Il confronto, non privo di verve polemica, tra Banca d’Italia e Adusbef sui costi di tenuta dei conti correnti bancari si ripresenta ogni volta che i numeri di nuove indagini vengono resi noti. In questi giorni, dopo che Banca d’Italia ha comunicato che, dai propri calcoli, i costi medi di gestione di un conto corrente bancario, in calo di qualche punto percentuale rispetto all’anno precedente, sono attorno ai 100 euro annui, Adusbef ha contrapposto i dati delle proprie evidenze, sostenendo che quell’importo sarebbe inferiore di almeno tre volte rispetto alla situazione effettiva, invece di affrontare ex post la questione prezzi dei servizi bancari, vorrei provare a sostenere che il conto corrente bancario è prodotto per molti versi superato nella sua duplice veste di rapporto per la detenzione di ricchezza finanziaria in forma liquida e dimezzo per avvalersi dei servizi di incasso e pagamento che, attraverso esso, si regolano.
A mio avviso, dalla sua progressiva sostituzione con prodotti espressamente destinati all’una o all’altra funzione possono derivare effetti positivi per il consumatore e per le banche, in termini di efficienza e di trasparenza. Credo che sia presente a tutti come il primo obiettivo venga con sempre maggiore determinazione perseguito dalle banche attraverso l’offerta del conto di deposito, che, dal loro punto di vista, conferisce maggiore stabilità alla raccolta, ma che impone, a vantaggio del cliente, una remunerazione più conveniente, con regole di gestione più chiare. Possiamo, senza incertezze, riconoscere che il conto di deposito è ormai prodotto maturo, a mezzo del quale si esplica tra le banche la concorrenza di prezzo in funzione della durata dei depositi. Assai meno conosciute sono le modalità mediante le quali risolvere, a beneficio di entrambi le controparti, la questione dei servizi di pagamento.
Eppure gli strumenti ci sono e le policy pubbliche volte a incentivarne l’uso si vanno concretamente delineando a livello sia nazionale che europeo. Mi riferisco al conto di pagamento, quale strumento destinato esclusivamente alla gestione di operazioni di pagamento. Ancora poco diffuso nella realtà italiana, esso ha alcune prerogative che conviene riassumere:
A) il conto di pagamento può essere offerto da banche e da istituti di pagamento, autorizzati dalla Banca d’Italia ai sensi della Direttiva comunitaria 2007/64CE;
B) la sua configurazione giuridica, mediante il contratto che lo regola, presenta caratteristiche di robustezza, al pari di ogni altro contratto bancario;
C) esso non produce interessi debitori (non essendo strumento di concessione di credito)ne’ creditori (essendo le giacenze destinate a operazioni di pagamento di rapida esecuzione);
D) le operazioni che vi si possono eseguire sono tutte quelle tipiche di incasso e pagamento (bonifici, addebiti diretti, Mav,Rav,F24, giroconti, etc), senza effetti valuta, disponibilità e costi di registrazione delle transazioni;
E) gli obblighi della normativa Sepa sulla standardizzazione dei formati dei bonifici e degli addebiti diretti a partire dal 2014, inseriscono a pieno titolo tali conti nella rete europea dei pagamenti;
F) la loro tariffazione è espressamente indicata nel contratto, essendo le condizioni assoggettate alla normativa sulla trasparenza;
G) la loro esenzione dalla imposta di bollo, che invece continua a gravare sui conti correnti bancari, è stata (aprile 2013) espressamente stabilita dalla Agenzia delle Entrate;
H) il conto di pagamento si presta alla diffusione di processi automatici e digitalizzati, di facile uso per la clientela tanto corporate quanto retail; oltre alle banche, alcuni istituti di pagamento aderiscono già al Consorzio CBI (Corporate Banking Interbancario);
I) la movimentazione dei conti di pagamento può essere ottenuta tramite le carte dei circuiti internazionali, tramite circuiti interni di pagamento all’uopo predisposti, ovvero mediante le piattaforme di internet banking e gli smartphones, per accedere anche l’e-commerce; le ricariche possono avvenire tanto on line, quanto attraverso reti incaricate;
J) il loro collocamento può agevolmente avvenire da remoto con tecniche di apertura del rapporto basate sul rilascio di firma digitale o altre modalità di firma, quali quella elettronica avanzata, da poco riconosciuta anche nel nostro ordinamento, con caratteristiche di assoluta robustezza probatoria.
A questi vantaggiosi aspetti economico/funzionali si è di recente (maggio 2013) aggiunta la proposta di Direttiva europea, che intende prescrivere a tutti i paesi dell’Unione l’obbligo di offerta, da parte di istituzioni autorizzate, del conto di pagamento di base, rafforzandone i requisiti di trasparenza e di portabilità e specificandone i connotati di base, per la diffusione tra gli utenti di minore forza contrattuale. Si legge, infatti, in detta Direttiva l’obiettivo di intermediare (o reintermediare) quella parte di popolazione che è stata progressivamente esclusa dai servizi bancari, complici la crisi economica e le più selettive politiche delle banche. Questa preoccupazione si estende alle comunità degli emigranti che trovano particolarmente arduo il percorso di inclusione finanziaria, quale parte essenziale nel processo di integrazione nei paesi di destinazione.
