Si sarebbero dovute tenere la scorsa primavera, ma l’emergenza Covid ha fermato tutto: le elezioni regionali in Liguria, Veneto, Marche, Toscana, Campania, Puglia e Val d’Aosta vengono quindi recuperate il 20-21 settembre e il virus che ancora circola condizionerà (in negativo) la partecipazione, anche se la concomitanza con il referendum sul taglio dei parlamentari potrebbe esercitare – soprattutto presso l’elettorato grillino – un richiamo al recarsi alle urne. Si vota dunque domenica 20 settembre dalle 7 alle 23 e lunedì 21 settembre dalle 7 alle 15, ma ogni Regione ha un sistema elettorale diverso. Intanto il colore della scheda: quella del referendum sarà celeste, mentre quella per eleggere il governatore sarà verde in Campania e Veneto, rosa in Liguria, arancione in Puglia, in Toscana e nelle Marche.
TURNO UNICO: SOLO IN TOSCANA POSSIBILE BALLOTTAGGIO
Nelle sei regioni a statuto ordinario è prevista l’elezione diretta del governatore. In Campania, Liguria, Marche, Puglia e Veneto si vota in un unico turno: vince il candidato governatore che ottiene più voti, anche uno in più degli altri. In Toscana invece è possibile il ballottaggio, poiché un candidato è eletto governatore al primo turno solo se ottiene più del 40% dei voti. Se nessuno li ottiene, i primi due classificati vanno appunto al secondo turno che si terrebbe il 4-5 ottobre.
PREFERENZE E PARITA’ DI GENERE
In tutte le Regioni a statuto ordinario, accanto ai nomi dei candidati governatori, l’elettore troverà sulla scheda i simboli della liste dei candidati al consiglio regionale. Si possono esprimere fino a due preferenze per i consiglieri: bisogna fare attenzione, se si esprimono due preferenze, la seconda deve riguardare un candidato di sesso diverso rispetto alla prima (es., donna/uomo; uomo/donna), pena l’annullamento della seconda scelta. Questo vale in Campania, Liguria, Marche, Veneto, Toscana e anche in Puglia (qui, dopo i richiami del governo, la doppia preferenza di genere è stata introdotta in extremis con un passaggio parlamentare).
VOTO DISGIUNTO E SOGLIE DI SBARRAMENTO
Il voto dato a una lista si intende espresso anche per il candidato governatore collegato, ma in quasi tutte le Regioni è possibile esprimere il voto disgiunto: in Campania, Liguria, Puglia, Toscana e Veneto, ma non nelle Marche. In consiglio regionale non entreranno tutte le liste: sono previste soglie di sbarramento. In Campania per ottenere seggi una lista deve ottenere almeno il 3%, a meno che non sia parte di una coalizione che abbia ottenuto il 10%. In Veneto e Liguria la soglie è del 3% per le liste e 5% per le coalizioni. In Toscana una lista che corre da sola deve ottenere il 5%, se in coalizione il 3% (ma la coalizione deve raggiungere il 10%). In Puglia la soglia è dell’8% per liste che corrono da sole o coalizioni, del 4% per le liste in coalizione.
LA POSTA IN GIOCO
La partita delle regionali non sarà forse decisiva per il Governo Conte 2 ma non è comunque priva di importanza: si vota in 7 Regioni da Nord a Sud e sono chiamati alle urne 18,6 milioni di elettori. Va ricordato che la tornata interessa anche 962 Comuni che rinnovano sindaco e Consiglio comunale, per un totale in questo caso di 5,72 milioni di cittadini coinvolti. Ogni Regione ha la sua posta in palio, anche in quelle come Campania e Veneto dove l’esito finale sembra scontato.
Le Regioni più incerte sono Toscana e Puglia. In Toscana, storico feudo di centrosinistra, la maggioranza si è presentata compatta intorno alla candidatura di Eugenio Giani, proposta dal Pd ma sostenuta anche da Italia Viva e – seppur tiepidamente – dal Movimento 5 Stelle. Giani è pertanto favorito nei sondaggi, ma la partita è apertissima perché la candidata della Lega, l’eurodeputata Susanna Ceccardi, è in grande ascesa e su di lei punta tutto Matteo Salvini in persona, che ha scelto di chiudere la campagna elettorale a Firenze.
