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ELEZIONI – Regione Lombardia ago della bilancia per l’Italia: in corsa Albertini, Ambrosoli, Maroni

Sicut Mediolanum, simul Roma. Quello che succederà a Milano, accadrà anche a Roma. Chiunque vinca la corsa a Presidente della Lombardia determinerà anche la formazione del nuovo Governo. I candidati che correvano per vincere, fino a domenica scorsa, erano tre: Umberto Ambrosoli, appoggiato dal centrosinistra e indicato per primo dal sindaco Pisapia; Gabriele Albertini, a capo di una coalizione “civica”, che ha alle spalle Monti, Casini e una parte di Cl (l’eurodeputato Mario Mauro); Roberto Maroni, che dopo molti tentennamenti è diventato il leader dell’alleanza Lega-Pdl.

La vittoria di Umberto Ambrosoli, dato attualmente attorno al 35%, spianerebbe la strada di Bersani verso Palazzo Chigi. È molto probabile, infatti, che l’effetto traino sulle elezioni politiche faccia scattare al Senato il premio di maggioranza regionale per Pd-Sel. Un successo di Maroni, che nei sondaggi è quasi alla pari con Ambrosoli, costringerebbe Bersani a venire a patti con una Lista Monti debole e delusa, nascerebbe un Governo con pochi voti di margine al Senato e con molte probabilità di fare la fine dell’ultimo Prodi. Quanto potranno durare Monti e Vendola insieme?

Albertini forse è fuorigioco. I sondaggi lo davano molto indietro (attorno all’11 per cento), ma erano stati fatti in un momento in cui era scomparso dalla scena (salita di Monti, ritorno di Berlusconi, ecc…). L’ex sindaco, che era stato indicato da Roberto Formigoni, attendeva con calma che la campagna elettorale entrasse nel vivo anche per la Regione, con la possibilità di avere il traino della Lista Monti alla quale aderisce. Ancora alla fine della scorsa settimana il Corriere della sera anticipava la probabile nascita di una Lista per la Lombardia, capeggiata da Formigoni, che si sarebbe schierata al fianco del Movimento di Albertini e alle politiche con Monti. 

Il colpo di scena si è consumato lunedì 7 gennaio. Formigoni, con un clamoroso voltafaccia, ha deciso di appoggiare Maroni, rientrare nel Pdl e contribuire a scrivere il programma. Con un “giallo” ancora da risolvere: sembrava che l’ex Governatore dovesse essere il capolista del Pdl per la Regione. Lo aveva lasciato intuire lo stesso interessato, ma contemporaneamente a una tv locale Berlusconi dichiarava in diretta: “Non presenteremo nessun consigliere uscente” (provocando il panico nella pattuglia degli ex).

Il risultato di questo ribaltamento degli scenari potrebbe essere letale anche per Monti, che rischia un insuccesso proprio in Lombardia, dove poteva sperare di ottenere i voti necessari per essere saldamente “indispensabile” al Senato e condizionare la nascita del nuovo Governo. Come rimediare? Con una contromossa, che la dice tutta sulle scarse possibilità di Albertini di battere la coppia Ambrosoli-Maroni, l’ex sindaco dovrebbe essere candidato per la Lista Monti anche al Senato. In questo modo, forse, il risultato alle politiche potrebbe risultare meno compromesso.

Quelli che sembrano uscire da questa vicenda con le ossa rotte sono Comunione e Liberazione e la Compagnia delle Opere. Il movimento si è spaccato. Mauro e Formigoni sembravano uniti nell’appoggio a Monti, quindi ad Albertini, mentre il vicepresidente della Camera Maurizio Lupi fin da subito dichiarava la sua fedeltà al Pdl. Poi, dopo l’accordo Berlusconi-Maroni, l’asse si è spostato con la scelta dell’ex Governatore di restare accanto al Cavaliere. Scelta, a dir il vero, non proprio ufficializzata, ma praticamente sicura. Formigoni correrà per il Senato con un posto “sicuro” anche per un suo fedelissimo, mentre nella lista per le Regionali i “ciellini formigoniani” avrebbero dieci posti. Questo è il prezzo pattuito con Berlusconi e, indirettamente, con Maroni, che fino al 5 gennaio Formigoni aveva definito “esiziale”.

Un po’ travolto dalle vicissitudini degli avversari, che hanno occupato spazi nei giornali e in tv, ora comincia anche la corsa di Ambrosoli, che i sondaggi – come abbiamo scritto – danno davanti a Maroni di un’incollatura. Il figlio dell’eroe borghese, però, non convince del tutto il Pd, che teme la sua inesperienza. Per questo motivo, non ufficiale ma nemmeno tanto segreto, il segretario regionale Maurizio Martina ha rinunciato al posto di capolista alla Camera, per diventare, in caso di vittoria, il vicepresidente “esecutivo” del Governatore. Una specie di protettorato.

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