Eliminare lo Spid e sostituirlo con la Carta d’identità elettronica (Cie)? Questo è il dilemma del Governo Meloni. Il sistema pubblico di identità digitale, la chiave di accesso ai servizi online della Pubblica amministrazione, potrebbe avere i mesi contati. Alla festa per il decennale di Fratelli d’Italia il sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega all’Innovazione tecnologica, Alessio Butti, è stato chiaro: “Dobbiamo cominciare a spegnere lo Spid e a promuovere la carta d’identità elettronica”. L’obiettivo? Creare un’unica identità digitale, nazionale e gestita dallo Stato.
Tanta fatica per nulla. Ci sono oltre 33 milioni di italiani che hanno lo Spid – contro i 32 milioni che hanno la Cie – e che lo usano per interagire con la Pa e anche con una serie di soggetti privati. A meno che non si trovi il modo di rendere il più possibile “indolore” il passaggio che si annuncia complesso, si rischia di fare un bel passo indietro.
Eliminare lo Spid è una buona idea?
L’abolizione dello Spid rischierebbe di interrompere il percorso verso una piena digitalizzazione dei servizi al cittadino che si è innescato, e che è accelerato durante la pandemia Covid. Ma è anche uno degli obiettivi del Pnrr (a novembre scorso sono stati raggiunti i livelli fissati per il 2024). E allora perché fare un passo indietro? Rischiando di innescare un nuovo dibattito con la Commissione Ue? L’intenzione è quella è di assicurare un’erogazione dell’identità digitale non più affidata ai gestori privati, ma solo ad aziende pubbliche. Ma come cancellare lo Spid e sostituirlo con la Cie?
Il piano del governo, spiegato dal sottosegretario con delega all’Innovazione Alessio Butti in una lettera al Corriere della Sera, è quello di far confluire lo Spid nel Cie, consentendo il rilascio “da remoto in 24 ore a costo zero” (adesso costa dai 16,79 euro e i tempi di richiesta ai Comuni e di rilascio da parte del ministero dell’Interno sono variabili e spesso lunghi) e poi studiando una migrazione attraverso una “transizione negoziata” che coinvolga anche i gestori privati di identità digitali e sia in linea con le regole e gli standard europei. Ancora non è stato spiegato in che modo tutto ciò sarebbe concretamente possibile, ma soprattutto, come farlo senza spiazzare, di nuovo, gli italiani.
Differenze tra Spid e Cie: quale conviene?
Spid e Cie sono entrambe identità digitali utilizzabili per l’accesso a servizi digitali sia pubblici e privati. Ma i due sistemi non sono sovrapponibili. I servizi dello Spid sono forniti da nove gestori detti “identity provider” (Aruba, Intesa, InfoCert, Lepida, Namirial, Poste italiane, Sielte, SpidItalia, TeamSystem e Tim) e garantisce una soglia di sicurezza di primo e secondo livello, mentre la Cie, emessa dal ministero dell’Interno e prodotto dal Poligrafico e Zecca dello Stato, viene rilasciata in presenza e ha tre livelli di sicurezza: necessita di Pin e Puk, nonché di un lettore apposito da collegare ai dispositivi (lettore di smart card). Tuttavia, il terzo livello è quello richiesto dagli standard di sicurezza fissati dall’Europa per l’identità digitale europea che dovrebbe vedere la luce dal 2025. Una specie di app su cui ognuno di noi potrà caricare i suoi documenti.
Quindi, la Cie non ha la possibilità di essere utilizzata come identità di livello 1 e 2. Invece con lo Spid bastano pochi clic sia da pc che da smartphone, senza necessità di un elemento fisico collegato. (ad esempio, se si fanno acquisti online non bisogna dare il proprio documento).
Ad oggi, dunque, la Cie sconta tre limiti: tempi di rilascio, costo e chip (visto che non ce ne sono nemmeno per le auto o le tessere sanitarie). E se nell’eventuale migrazione non venissero “risolti”, l’abolizione dello Spid rischia di tramutarsi in un altro flop.