo adottato nuove sanzioni», ha scritto su Twitter il presidente francese Emmanuel Macron, il cui Paese detiene la presidenza del Consiglio della UE.
“Non possiamo immaginare che dopo il conflitto la nostra politica energetica tornerà come prima. Quello che è successo è troppo brutale. Dobbiamo muoverci ora per cambiare i nostri fornitori di energia nel lungo periodo”, aveva dichiarato il presidente del Consiglio, Mario Draghi, nel suo intervento sull’Ucraina al vertice Ue, spingendo in favore di un’accordo che superasse le resistenze dell’Ungheria. E alla fine, Budapest – ma anche la Repubblica Ceca, che chiedeva garanzie scritte e che sarà la prossima presidente del semestre europeo e la Slovacchia – è stato accontentata. Nelle conclusioni del documento che uscirà dal vertice europeo, infatti, è stata inserita non solo dell’esenzione del petrolio che arriva nella Ue via oleodotti ma anche una postilla secondo la quale Bruxelles si impegna a introdurre “misure di emergenza” in caso di interruzione della fornitura di energia da parte di Mosca. Di fatto, Budapest ma anche Praga e Bratislava hanno ottenuto per iscritto che in caso di misure ritorsive del Cremlino saranno aiutate dagli altri Paesi membri.
Le altre misure del sesto pacchetto di sanzioni
Il sesto pacchetto include anche l’esclusione da Swift della più grande banca russa, la Sberbank, le limitazioni a tre emittenti di Mosca e l’inclusione nella lista nera dell’Ue di enti e personalità varie.
Il vertice prosegue oggi, martedì 31 maggio, con il piano per rafforzare la difesa comune, partendo dalla base industriale europea, e le opzioni possibili per sbloccare il grano ucraino.
Intanto prosegue il braccio di ferro sul gas. Perché Gazprom ha annunciato che taglierà da domani le forniture all’olandese GasTerra, dato che non paga in rubli. E la Danimarca potrebbe, sempre domani, trovarsi nella stessa situazione.