Kenya, Giamaica, semaforo. Sono gli stravaganti nomi che potrebbero essere assegnati, in base al “colore” dei partiti che le comporranno, alle possibili coalizioni che andranno a formarsi in Germania dopo le elezioni federali, quanto mai incerte e quanto mai aperte a diverse soluzioni nella nascita di quello che sarà il primo governo dal 2005 senza Angela Merkel alla guida. Domenica 26 settembre 60 milioni di tedeschi sono chiamati alle urne: la metà dei deputati sarà eletta in collegi uninominali e l’altra metà sulla base di un sistema proporzionale con sbarramento. Dopo tre lustri di dominio Cdu, il partito di Frau Angela che comunque non ha mai avuto la maggioranza per governare da solo, molte cose stanno per cambiare ma ormai è certo che sarà ancora una volta Grosse Koalition: nei sondaggi nessuno dei candidati arriva al 30%, quindi verosimilmente serviranno tre partiti (per la prima volta non due) per raggiungere la maggioranza al Bundestag.
Stavolta però difficilmente sarà la Cdu ad esprimere il Cancelliere: il successore di Angela Merkel alla guida del partito conservatore, Armin Laschet, si è rivelato da subito un candidato debole e dovrebbe arrivare intorno o non molto sopra il 20%, superato nelle ultime settimane dall’incredibile rush di Olaf Scholz, il socialdemocratico, già vice Cancelliere e ministro delle Finanze nell’esecutivo uscente, che ha letteralmente resuscitato la Spd portandola al 25% e dunque in testa, grazie a promesse sociali molto esplicite, come il salario minimo a 12 euro l’ora. Ancora solide pure le aspettative dei Verdi, anche se la loro stella si è progressivamente spenta: i Grunen erano i favoritissimi fino a qualche mese fa, governano in diverse città e Land e alle Europee del 2019 hanno superato il 20%, ma poi il ticket Annalena Baerbock-Robert Habeck ha perso smalto, a causa soprattutto di qualche scivolone di lei, per la verità anche duramente colpita dai media per sviste tutto sommato veniali rispetto agli scandali che hanno ad esempio investito la stessa Cdu, implicata in una inchiesta sulle mascherine anti-Covid.
Nonostante i Verdi siano ancora il partito preferito dai giovani, che mettono i cambiamenti climatici in cima alle priorità (secondo un recente studio, in Germania solo il 19% dei giovani tra 14 e 17 anni considera l’economia più importante dell’ambiente), in Germania oltre la metà degli elettori è over 50 e dunque non c’è da stupirsi se i sondaggi li danno ora intorno al 17%, quindi al terzo posto. Quanto basta comunque per entrare molto probabilmente nella coalizione di governo e sarebbe una prima storica, segno che i tedeschi non sceglieranno del tutto in continuità con Merkel: la Cancelliera sarà sì rimpianta ma anche con la voglia di sperimentare qualcosa di nuovo. E magari di far entrare nell’agenda politica temi globali come il clima, le alleanze geopolitiche, le migrazioni, con più decisione rispetto alla salomonica quanto indiscutibile abilità della leader uscente.
La coalizione più probabile e più solida sarebbe la “Kenya”: i rossi della Spd, i neri della Cdu e i appunto i Verdi, come la bandiera del Paese africano. Messi insieme, questi tre partiti avrebbero sulla carta oltre il 60% dei seggi del Bundestag. Ma c’è anche la possibilità che Scholz, se vincitore, voglia dare una svolta a sinistra e optare per la maggioranza “semaforo”, sostituendo cioè la Cdu con i “gialli” della FdP, i liberali guidati da Christian Lindner, anche loro in grande ascesa con circa il 12% nei sondaggi. Nonostante le divergenze sulle politiche europee (Lindner è un “falco” e vorrebbe immediatamente ripristinare il Patto di stabilità), pare che formare un governo senza il centrodestra sia la soluzione preferita dallo stesso leader socialdemocratico, a patto di riuscire a far dialogare liberali e Verdi: ne verrebbe comunque fuori una maggioranza numericamente forte, con quasi il 60% dei seggi in Parlamento.
In alternativa ecco la coalizione “Giamaica”: Cdu, Verdi e FdP; nero-verde-giallo. Ma sembra inverosimile allo stato delle cose che quello che dovrebbe risultare il partito più votato, la Spd, rimanga del tutto fuori dal governo. Piuttosto, Olaf Scholz in caso di affermazione potrebbe rigiocare la vecchia carta della coalizione rossonera, quella già cara alla Merkel e composta solo da due partiti, Cdu e socialdemocratici. Al momento, allo stato dei sondaggi, potrebbero però non raggiungere la maggioranza dei seggi, o raggiungerla in maniera troppo risicata per governare stabilmente. La coalizione più a sinistra sarebbe invece quella rossa-verde-rossa, che affianchi dunque Spd e Verdi a Die Linke, il partito più a sinistra che sostiene antirazzismo, difesa del gender, frontiere aperte e femminismo. La sua leader, Janine Wissler, ha già lanciato segnali di dialogo a Scholz e Baerbock, ma in quel caso l’ostacolo è la soglia di sbarramento al 5%: i sondaggi danno Die Linke sul filo, intorno al 6%.
L’ultima tentazione potrebbe infine essere quella di un governo più orientato a destra, la soluzione preferita da Cdu e FdP se non fossero stati sorpresi dalla fulgida ascesa dei socialdemocratici: in questo caso i rossi della Spd dovrebbero piegarsi ad una alleanza con i neri della Cdu e i gialli della FdP, dando vita semplicemente alla maggioranza “Germania”, visto che questi sono proprio i colori della bandiera tedesca. L’unica certezza è che non ci sarà spazio per gli estremisti di destra di Alternative fur Deutschland, la cui solidità si sta ridimensionando nel corso del tempo: i sondaggi li danno tuttavia ancora sopra al 10%, che significa quinto partito e dunque non abbastanza per avanzare pretese.