La Toscana è un banco di prova significativo per due motivi: le forze di Governo corrono unite ed è una Regione storicamente “rossa”, anche se da qualche tempo il vento è un po’ cambiato. Già oggi due provincie (Grosseto e Arezzo) sono in mano al centrodestra, così come i Comuni di Siena, Pistoia, Massa, Pisa, e ancora Grosseto e Arezzo. Ma se il Pd dovesse perdere il feudo rosso della Toscana, la segreteria Zingaretti traballerebbe pesantemente.
Politicamente molto importante anche la Puglia, dove la maggioranza al contrario si presenta divisa e questo potrebbe minare le chance di successo del governatore uscente, Michele Emiliano, sostenuto a macchia di leopardo da Pd, fuoriusciti della destra, liste civiche e parte del mondo grillino.
In questa Regione però sia Italia Viva (con Ivan Scalfarotto che cresce nei sondaggi) che il Movimento 5 Stelle corrono per conto proprio, e giocandosi la partita su un turno secco questo potrebbe andare a favore del redivivo Raffaele Fitto, già candidato alla stessa poltrona nel lontano 2005, in piena era Berlusconi. La conquista della Puglia si giocherà sul filo: a fare la differenza tra Emiliano e Fitto saranno poche migliaia di voti.
Poi ci sono Marche e Liguria, altre due Regioni storicamente di sinistra che però potrebbero restare (la Liguria) o passare (le Marche) al centrodestra. Nella regione adriatica la maggioranza si presenta divisa e questo dovrebbe lasciare campo libero a Francesco Acquaroli di Fratelli d’Italia.
A Genova e dintorni invece il Pd e 5 Stelle hanno trovato una sintesi candidando il giornalista del “Fatto quotidiano” Ferruccio Sansa, ma la sensazione è che il governatore uscente Giovanni Toti abbia raggiunto una buona base di popolarità. Infine, Veneto e Campania. In queste due Regioni è scontata la vittoria dei presidenti uscenti, Luca Zaia della Lega e Vincenzo De Luca del Pd. Ma non mancano gli spunti di interesse. In Veneto, ad esempio, stando ai sondaggi la lista Zaia potrebbe persino doppiare quella col simbolo della Lega, certificando il sorpasso di gradimento del governatore ai danni di Salvini presso l’elettorato del Nord.
A Zaia è stato riconosciuto da più parti di aver gestito bene l’emergenza Covid e soprattutto parte della base leghista non sta perdonando a Salvini la svolta nazionalista, per non dire sudista. Ormai il leader del Carroccio punta tutto sulle regioni del Centro (persino sul Comune di Roma, dove è già iniziata una feroce campagna elettorale per il 2021) e del Sud, e ha un po’ abbandonato gli antichi cavalli di battaglia della Lega. Zaia pertanto, in caso di trionfo personale, potrebbe candidarsi a diventare il nuovo segretario del partito: ipotesi smentita più volte dal diretto interessato, che però in pectore già lo è.
La stessa dinamica riguarda anche De Luca in Campania. Il presidente è stato una delle “star” del lockdown e non dovrebbe avere problemi a superare il candidato del centrodestra Stefano Caldoro. Tuttavia anche a Napoli e dintorni la popolarità personale del governatore è di gran lunga superiore a quella del suo partito (Pd), e il gioco delle liste potrebbe consacrarne la leadership, indebolendo la posizione del sindaco di Napoli Luigi De Magistris e di fatto aprendo la contesa per il capoluogo di regione, che va al voto nel 2021.
GLI “IMPRESENTABILI”
Come in ogni tornata, non sono mancate le polemiche sugli “impresentabili”. Stando infatti al codice di autoregolamentazione dei partiti e alla legge Severino, sono 13 in tutto alle Regionali: a farlo emergere è stata la Commissione Parlamentare Antimafia, in base alle verifiche disposte attraverso la Direzione Nazionale Antimafia. Solo in Campania, gli “impresentabili” sono nove: otto per il codice di autoregolamentazione e uno per la legge Severino. Tra loro c’è anche un candidato della lista “De Luca presidente” (in base alla legge Severino e dunque incandidabile in quanto condannato), oltre che diversi esponenti del centrodestra.