I repubblicani sorridono a denti stretti. La valanga rossa che molti si aspettavano non c’è stata. Benché i risultati definitivi delle elezioni di MidTerm 2022 non siano ancora arrivati, appare ormai certo che il Grand Old Party conquisterà la maggioranza alla Camera, ma la sua vittoria sarà molto meno ampia del previsto e i primi malumori interni al partito cominciano già a trapelare. Al Senato, invece, mentre mancano ancora i numeri di 5 Stati chiave, i due partiti sono sostanzialmente in parità e la maggioranza potrebbe decidersi addirittura a dicembre, quando arriveranno i risultati del ballottaggio della Georgia, dove nessun candidato ha ottenuto la maggioranza assoluta e dove sarà quindi necessario andare al secondo turno tra i due candidati più votati.
Elezioni MidTerm: i risultati alla Camera e al Senato
Con queste elezioni di MidTerm si rinnovano tutti i seggi della Camera, che sono in totale 435, e 35 seggi su 100 seggi al Senato. Per quanto riguarda la Camera bassa, mentre scriviamo, 201 seggi sono già stati assegnati ai repubblicani, 182 ai democratici. Il vantaggio dunque c’è, ma diversamente da quanto previsto alla vigilia – quando tutti si aspettavano una vittoria a valanga del GOP, il partito di Joe Biden sta tenendo in vari territori contesi.
Al Senato invece è molto più complicato. Fino a ieri, democratici e repubblicani avevano 50 senatori a testa, ma il partito del presidente aveva formalmente la maggioranza grazie al voto della vicepresidente Kamala Harris. È dunque sufficiente che un seggio passi da un partito all’altro per ribaltare l’attuale equilibrio. In questo momento, il partito democratico ha un totale di 48 seggi sicuri, quello repubblicano ne ha 47. A decidere chi avrà la maggioranza saranno dunque i risultati di Georgia, Wisconsin, Arizona, Nevada e Alaska. Quest’ultima può essere già assegnata al Gop, dato che entrambe le candidate appartengono al partito repubblicano, in tutti gli altri seggi invece è in corso un vero testa a testa.
Secondo gli osservatori è molto probabile che la maggioranza si decida all’ultimo seggio, che sarà, come detto, quello della Georgia, dove né il reverendo dem Rafael Warnock, né l’ex campione di football Herschel Walker sono riusciti a ottenere il 50% dei voti e si dovrà dunque procedere al ballottaggio, in programma il prossimo 6 dicembre. Tra i seggi contesi c’era anche quello della Pennsylvania, dove però il democratico John Fetterman ha ottenuto una fondamentale battendo il repubblicano Mehmet Oz.
Le elezioni a governatore: pericolo DeSantis per Trump
Oltre a quelle per rinnovare il Congresso, l’8 novembre erano in programma molte altre elezioni. In particolare, in 36 Stati, si votava anche per eleggere i governatori, i nuovi parlamenti statali e diverse cariche locali. Tra le vittorie più importanti c’è quella nettissima del repubblicano Ron DeSantis in Florida. Perché tanto interesse su un trionfo che veniva dato per scontato? Perché l’entità del successo, oltre 20 punti, rafforza le ambizioni presidenziali del Governatore, trasformandolo in uno dei più grossi ostacoli che Trump dovrà affrontare nella corsa verso il suo ritorno alla Casa Bianca. Non a caso, il tycoon ha già comunicato a un piccolo gruppo di giornalisti che dirà “cose che non sono belle sul suo conto. So di lui più di chiunque altro, forse più di sua moglie”.
La vittoria di DeSantis però, non è l’unico risultato “negativo” arrivato oggi per Donald Trump. In Georgia, infatti, il repubblicano Brad Raffensperger è stato confermato sulla poltrona di segretario di Stato. Proprio Raffensperger, all’indomani delle presidenziali del 2020, ebbe un duro scontro con Trump, rifiutandosi di “trovargli quei 12mila voti” che gli sarebbero serviti per vincere. Il Segretario di Stato disse No e fu additato come un traditore dai sostenitori di Trump.
Nonostante tutto, però l’ex presidente fa buon viso a cattivo gioco: “È stata una grande serata. I media fake News e i loro partner democratici stanno facendo il possibile per sminuirla. Grande lavoro da parte di alcuni fantastici candidati”, ha affermato commentando l’esito delle elezioni di Midterm.
I referendum sull’aborto
In cinque Stati gli elettori sono stati chiamati direttamente a esprimersi sull’aborto, dopo la controversa decisione della Corte Suprema che lo scorso giugno ha ribaltato la storica decisione nota come “Roe v. Wade” che dal 1973 garantiva l’accesso all’interruzione volontaria di gravidanza su tutto il territorio nazionale statunitense. Negli stati in cui ci sono già i dati definitivi hanno vinto con ampio margine le misure a favore del diritto all’aborto, in quelli in cui gli scrutini sono ancora in corso, i dati indicano un vantaggio dei sostenitori dei diritti riproduttivi. Nel dettaglio, in Kentucky gli elettori hanno respinto l’emendamento antiabortista, blindando, di fatto, i diritti vigenti. La sconfitta ha rivelato tra l’altro un profondo divario tra il sentimento popolare e le aspettative dei legislatori. In Kentucky, infatti, il governo repubblicano e si era mosso per vietare la maggior parte degli aborti.
A favore dell’aborto si sono espressi anche gli elettori del Michigan, della California e del Vermont. Si attendono ancora invece i risultati del Montana, dove i cittadini sono stati chiamati a votare una proposta di legge che imporrebbe pesanti sanzioni penali agli operatori sanitari che non agiscono attivamente per preservare la vita di bambini nati in qualunque fase della gestazione.
Le MidTerm delle prime volte
Per la prima volta un rappresentante della generazione Z entrerà alla Camera. Si tratta del democratico Maxwell Frost, classe 1997, che diventa anche il più giovane candidato eletto nel Congresso federale.
Non solo: nel Maryland è stato eletto Wes Moore, il primo governatore di colore nella storia dello Stato; in Massachusetts, la democratica Maura Healey è diventata la prima governatrice lesbica nella storia degli Stati Uniti, mentre nel parlamento del New Hampshire è stato eletto James Roesener, il primo uomo trans a ricoprire il ruolo di legislatore in tutta la storia degli Stati Uniti. E ancora: l’Alabama ha eletto la sua prima senatrice, la repubblicana Katie Britt, il Vermont ha eletto per la prima volta una donna, la democratica Becca Balint, al Congresso, mentre in Arkansas, la repubblicana Sarah Huckabee Sanders è diventata la prima governatrice della storia dello Stato.