Adesso è ufficiale. I repubblicani hanno riconquistato dopo 4 anni la maggioranza alla Camera. Con 6 seggi ancora da assegnare, il Grand Old Party ha raggiunto quota 218 rappresentanti su 435, riprendendo il controllo della Camera bassa e riequilibrando le forze al Congresso che ora è ufficialmente spaccato in due, dato che i democratici sono riusciti a mantenere il controllo del Senato, ampliando di un seggio la loro maggioranza in attesa che il ballottaggio della Georgia assegni l’ultimo posto rimasto.
La vittoria dei repubblicani alla Camera
Il risultato era ampiamente previsto e per i repubblicani rappresenta una vittoria agrodolce. Perché se è vero che hanno riconquistato il controllo della Camera che fino all’8 novembre era in mano ai democratici, è altrettanto vero che le speranze della vigilia erano ben diverse. Il GOP si era già preparato all’onda rossa, pregustando un’ampia maggioranza in entrambe le ali del Congresso. E adesso, tra un festeggiamento e l’altro, sono in molti a chiedersi perché i numeri si siano ridotti ma soprattutto per colpa di chi. E il colpevole è già stato individuato. È lo stesso Donald Trump che ha ufficialmente annunciato la sua candidatura alle elezioni presidenziali del 2024. Alle elezioni di metà mandato, infatti, i candidati trumpiani appartenenti all’ala più radicale del partito sono stati in gran parte sconfitti e, secondo un’analisi del New York Times, hanno perso tra i 5 e i 7 punti sul 2020 rispetto ai non trumpiani.
Il fronte democratico
Anche i democratici hanno però dei motivi per riflettere. Ironia della sorte, a consegnare la Camera ai repubblicani sono due Stati tradizionalmente dem: la California – che con la vittoria dell’ex aviatore Mike Garcia ha regalato al Gop il 218esimo seggio – e New York, storica roccaforte democratica.
Il bicchiere però, in casa dem, è comunque mezzo pieno: l’aver evitato l’onda rossa viene considerata una vittoria, anche perché tradizionalmente le elezioni di mid term sono sfavorevoli al partito del presidente. Basti pensare che, come spiega l’American President Project dell’Università della California Santa Barbara, nelle 22 tornate elettorali di metà mandato che si sono tenute tra il 1934 e 2018, il partito del presidente ha perso in media 28 seggi alla Camera e 4 al Senato. Solo in 3 casi è riuscito ad ampliare il numero dei propri rappresentanti alla Camera e solo in sei (sette adesso) è riuscito a farlo al Senato. Sono invece solo due le volte in cui ha guadagnato seggi in entrambi i rami del Congresso.
In ogni caso, il presidente Biden si è congratulato con i repubblicani, affermando che le elezioni di midterm hanno “mostrato la forza e la resilienza della democrazia americana” con gli elettori che hanno “respinto i negazionisti, la violenza politica e l’intimidazione”, Biden si è detto “pronto a lavorare con i repubblicani”.
Congresso Usa: cosa succederà adesso?
Il Congresso è diviso in due: la Camera ai repubblicani, il Senato ai democratici. Per capire quali saranno gli equilibri, fondamentali diventano i 6 seggi ancora da assegnare. Meno sarà ampia la maggioranza dei conservatori, più margine d’azione avrà Biden per far approvare al Congresso le leggi in agenda, tra le quali figurano provvedimenti delicatissimi su ambiente, diritto di voto, aborto e regolamentazione delle armi. Se i sei seggi rimasti non dovessero andare tutti ai Repubblicani, i democratici cercheranno, di volta in volta, di convincere i membri più moderati del partito conservatore a votare a favore. Impresa difficile, ma non impossibile. Non solo, meno sarà ampia la maggioranza repubblicana, meno margine avrà il Gop per avviare indagini sul presidente e su suoi figlio. Insomma, si prospettano due anni decisamente movimentati.