Condividi

Elezioni in Francia: un voto che ha il sapore di un referendum non solo per Parigi ma per l’Europa. Tutti gli scenari possibili

Domenica 30 giugno il primo turno delle tormentatissime elezioni politiche francesi anticipate dal Presidente Macron per sfidare l’estrema destra di Le Pen. Dal voto dipenderà non solo il futuro della Francia ma quello dell’Europa e conterà molto anche per l’Italia. Mercati finanziari in ansia

Elezioni in Francia: un voto che ha il sapore di un referendum non solo per Parigi ma per l’Europa. Tutti gli scenari possibili

Il responso è solo quello dei sondaggisti, ma in Francia sembrano crederci prima ancora di recarsi nelle urne. A poche ore dal voto tutti danno per scontato che il prossimo premier lo deciderà Marine Le Pen, leader del partito di estrema destra Rassemblement National, l’ex Front National fondato da suo padre. Perché anche l’ultimo sondaggio, realizzato dal centro Elabe per la Bfm Tv, indica che il vincitore di queste elezioni anticipate sarà Jordan Bardella, segretario di Rn, con il 36%. Al secondo posto, con il 27,5%, si insedia il Nuovo Fronte Popolare, tutte le sfumature della sinistra insolitamente unite; mentre con il 20% arriva terzo “Insieme per la Repubblica”, l’area politica di Emmanuel Macron, guidata dal primo ministro Gabriel Attal. E come se si trattasse del risultato “vero” gli editorialisti hanno già iniziato le analisi.

Elezioni in Francia, quali sono gli scenari possibili

Prima di ogni altra riflessione, vista la marcia inesorabile del Rn, si constata che i lepenisti hanno polverizzato il cosiddetto “tetto di cristallo”, termine che finora veniva usato solo per la crescita del potere delle donne. Non c’è dubbio – annota il socialista Laurent Joffrin nel suo quotidiano editoriale su Lejournal.info, di cui è direttore – la Francia sta vivendo “una specie di liberazione dei sentimenti anti-élite, anti-mondializzazione, anti-immigrati, anti-Europa, senza che nessuno scrupolo morale sopraggiunga per fermare questa deriva”. Insomma, conclude melanconicamente, “la casa repubblicana brucia”.

Eppure non è accaduto ancora nulla e in ogni modo i francesi sembrano dimenticare che, qualunque cosa avvenga nelle urne, il 30 giugno e il 7 luglio, ci sono regole chiare e democratiche che dettano la prossima stagione politica della Francia.

Elezioni in Francia, la coabitazione se vince il partito di Le Pen

Per esempio, se i voti “veri” corrispondessero ai sondaggi, e cioè se sul serio il partito di Le Pen diventasse la prima forza politica francese, dovrebbe aprirsi una nuova esperienza di “coabitazione”, quel modo di governare che si pratica quando il presidente della Repubblica e il premier appartengono a schieramenti opposti, eventualità abbastanza caratteristica dei sistemi semipresidenziali come quello francese. D’altronde il termine “cohabitation” fu coniato proprio da un politico francese, il fine Eduard Balladur, nel 1983. Non sarebbe la prima volta a verificarsi, anzi a essere precisi sarebbe la quarta.

La prima coabitazione fu inaugurata dal presidente socialista François Mitterrand con il premier gollista Jacques Chirac (1986/1988); la seconda sempre con Mitterrand presidente e primo ministro proprio Balladur (1993/1997); e infine la terza si verificò con Chirac, diventato nel frattempo presidente, con primo ministro il socialista Lionel Jospin (1997/2002). Certo, mai si è verificato una coabitazione con un politico di estrema destra.

Ma anche qui, grazie al secondo turno, previsto dal sistema elettorale francese, se si volesse fermare la corsa dell’estrema destra basterebbe che il perdente di peso chiedesse ai propri elettori di votare gli avversari (o i non amici) del primo turno per faire barrage, “fare diga” contro l’estrema destra.

Elezioni in Francia, cosa dicono i sondaggi

Perché allora il clima da “ultimi giorni di Pompei”?

Perché il timore è che non andrà così. Secondo sempre lo stesso istituto di sondaggi, il 53% degli elettori potenziali del Nuovo Fronte Popolare ha dichiarato che non seguirà la consegna. Un tasso anche più alto, il 70%, si trova nel campo del presidente. E quindi il barrage? Adieu, non ci sarà. Sono lontani i tempi in cui i francesi tutti, gollisti, liberali e socialisti, alle presidenziali votavano insieme per il candidato moderato Chirac per sbarrare il passo a Le Pen padre, arrivato addirittura al ballottaggio.

A leggere le analisi e le cronache l’astio, le recriminazioni, l’odio politico potrebbero avere la meglio. A sinistra durante la campagna delle europee sono volati insulti e terribili offese, soprattutto dei melenchonisti contro il socialista Gluksmann. Mentre il presidente Macron le prendeva a destra e a manca aggiudicandosi addirittura il premio del politico più odiato di Francia.

