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Elezioni in Francia: “maggioranza plurale” o governo di coalizione se Le Pen non fa l’en plein? Tutti i possibili premier

FIRSTonline su foto Imagoeconomica

Se i sondaggi avranno di nuovo ragione, in questo secondo turno delle elezioni legislative in Francia, Marine Le Pen non avrà la maggioranza assoluta all’Assemblea Nazionale, il Parlamento francese, perché, come ha svelato l’Ipsos, numero uno fra gli istituti di ricerca demoscopica d’Oltralpe, il “barrage”, la “diga” contro l’estrema destra ha funzionato.

O, per meglio dire, “avrebbe” funzionato: perché fin a quando non si conosceranno i risultati veri, serve essere “prudenti, diffidenti e vigilanti”, come dicono i francesi.

Elezioni in Francia: l’appello di Macron servirà sì o no?

Un dato è certo, l’appello alla desistenza, da parte di Macron e dei leader del Nuovo fronte popolare è stato ascoltato: ora le sfide faccia a faccia fra candidati lepenisti e frontisti sono salite da 190 a 403 perché 126 candidati frontisti si sono ritirati per dare più chance a quelli di Macron; e 81 macronisti hanno fatto la stessa scelta per lasciare spazio ai frontisti. Servirà?

Non dobbiamo dimenticare che stiamo parlando di regole democratiche che, però, come fa notare più di un opinionista sui giornali francesi, potrebbero non essere compresi da quanti al primo turno hanno scelto il partito di Le Pen, premiandolo con il 33,1%, per odio sociale, avendo in animo di scardinare il tavolo democratico in una sorta di vendetta epocale contro “quelli in alto”, “i sapientoni”, i “perbene”, sentimenti che non si sono spenti in questa settimana e che potrebbero ravvivarsi ancora di più.

In verità, la prudenza è sul serio d’obbligo, basti ricordare come andò alle ultime elezioni legislative, quelle del 2022: due giorni prima dell’apertura delle urne i sondaggi avevano assegnato 40 seggi ai lepenisti, ma poi ne presero 89. Senza contare il fatto che il Nuovo Fronte appare veramente nebuloso visto che hanno detto chiaro e tondo che sono un cartello elettorale e che si scioglieranno il giorno dopo il voto. E allora?

Elezioni, ecco perché anche a sinistra qualcosa si è mosso

E allora la prudenza non deve però impedire di vedere che se qualcosa si è mosso a destra, con la possente avanzata dei lepenisti, anche a sinistra è accaduto qualcosa, dove da tempo non si vedeva una unità (necessitata è vero, ma sempre unità), come quella che ha costretto macronisti, mélenchonisti, socialisti, verdi e comunisti a stare insieme. Chissà che quelle forze non siano, loro malgrado, costrette a stare ancora insieme: non sarebbe la prima volta e nemmeno l’ultima che unioni elettorali si trasformino in governo, Italia docet.

Però è chiaro che la Francia, a meno di un paradossale errore dei sondaggisti, che non avrebbero visto la vittoria totale dei lepenisti, si avvia a percorrere un periodo di instabilità politica mai conosciuta negli ultimi anni; e ci sarà bisogno di tutta la pazienza, la tenacia e la competenza dei leader più preparati per arrivare a sbrogliare la matassa. Questo per dire che sarà difficile trovare una maggioranza di governo perché, a destra, come sostiene il capo di Ipsos, Brice Teinturier, sarà “quasi impossibile”, poiché “deputati gollisti che saranno stati eletti battendo un lepenista, non potranno poi allearsi in Parlamento con lo stesso partito”. Mentre a sinistra le proposte sono numerose.

Elezioni in Francia, gli scenari possibili dopo il secondo turno

Le ipotesi, come riportano i giornali, vanno da una “maggioranza plurale”, invocata dall’attuale premier, Gabriel Attal, alla elaborazione di una “grande coalizione”, immaginata dalla presidente dell’attuale Assemblea Nazionale, Yael Braun-Pivet, per giungere alla suggestione di un accordo minimo della durata di un anno suggerita dall’ex presidente François Hollande, prima di poter tornare di nuovo alle urne.

In nessun di questi casi è prevista la scelta di Jean-Luc Mélenchon come primo ministro, non a caso investito nella carica dagli avversari (oltre che da se stesso) perché è il nome che più divide e più rende sdrucciolevole la via che porta al governo della “diga” anti Le Pen, accusato come è dai suoi compagni di viaggio di essere un clone populista di Marine per quanto riguarda i valori di fondo: anche lui è antieuropeista, anti-Nato, antisemita. E infatti molti nasi si son dovuti tappare fra i macronisti per arrivare a scartare i propri campioni e scegliere quelli di Mélenchon se questi avevano una chance in più di battere il candidato lepenista.

