C’è qualcosa di più dei dati elettorali nelle elezioni svoltesi ieri in Germania. C’è un problema di decadenza di leadership. Leggevo con sgomento l’Economist (che frana sempre più verso la superficialità), che dedicava la sua copertina a Frau Merkel eleggendola a leader maxima europea. Chi abbia seguito la campagna elettorale tedesca in questi ultimi mesi non può che rabbrividire. Quando parlo della Germania mi viene sempre in mente il mio adorato Heine, esiliato a Parigi dai filistei, quei filistei che la Merkel impersonifica fino al midollo. È vero che l’ho incontrata a Bayreuth mentre, come me, era entusiasta di Wagner – mentre noi qui dobbiamo sopportare il bunga-bunga – e quindi si tratta di persona di solida cultura non a caso educata nella Germania Est alla cui fortuna scientifica si dedicò appassionatamente. Ma non v’è dubbio che durante la campagna elettorale non ha pronunciato una parola sui grandi temi internazionali o, che dico!, dei destini della Germania in Europa, e quindi dell’euro, delle politiche d’austerità, ecc.
Naturalmente il suo avversario non era da meno, anzi. Negli ultimi giorni ha fatto della volgarità oscena un suo cavallo di battaglia, calpestando una delle più gloriose tradizioni politiche del mondo, ossia quella della socialdemocrazia tedesca di Franz Mehring, di Willy Brandt, di Helmut Schmidt e di Oscar Lafontaine… E dimenticando, la socialdemocrazia, le posizioni economiche di un suo grande ministro dell’economia quale fu, tra la fine degli anni Sessanta e gli inizi dei Settanta del Novecento Karl Schiller, per non parlare di Helmut Schmidt, il più grande cancelliere della storia tedesca del dopoguerra dopo Adenauer.
La Merkel ha fatto la campagna elettorale da massaia, nascondendo tutti i problemi sotto il tappeto. E pensare che ce n’è di polvere: gli asset tossici della Deutsche Bank, i bilanci scassati delle Landesbänken, e soprattutto i guasti che la politica dell’austerità strombazzata ai quattro venti sta portando anche in Germania con il restringimento del mercato interno, grazie alla famigerate riforme Schroeder tanto osannate che hanno risolto i problemi nel breve, ma che hanno intaccato il cuore del modello produttivo tedesco, ossia sostenere la politica degli alti salari e quindi di alti consumi grazie all’aumento della produttività del lavoro che diventava in questo modo per gli imprenditori una necessità inderogabile.
Col commercio mondiale che cala e l’Europa che decade, i problemi per la signora Merkel negli anni futuri saranno terribili. Sì, perché è destinata a governare, quale che sia la coalizione che si formerà dopo questo risultato elettorale. La Cdu e la Csu ripeto, quale che sia la coalizione, sono destinati a essere l’ago della bilancia: non lo sono i socialdemocratici, non lo sono i Verdi e tantomeno i liberali che non entrano al Bundenstag. Angela Merkel ha conseguito un risultato straordinario, superando ogni previsione. Certo darà stabilità alla Germania perché ella è l’architrave di qualsivoglia governo di maggioranza. Buone notizie per le terre teutoniche, ma pessime per l’Europa.
Tutto è però incerto, oltre la corte dei risultati elettorali. Infatti, in politica vale il detto “mai dire mai”. Può anche darsi che Frau Merkel si spaventi perché, come le ha insegnato la politica della gioventù comunista della Ddr, al popolo si deve dare la bassa cucina del breve termine, mentre però il lungo e medio termine deve essere il pane quotidiano delle elite. Una persona che ama Wagner questo non può non saperlo. Una persona spregiudicata come colei che ha consegnato alla magistratura il suo maestro Kohl con un memorabile articolo sulla Faz dove lo accusava in sostanza di corruzione, questo non può non saperlo. Tanto più quando Alternative Fuer Deutschland, con le sue parole d’ordine anti-euro, è sulla soglia dell’ammissione al Parlamento, mentre i liberali ne sono esclusi! E Alternative Fuer Deutschland è una presenza costante che può erodere via via parte del suo elettorato.
Quindi molto dipenderà dalla pressione che i paesi colpiti dall’austerità teutonica eserciteranno su Frau Merkel nella fase di preparazione del nuovo governo, ossia nella fase di consultazione dei partiti. Italia, Francia e Spagna possono e debbono usare una pressione comune nel senso di convincere i tedeschi che bisogna riscrivere tutto il patto europeo se non si vuole che la frana ci travolga tutti, Germania compresa, Merkel o non Merkel. Guardiamo oltre le elezioni e non perdiamo la speranza.