Elezioni in Francia, perché Bardella non fa paura

Si può passare sopra tutto ciò? Si potrebbe se si volesse. E se non si vuole è perché qualcos’altro si è rotto. Sembra che sia proprio il racconto “repubblicano” a non funzionare più. Perché sarà pure vero che ogni giorno a Parigi sfilano cortei contro l’estrema destra, ma è altrettanto vero che il pupillo di Marine, il francese di origini italiane Bardella, non fa nessuna paura, anzi viene apprezzato anche da chi vota altrove per i modi tranquilli e la buona educazione. Tanto che, sempre secondo lo stesso sondaggio, un francese su cinque ritiene che il programma lepenista porterebbe alla guerra civile, e altrettanti sono quelli che pensano la stessa cosa dell’estrema sinistra melanchonista di “France Insoumise”.

Cioè fanno paura entrambi, Le Pen non ha più il monopolio della strega della favola. Il che riporta l’attenzione sulla scelta della destra moderata e dei macronisti di invitare al “ni-ni”, cioè non votare “né a destra né a sinistra”, perché nazionalisti e socialisti “pari sono”, Le Pen e Melenchon ugualmente autoritari, anti-semiti, filo-russi e anti-europei. Un’assimilazione che fa inorridire i socialisti che la trovano “francamente calunniosa”, ripetendo per l’ennesima volta che il Nuovo Fronte Popolare non è una copia del Fronte Nazionale, che sono radicalmente opposti, appartenenti a due campi intellettualmente incompatibili e che rilevano due filosofie nemiche. Insomma il “Nuovo Fronte Popolare è un cartello, un’alleanza di circostanza, un espediente elettorale destinato a impedire la decimazione di deputati della sinistra all’Assemblea”.

Ma se hanno bisogno di dirlo e ridirlo deve essere perché la scelta di andare insieme con Melenchon non è stata convincente. Così come Macron sente il bisogno di spiegare ogni volta che parla in pubblico perché ha deciso di sciogliere l’Assemblea rischiando di regalare alla estrema destra il governo del Paese. Messa alla prova – va sostenendo il presidente – la destra si dovrebbe rivelare un fallimento e di conseguenza vedrebbe diminuire il suo appeal nei confronti degli elettori.

Un azzardo, che ora non resta che andare a verificare. In conclusione, e comunque la si guardi, la situazione francese è del tutto aperta e ad alto rischio. I mercati finanziari, preoccupati fin da subito dalla performance dell’estrema destra alle europee, sono sull’allerta.

Come ha fatto notare Roberto Gusmerini, Head of Dealing di Ebury Italia, l’incertezza ha provocato già un ampliamento dello spread fra i titoli francesi e tedeschi mentre anche il principale indice azionario francese, il Cac 40, è sceso significativamente.

Elezioni in Francia, i timori internazionali e la guerra in Ucraina

Ma le preoccupazioni più forti riguardano ovviamente la politica, intesa anche come posizionamento internazionale. Marine Le Pen, dopo una fragile conversione sulle responsabilità russe nella guerra in Ucraina, è tornata a dichiarare il suo vero “amore”, quello per Putin. Lo ha fatto attaccando il ruolo del “capo delle forze armate” del presidente Macron che a suo parere è solo un “titolo onorifico” mentre “è il primo ministro che tiene i cordoni della borsa”. Spiegando subito dove volesse andare a parare: “Sull’Ucraina il presidente non potrà inviare truppe”. A parte il dibattito che ne è scaturito a colpi di articoli della Costituzione, è chiaro che alla leader premeva essenzialmente lanciare due messaggi. Il primo alla Russia, che si traduce in un semplice: tranquilli, ora arriviamo noi e cambiamo tutto, niente aiuti a Kiev, basta con le sanzioni, Mosca chiuda come vuole l’”operazione speciale” e torniamo alla pace. Il secondo messaggio è diretto al presidente in carica e ai francesi: nessuno si faccia illusione, se coabitazione dovrà essere, non sarà sicuramente come quella di “velluto” fra Mitterrand e Balladur, la battaglia sarà metro per metro per scardinare il fortino repubblicano e democratico.

Cosa dovrà temere l’Europa?

E l’Europa? Dovrà temere? Con o senza abito buono il sogno dei lepenisti e delle destre è sempre lo stesso: tornare alle nazioni. Ora puntano alla disarticolazione dall’interno, così come detta la nuova strategia dei sovranisti. D’altronde i “camerati” sono cresciuti un po’ ovunque e una parte degli Stati Uniti aspetta solo di liberarsi di qualche zavorra, Nato e Europa in primis. Con un po’ di pazienza e il presidente giusto anche questa sarà fatta. Poi sarà tutto in discesa. A meno che non si impiantino barrage.

Commenta