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Elezioni presidenziali Usa: Harris cambia strategia e punta tutto sulla “debolezza” di Trump. Cosa significa e perché

Imagoeconomica

La forza è uno dei valori su cui si imperniano gli Stati Uniti. Forte è il loro esercito, il più forte. Forte deve essere l’economia. Forte è l’immagine che gli altri Paesi devono avere degli Usa, perché solo così potranno mantenere la loro influenza a livello globale. Non a caso, una delle critiche che ultimamente viene rivolta più spesso a Joe Biden è quella di essere “troppo debole” per influenzare ciò che sta accadendo in Medio Oriente. Sul concetto della forza, Hollywood ha costruito una cinematografia sterminata che contribuisce a nutrire un immaginario che però comincia a scricchiolare.

La forza nelle elezioni presidenziali Usa

Lo scorso 19 luglio, Biden ha deciso di ritirarsi dalla corsa alla Casa Bianca non perché tutti pensavano che fosse “troppo vecchio” per fare il presidente, o meglio non solo, ma perché quel “vecchio” stava sempre più diventando sinonimo di “debole”. E gli elettori non avrebbero mai votato per un presidente “debole”. Da qui, nasce il passo indietro in favore di Kamala Harris che sin dal primo momento ha cercato di presentarsi agli elettori come una donna forte, risoluta, decisa. E nelle ultime settimane la vicepresidente sta cercando sempre di più di dimostrare di essere la più forte con azioni e dichiarazioni volte a confermarlo. Harris “ha un’arma ed è pronta a sparare” contro qualsiasi intruso che entri in casa sua, ha detto a Oprah Winfrey lo scorso 22 settembre, suscitando parecchio sgomento anche tra i suoi sostenitori. Harris entra nella fossa dei leoni e si fa intervistare da Fox News, il network conservatore per eccellenza che ha contribuito in maniera determinante all’ascesa di Trump. Harris affronta a viso aperto i suoi avversari, tant’è che vince il primo dibattito tv e sfida il suo rivale ad affrontare un secondo confronto che lui però rifiuta. Il motivo ? “È chiaramente un segno di debolezza”, ha commentato laconicamente l’attuale vicepresidente.

Trump: da “weird” a “weak”

Nelle prime settimane di campagna elettorale, i democratici descrivevano Donald Trump utilizzando in modo canzonatorio sempre lo stesso aggettivo: “weird”, “strano”. Per infastidirlo (riuscendoci tra l’altro, il tycoon non è molto incline ad accettare le critiche, per usare un eufemismo), ma anche per dimostrare che le sue accuse su di loro non avevano alcun potere. Nelle ultime settimane, invece, l’aggettivo più utilizzato da Harris e dai suoi alleati per parlare di Trump è “weak”, “debole”. Troppo debole per prestarsi a un confronto, troppo debole per rilasciare interviste “non pilotate” (a differenza di Harris che va a Fox News, è il sottotesto), troppo debole e vecchio per fare discorsi di senso compiuto durante i suoi comizi che diventano talmente noiosi da indurre i presenti a scappare via prima che lui finisca di parlare. E se non riesce a fare queste semplici cose, come farà “a fare il presidente?”, è la domanda che molti dem lasciano in sospeso. Senza parlare della sua età. Se eletto, Trump diventerà il presidente più anziano di sempre: “Siamo sicuri che un anziano non sia troppo debole per fare il presidente?”, si chiedono retoricamente molti democratici. Potrebbe sembrare quasi una vendetta: sono le stesse, identiche accuse che fino al 18 luglio l’ex presidente rivolgeva a Biden e che adesso gli si stanno rivoltando contro.

In realtà è una strategia ben precisa: Trump, con le sue invettive, le sue fake news, i suoi comizi infuocati è sempre riuscito a rappresentarsi come un “uomo forte al comando”, il “commander in chief” di cui gli Stati Uniti hanno bisogno per rivendicare la propria forza. Caratteristiche che gli elettori hanno premiato nel passato e che i sondaggi dimostrano essere ancora vincenti: per la maggioranza dei votanti potrebbe essere ancora lui quello “più forte”. Può una donna a ribaltare questi stereotipi? È il tentativo che sta facendo Harris. Riuscirci significherà portare dalla sua parte molti di quegli elettori indecisi che nutrono dubbi nei suoi confronti. E, considerando che praticamente tutti i sondaggi in vista del prossimo 5 novembre prevedono un “testa a testa” senza precedenti, anche quei pochi voti conteranno, eccome. 

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