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Elezioni in Spagna: Zapatero scioglie le Cortes, si vota a novembre, Madrid sogna l’alternanza

Chapeau a Zapatero che s’è dimesso prima del tempo quando ha capito che la crisi spagnola richiedeva il cambio – Il grigio Rajoy, leader dei conservatori ma perdente nato, ha l’occasione della vita perchè il Paese vuole il cambio e i sondaggi penalizzano il candidato socialista Perez Rubalcaba, anche se piace alla gente comune – I problemi dell’economia

Elezioni in Spagna: Zapatero scioglie le Cortes, si vota a novembre, Madrid sogna l’alternanza

Mariano Rajoy leader dei conservatori spagnoli, considerato l’eterno perdente della politica iberica per essere stato battuto ben due volte (2004 e 2008) nelle elezioni generali da Josè Luis Zapatero, intravvede finalmente la vittoria, la chance del riscatto di una vita.

Il 20 novembre, infatti, gli spagnoli sono chiamati alle urne. Con sei mesi di anticipo rispetto al previsto, cioè la scadenza naturale della legislatura, perché così ha deciso coraggiosamente il premier socialista, in modo da dare una scossa al Paese, accelerare e anticipare  il rilancio e riacquistare la fiducia dei mercati. L’iter elettorale prevede che oggi Zp sciolga le Cortes (le due Camere), che il 20 novembre sia il giorno delle elezioni e che un mese dopo vengano nominati il nuovo premier e il nuovo Governo.

A contendere a Rajoy il privilegio di vivere alla Moncloa è Alfredo Perez Rubalcaba, uomo “forte” dei socialisti, ex Ministro degli Interni e ex numero due del Governo Zapatero. Un uomo d’ordine, inflessibile e integerrimo, che piace alla gente comune, ma che secondo i sondaggi ha poche speranze di vincere perché gli spagnoli hanno voglia di alternanza, di cambiamento, per mettersi definitivamente alle spalle una crisi che ha messo in ginocchio l’economia e ha fatto schizzare la disoccupazione a livelli record.

Insomma, Rubalcaba pagherebbe gli errori del Governo Zapatero che ha avuto da un lato il merito di favorire alcune importanti riforme sociali e strutturali, ma che dall’altro ha reagito tardivamente e con poca efficacia alla tormenta internazionale e a un modello economico sorpassato.

Da parte sua Mariano Rajoy è un politico grigio, di apparato, delfino di Aznar, che ha lavorato pazientemente nell’ombra, svolgendo il ruolo di leader dell’opposizione. Non a caso il suo programma elettorale, intriso di liberismo, in realtà non offre quelle “chiavi” che tutti si aspetterebbero per imprimere al Paese una svolta. La sensazione è dunque quella che Rajoy vinca per inerzia, più per demerito degli avversari che per merito suo. Staremo a vedere.

Di sicuro, vinca l’uno o l’altro schieramento, è chiaro quello di cui ha bisogno la Spagna: una politica economico-fiscale in grado di rilanciare l’economia, l’occupazione e la competitività a livello internazionale  (e quindi riforme strutturali), un’attenta gestione dell’apparato pubblico per contenere i costi pericolosamente cresciuti negli ultimi anni, eppoi una mano ferma per quel che riguarda la gestione dei rapporti con le autonome e le trattative con i terroristi dell’Eta. Le Regioni hanno infatti “strappato” condizioni di favore (ad esempio sotto il profilo fiscale) che sono scappate di mano al Governo centrale. Mentre l’Eta continua ad essere una seria minaccia per la stabilità della penisola iberica.

“Cappello” comunque a Zapatero che ha deciso di farsi da parte e di anticipare le elezioni. La ragion di Stato ha infatti prevalso sugli interessi personali e di partito, il che non è affatto scontato. Quanto basta perché il premier possa uscire di scena a testa alta ed essere considerato uno dei principali riformatori sociali  del Paese. Come a dire che il suo mandato lascerà il segno.

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