Pur dovendo premettere che le elezioni locali non sono quasi mai sovrapponibili a quelle politiche nazionali, tuttavia il voto di domenica in molte città, può dare qualche indicazione utile per interpretare il vero umore dei cittadini. Ci sono tre riflessioni sulle quali aprire una più profonda analisi politica: si conferma che agli italiani piace poter scegliere chi li governerà e quindi prediligono un sistema elettorale maggioritario; in secondo luogo ci si può chiedere se la “rinascita” del centro-destra sia veramente tale o se si tratti di un matrimonio di interessi che franerebbe di fronte all’ostacolo delle elezioni politiche; in terzo luogo bisogna riflettere su quale peso esercita effettivamente il sistema elettorale nell’indirizzare le preferenze dei cittadini.
Al di là delle raffinate analisi dei politologi, in tutta la Seconda repubblica gli elettori hanno sempre penalizzato i governi che sono caduti a causa delle liti all’interno delle coalizioni che si erano presentate alle elezioni in maniera unitaria e che avevano vinto, spesso con ampio margine. Se ne deduce che la gente vuole scegliere da chi essere governata e non gradisce il cambio in corsa dei governi eletti direttamente. Nel caso dovesse capitare la caduta di un governo, sarebbe gradito il ritorno alle urne e non la nascita di esecutivo basato su un qualche compromesso parlamentare. Se ne deduce anche che il ritorno al proporzionale, che ora sembra gradito a molte forze politiche, non incontra il consenso profondo degli elettori italiani.
Infatti, venendo al terzo dei quesiti posti sopra, quale sistema elettorale dovremmo darci? Con il proporzionale si tornerebbe alla Prima repubblica. Ogni partito si presenta da solo e se supera una soglia di sbarramento che dovrebbe essere alta, cercherebbe poi di trovare in Parlamento una maggioranza per fare il Governo. Ma questo sistema darebbe luogo a governi deboli ed instabili che potevano andare bene negli anni 50 e 60 del secolo scorso, quando il Pci era impossibilitato ad andare al governo per via della divisione del mondo in blocchi contrapposti che nessuno aveva interesse a rimettere in discussione. Noi oggi avremmo la possibilità di andare verso un sistema maggioritario tipo Mattarellum o Rosatellum, o verso un proporzionale più o meno puro. Bisogna dire che il Mattarellum aveva il difetto di dar vita a coalizioni disomogenee che poi non erano in grado di reggere la prova del governo. Così è capitato sia a destra che a sinistra, riproponendo in sostanza quella frammentazione delle forze politiche che impedisce lo sviluppo di un progetto di governo.
Sempre che i partiti l abbiano davvero un qualche progetto, perché nessun sistema elettorale potrà mai sostituire le vere e proprie scelte politiche che spettano ai partiti ed ai loro leaders. Oggi molti invidiano il sistema francese che dà stabilità e governabilità, ma dimenticano di sottolineare che accanto al sistema elettorale a doppio turno in Francia c’è un sistema istituzionale basato sul presidenzialismo e su un diverso ruolo del Parlamento (monocamerale) che dà coerenza all’intero sistema e consente di trasformare senza traumi una qualificata minoranza di elettori in una maggioranza in grado di governare (ma questo da noi sarebbe forse ritenuto incostituzionale). Per l’Italia l’unica soluzione praticabile sarebbe quella di andare verso un sistema maggioritario tipo Rosatellum, ma rafforzato da alcune importanti modifiche dei regolamenti parlamentari come quelle suggerite dal presidente dei senatori PD, Luigi Zanda.
Naturalmente questo sistema imporrebbe sia al PD che a Forza Italia di fare delle alleanze con gli altri partiti dell’area che oggi come oggi sarebbero ancora più eterogenee di quelle del decennio scorso. A destra alcuni festeggiano il ritorno dell’alleanza Berlusconi-Salvini. Ma mentre a livello locale la scelta del candidato comune può attenuare le differenze di fondo, quando si passa alla politica nazionale queste sono destinate a riemergere con forza. Salvini è alleato della Le Pen, è contro l’ Europa e contro l’ Euro, promette cose impossibili sulle pensioni e le tasse, infine vuole gestire gli immigrati con il cannone senza badare troppo alle convenzioni internazionali ed alle nostre stesse convenienze. Come potrebbe rinunciare a tutto questo per allearsi con Berlusconi? E di chi sarebbe la leadership della coalizione? Ne risulterebbe qualcosa di credibile agli occhi degli elettori?
A sinistra i problemi sono pressoché analoghi. Renzi dovrebbe piegarsi a costruire una coalizione con quelli che sono appena usciti dal PD e che negli anni scorsi hanno fatto di tutto per mettergli i bastoni tra le ruote, contestandolo in ogni modo, fino ad arrivare a capovolgere al referendum il voto favorevole alla riforma della Costituzione che pure avevano dato durante i lavori parlamentari. Certo Renzi potrebbe aprire di più al centro cercando di raccogliere tutti quei riformisti liberali che si troverebbero a disagio in una coalizione dominata da Salvini e Meloni. E magari cercare di staccare Pisapia da D’Alema, Fratoianni e Fassina ricostruendo così quel mitico centro-sinistra tanto caro a Prodi ma che, a differenza di quello di allora, questa volta dovrebbe essere abbastanza omogeneo da non frantumarsi alla prima prova di governo.
Infine i grillini hanno perso le elezioni amministrative, ma solo un sistema maggioritario può confinarli ad un ruolo di pura e sterile protesta, che peraltro, è la sola cosa che sanno fare. Per le altre forze politiche si spera in una ritrovata lucidità di pensiero ed in un po’ di generosità per le esigenze di questo stremato Paese che ha un urgente bisogno di essere rassicurato e governato.