Elezioni in Francia e maggioranza plurale: chi alla guida?

Se per miracolo però si arrivasse a questa “maggioranza plurale”, chi potrebbe guidarla? Escluso Mélenchon, ed escluso anche un macronista, visto la debacle del movimento, il nome che circola di più a Parigi è quello di Rafael Gluksmann, (figlio del filosofo André) che ha ottenuto un importante risultato alle europee (14%) guidando la lista del suo movimento, Place publique, insieme con il Ps. Altri nomi possibili sono un altro socialista, Boris Vallaud, l’ecologista Marine Tondelier, pure lei grande rivelazione delle europee, e Laurent Berger, l’ex leader del sindacato Cfdt.

Questo se si dovesse pescare a sinistra; nel caso si scegliesse una personalità nell’area di centrodestra anti-Le Pen, Edouard Philippe è colui al quale la “grande coalizione” piacerebbe molto, pur se ha il peccato originale di essere già stato premier di Macron e che il suo movimento, Horizons, non ha avuto quel successo che sperava alle europee.

Elezioni in Francia, l’ipotesi Hollande per la coabitazione

E poi sulla stampa spunta l’ipotesi più suggestiva di tutte, sebbene poco realistica: quella dell’ex presidente Hollande che, se supera la prova della sfida (a tre stavolta) nel suo collegio, la Corrèze, nella regione Nuova Aquitania, potrebbe essere l’uomo della coabitazione con Macron, che fu, come si ricorderà, ministro di punta all’epoca della sua presidenza, prima di lasciarlo e fondare il suo movimento una volta che capì che l’epoca dei socialisti era finita. Dicono che Hollande non abbia dimenticato il “tradimento” e forse per questo è ritenuto irrealistico che i due possano tornare a governare insieme.

Elezioni in Francia, cambio di strategia a destra

Nel frattempo nel campo lepenista, dopo la prova di forza degli avversari dimostrata dalle desistenze, hanno mutato strategia. Se Bardella aveva detto subito dopo il primo turno che avrebbe accettato di fare il premier solo se avesse ottenuto la maggioranza dei seggi, Marine ha corretto il tiro e ora sostiene che anche la maggioranza relativa basterebbe per nominare primo ministro il suo pupillo. La leader di RN confida infatti di trovare la ventina di seggi mancanti in aula cercando fra i dissidenti gaullisti che hanno seguito il presidente Eric Ciotti nella scissione; o semplicemente fra quelli che vogliono salire sul carro in cambio di qualche incarico, perché lo sappiamo, tutto il mondo è paese.

Intanto la leader ha dovuto fare un po’ di pulizia fra i più nostalgici dei nostalgici degli anni delle terribili dittature, che, se in Italia significa per qualche folle voler onorare il fascismo di Mussolini (la premier Meloni ne sa qualcosa dopo l’inchiesta dei colleghi di Fanpage sui giovani del suo partito a mano alzata e antisemitismo nel cuore), in Francia si intende rinverdire direttamente l’orrore nazista, come voleva fare la candidata Ludvine Daoudi, costretta a ritirarsi dopo che una sua foto, con un cappello con la svastica usato dalla Luftwaffe, ha fatto il giro della rete.

Macron, cosa c’è nel suo futuro

Questo è il quadro. Le urne lo definiranno in maniera chiara e significativa già alle 20 di domenica 7 luglio e la Francia vedrà bene il suo prossimo cammino. A questo punto è anche legittimo chiedersi quale sarà il futuro di Macron, del quale i più esagitati a sinistra, chiedono le dimissioni. La scommessa (l’azzardo) che lo ha spinto a sciogliere l’Assemblea prima del tempo con l’obiettivo di logorare l’estrema destra, non solo ne ha fatto esplodere il potenziale, ma ha condotto alla decimazione il suo movimento: dei 250 deputati che aveva, sempre secondo i sondaggi, gliene resterebbero tra i 95 e i 125.

Fra poche ore si capirà se il presidente ha visto lunghissimo, come uno scafato giocatore di scacchi che sacrifica anche la regina se vede la vittoria, poiché con il voto anticipato avrebbe ottenuto con l’isolamento dell’estrema destra anche l’unità del fronte repubblicano; oppure, lasciandosi prendere dalla furia dell’azzardo del giocatore di poker, avrà consegnato il paese ai criptonazisti e al caos. Inutile dire che speriamo vivamente nella prima ipotesi, non solo per i francesi, ma per gli europei tutti.

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