Stati Uniti al bivio. A un giorno dall’Election day, mentre la campagna elettorale esala gli ultimi respiri, con i due candidati impegnati a girare a ritmi infernali tra gli Stati in bilico, cresce l’attenzione verso i sondaggi.
E se quelli nazionali, che tastano il polso della nazione, ma che non hanno poi una necessaria rilevanza ai fini elettorali, danno i due candidati più che mai vicini (alcuni sondaggi li danno appaiati al 48%, mentre altri riconoscono un margine inferiore al punto percentuale a Barack Obama), tutta l’attenzione è catalizzata dai sondaggi dei singoli Stati, quelli che, di fatto, decidono, con l’assegnazione dei grandi elettori, chi sarà il prossimo presidente del degli Stati Uniti.
Per vincere le elezioni servono 270 grandi elettori (cioè la metà più uno, visto che in totale sono 538). Stando all’archivio di sondaggi Real Clear Politics, Obama ha un vantaggio netto in 17 stati (più il District of Columbia), per un totale di 201 grandi elettori, contro i 191 attribuiti a Mitt Romney, che in vantaggio in un maggior numero di Stati, 23, ma sono Stati meno popolosi.
Gli altri 11 Stati sono invece valutati come “Toss Up” (verbo angloamericano traducibile con l’espressione “lanciare una monetina”), ed è sul filo di questi Stati che si giocano le elezioni.
Il più in bilico, secondo i sondaggi, è la Virginia (che assegna 13 grandi elettori), uno Stato tradizionalmente repubblicano in cui, però Obama trionfo di ben 6 punti nel 2008. Quest’anno, invece, il vantaggio del presidente uscente, in ripresa, appare molto sottile, +0,3% (48,0 a 47,7).
Testa a testa anche in Colorado (9), altro Stato di tradizione repubblicana, mitigata negli ultimi decenni dagli effetti dell’immigrazione dei latinos, dove Obama ha un vantaggio dello 0,6%, dopo aver vinto di 9 punti nel 2008
In Florida (29), lo stato chiave della prima contestatissima elezione di Bush Jr., sembrano invece buone le possibilità di Romney di strappare lo Stato a Obama (che vi aveva vinto nel 2008), visto il vantaggio dell’1,8% del candidato repubblicano.
Nel New Hampshire (4), un piccolo stato che non ha una vera tendenza storica, pur essendo nel mezzo del cuore democratico dell’America, il vantaggio di Obama è del 2% (49,7% a 47,7%)
L’Ohio (18), come spesso avviene, rischia di rivelarsi il vero e proprio stato chiave delle elezioni. Chi vincerà qui, infatti, con tutta probabilità sarà il presidente. Obama, spinto dalla forte ripresa dell’industria automobilistica, ha un margine del 2,9%, che non rappresenta però una sicurezza.
Romney è in vantaggio di 3 punti percentuali in Nord Carolina(15), altro Stato tendenzialmente repubblicano, in cui la vittoria di strettissima misura (+0,3%) di Obama nel 2008 rappresenta un unicum (oltre a lui solo Jimmy Carter ha vinto qui).
Stesso margine, in favore di Obama, in Iowa (6), dove il presidente uscente chiuderà la sua campagna elettorale. Più rassicuranti, ma non considerati scontati dai sondaggisti, i vantaggi di Obama in Michigan (16 grandi elettori, +3,8%) e nel Wisconsin (10, +4,2%). Qualche dubbio in più sulla Pennsylvania, strano caso di queste ultime ore di campagna elettorale. Qui il vantaggio del 3,9% in favore del presidente uscente sembrerebbe rassicurante, ma i repubblicani (Romney si è speso molto in questo Stato) confidano, o almeno dichiarano, di essere molto fiduciosi, e alcuni sondaggi danno Romney non così lontano da Obama.
Tirando le somme, rimangono buone le possibilità di una riconferma di Obama, che qualora dovesse vincere in tutti gli Stati in cui è in vantaggio arriverebbe a un totale di 303 grandi elettori. Un margine dunque esiste, ma rimane sottile, e qualsiasi variazione (Colorado e Virginia, ma anche Pennsylvania o Ohio), potrebbe capovolgere la situazione, che, dal 2000 a oggi, non era mai stata tanto incerta.