I consumatori europei che non dispongono di (o non possono avere accesso a) un conto corrente dovrebbero avere la facoltà di aprire un conto di pagamento di base, indipendentemente dalla loro situazione finanziaria e dal luogo di residenza nell’Unione europea (Ue). La Commissione raccomanda che, in ciascuno Stato membro, almeno un prestatore di servizi di pagamento offra tale servizio, eseguendo tutte le operazioni necessarie per l’apertura, la gestione e la chiusura di un conto di pagamento e consenta diversarvi e ritirare denaro contante, nonché di compiere operazioni di pagamento tramite bonifici o trasferimenti di fondi, anche mediante carta di pagamento (senza prevedere uno scoperto).
Questa impostazione apre all’allargamento del mercato con ampie opportunità d’impostare politiche di massa da parte degli intermediari. Dobbiamo, tuttavia, chiederci quali possano essere i fattori di resistenza alla massiva introduzione del conto di pagamento, partendo dal lato dell’offerta. Senza dubbio, sotto questo punto di osservazione, si debbono considerare gli impatti immediati sul conto economico delle banche italiane, che oggi contano su un flusso di ricavi non indifferente proveniente dalla tariffazione dei tradizionali conti correnti. Partendo dal citato costo medio di 100 euro al lordo delle imposte, così come calcolato dalla Banca d’Italia, e considerando che i conti correnti bancari sono, nel totale, non meno di 35 milioni(al netto di quelli postali), si hanno ricavi pari a 3,5 miliardi di euro annui (2,2 miliardi al netto delle imposte di bollo, pari a 34 euro annui per ogni conto, e dunque uguali a un terzo circa dei costi totali di tenuta), cui il sistema, anche parzialmente, è difficilmente disposto a rinunciare.
Tra le componenti di bilanciamento di questo effetto, vi sono invece da considerare sia quelle di un graduale e non completo passaggio, anche a regime, a questa nuova forma di contratto (i conti correnti non potranno sparire del tutto), ma soprattutto gli ingenti vantaggi che si conseguirebbero dal lato dei costi, stante la spinta all’automazione che tale strumento consente nelle modalità di effettuazione delle miriadi di transazioni, anche di importo contenuto, che si compiono ogni giorno (per il nostro paese, si stima che il numero annuo di bonifici e addebiti diretti sia non inferiore a 1,3 miliardi).
Chi scrive è del parere che a medio termine il processo sarebbe, per le banche, vantaggioso, soprattutto a condizione di impostare, fin da subito, coerenti politiche di prezzo nel collocamento dei conti in questione. Si assiste invece ad approcci commerciali di “svilimento” delle condizioni, cosa che non può favorire un ordinato passaggio a questa innovazione. Partendo ancora dal costo medio di 100 euro del conto corrente bancario una riduzione di4/5 volte di detto prezzo per la tenuta di un conto di pagamento rappresenterebbe un notevole abbattimento delle condizioni di offerta, alle quali si aggiungerebbero i benefici in termini di riduzione delle commissioni per bonifici e addebiti diretti Sepa, senza il rischio per le banche di vendita sottocosto. Al contrario, e quindi senza far percepire l’effettivo valore aggiunto insito nel conto di pagamento, molte banche tendono, in questa fase, da un lato a creare confusione circa le sue multifunzionali caratteristiche, facendo uso di espressioni generiche e riduttive quali carte-conto o prepagate, dall’altro mirano ad associarvi politiche di auto-cannibalizzazione del prodotto, proposto spesso sotto forma di carta di debito, a prezzi irrisori, se non addirittura gratis.
Non crediamo, in buona sostanza, che questa sia la strada giusta per ampliare l’offerta al mercato dei conti di pagamento, favorendone gli utilizzi. In altri termini, i margini economici esistenti nei conti correnti dovrebbero essere utilizzati con maggiore lungimiranza per accrescere la diffusione dei conti di pagamento. Quanto alla domanda, da parte della clientela dovrebbero essere meglio valorizzate tanto la pluralità di funzioni del conto di pagamento, quanto le caratteristiche di sicurezza, cui, oltre ai presidi d’ordine tecnologico, contribuisce in misura sempre più rilevante la possibilità di configurare l’accesso alle varie piattaforme sulla base di scelte consapevoli dei rischi inerenti da parte degli utenti.
In conclusione, il conto di pagamento può rappresentare una sostanziale innovazione nel non più differibile processo di ammodernamento del rapporto tra banche e clienti, fino al punto di sostenere, richiamandosi al poeta futurista F.T. Marinetti che voleva “uccidere il chiaro di luna”, la possibilità addirittura di “uccidere” il conto corrente. Noi che siamo più moderati, riteniamo che basterebbe proclamarne l’eutanasia, facendo rapidamente crescere gli istituti di pagamento e quei pagamenti elettronici, che secondo i dati pubblicati per la prima volta dalla Banca Centrale Europea, sono destinati ad avere un futuro, con la graduale perdita di peso delle varie peculiarità nazionali, tra le quali spiccano i nostri obsoleti bollettini postali e ricevute bancarie. Insomma, vorremmo che nei fatti si apprestasse una più efficace concorrenza tra vecchi e nuovi attori del mercato relativamente agli strumenti innovativi di pagamento.