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Elezioni europee, vademecum per sovranisti senza sovranità

Nella retorica sovranista la campagna elettorale per le elezioni europee di maggio abbonda di altisonanti quanto vuoti proponimenti sotto i quali c’è il nulla – Ma soprattutto i sovranisti nascondono la realtà più importante: per cambiare l’Europa bisogna perdere sovranità da parte dei singoli Stati

Elezioni europee, vademecum per sovranisti senza sovranità

La campagna elettorale per le prossime elezioni europee si è da tempo avviata grondando di parole con cui vestire il nulla. In particolare, nel lessico sovranista del governo gialloverde abbondano bellicosi e altisonanti proponimenti per cambiare questa Europa, per mandare a casa i burocrati di Bruxelles, per fare contare di più l’Italia e così via.

Come già sperimentato nella campagna elettorale che ha portato alla nascita di questo governo, mai si fa accenno agli strumenti da adottare per raggiungere siffatti risultati. Stante la modesta credibilità dell’attuale coalizione pare del tutto impossibile che questa possa esercitare sufficiente pressione per portare dalla sua parte altri governi e altri schieramenti. In particolare, i sovranisti tacciono che per “cambiare l’Europa” occorre perdere sovranità da parte dei singoli Stati. A meno che per accrescere la propria sovranità non si voglia imitare il traballante Regno Unito senza neppure disporre della memoria dei fatti dell’impero. Memoria che nel caso dell’Italia mal si presta a commuovere le masse anche nella vulgata più riduzionista dei guasti del ventennio mussoliniano.

Poiché molte delle proposte degli ostruzionisti non possono che transitare per il bilancio della UE, è opportuno ricordare e ai loro potenziali elettori che le norme dei trattati che regolano il bilancio della UE hanno radici nel passato, frutto di decisioni squisitamente politiche e non burocratiche. In questo caso la memoria storica potrebbe imporre ai sovranisti di vestire le parole con i contenuti.

Infatti, la predisposizione, la gestione e il controllo del bilancio annuale della UE hanno la loro base giuridica nei trattati dell’Unione che si sono susseguiti nel tempo.

È una lunga storia che si avvia con il trattato di Roma del 1957 ove furono definite sia le prime procedure di consultazione del Parlamento europeo da parte della Commissione europea per la formazione e del bilancio, sia il vincolo del bilancio in pareggio: ovvero che il bilancio è finanziato integralmente tramite risorse proprie. Seguirono il trattato del Lussemburgo nel 1970 e l’Atto unico europeo che definirono nuove procedure per la codecisione e la cooperazione tra le istituzioni i comunitari e il Parlamento europeo. Infine, il trattato di Lisbona nel 2007 ha assegnato al Parlamento europeo un nuovo ruolo sul bilancio della Unione in precedenza assegnato alla sola Commissione Europea (UE Trattati consolidati, art.14). È una lunga storia che ha sempre mantenuto il rigido vincolo del bilancio UE in pareggio.

Nel frattempo, nuovi stati hanno aderito all’UE. Oggi sono in numero di 28 in attesa, se avverrà, della uscita del Regno Unito dall’UE.

Si aggiunga che il Trattato di Lisbona ha posto alcuni nuovi formali e generali (forse generici) obiettivi cui deve essere finalizzato il bilancio dell’Unione (UE, Trattati consolidati, Titolo 1. Disposizioni comuni. art.2, art. 3). In particolare, tra gli obiettivi vanno ricordati: uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia; lo sviluppo sostenibile basato su una crescita economica equilibrata; una economia sociale di mercato fortemente competitiva che miri alla piena occupazione, al progresso sociale e alla qualità dell’ambiente; il progresso scientifico e tecnologico; la coesione economica, sociale e territoriale. Sono obiettivi di politica di bilancio necessariamente di lungo periodo che richiederebbero anche specificazioni di tipo quantitativo da programmare nel tempo, ma che purtroppo difettano.

Non dimentichino sovranisti di avvertire i loro elettori che per il perseguimento di siffatti obiettivi, a seguito dell’entrata in vigore del trattato di Lisbona, il Parlamento europeo condivide, oltre che con la Commissione anche con il Consiglio europeo il potere, seppure non vincolante, di decidere sull’intero bilancio annuale dell’UE nel rispetto degli obiettivi, dei vincoli e delle procedure molto complesse disciplinate dal trattato stesso. Ad esempio, l’esercizio dei poteri che governano il bilancio dell’UE si avvia ogni anno con il Consiglio dell’UE che adotta il bilancio annuale dell’UE insieme al Parlamento europeo mediante una procedura legislativa speciale, sulla base di una proposta della Commissione. Il Consiglio, tuttavia, può rettificare il bilancio annuale adottato, insieme al Parlamento europeo e formula una raccomandazione destinata al Parlamento stesso sull’opportunità di dare atto alla Commissione dell’esecuzione del bilancio annuale (UE. Consiglio europeo, 2016).

Nei fatti, lo ricordino i sovranisti ai loro elettori, l’equilibrio raggiunto tra i molteplici poteri che governano tutte le fasi del bilancio dell’Unione altro non è che il risultato finale della combinazione delle più diverse negoziazioni tra gli Stati. Ne consegue che un governo come quello gialloverde, il cui bilancio pubblico è sempre sottoposto a potenziali procedure sanzionatorie, non avrà molto peso del definire i nuovi equilibri, qualunque sia la maggioranza parlamentare che uscirà dalle prossime elezioni europee. Ma è anche vero che siffatto equilibrio altro non è che la conseguenza della cessione soltanto parziale di sovranità da parte degli stati membri a favore dei poteri dell’Unione. Ne consegue il rischio di immobilismo e/o lungaggini burocratiche/procedurali nell’azione dell’Unione, soprattutto nel caso di negoziazioni fallite e della conseguente mancata unanimità.

Gli esempi più significativi del rischio di potenziale immobilismo nell’affrontare i problemi economici e sociali emergenti in seno all’Unione o di cristallizzazione dell’azione dell’Unione stessa riguardano principalmente le procedure per l’adozione del QFP-Quadro finanziario pluriennale, (UE 2010.Trattati consolidati, Titolo II, Capo 2.). Questo documento infatti costituisce il vero e proprio architrave e vincolo per la predisposizione e la gestione del bilancio annuale (UE 2010, Trattati consolidati, Capo 3).

Analogo è il caso delle delibere relative alle risorse proprie dell’Unione (UE 2010.Trattati consolidati, Titolo II, art. 310, comma 4); al pari di quello per l’approvazione degli emendamenti apportati al bilancio annuale nel corso dell’esame parlamentare (UE 2010, Trattati consolidati, art. 294, comma 9).

Nel primo caso, è il Consiglio europeo che deve deliberare all’unanimità l’approvazione del QFP (UE 2010. Trattati consolidati, art. 312, comma 2), previa approvazione del Parlamento che invece si pronuncia a maggioranza dei suoi membri. In questo caso, per esemplificare un possibile conflitto, può succedere che i parlamentari di uno stato membro non votino il QFP e che anche il loro rappresentante in Consiglio europeo, per coerenza politica con il voto dei suoi parlamentari, non approvino il QFP facendo così venire meno l’unanimità dei votanti.

Nel secondo caso, quello che riguarda le disposizioni relative al sistema delle risorse proprie dell’Unione, è ancora una volta il Consiglio che deve deliberare secondo una procedura legislativa speciale che prevede l’unanimità di voto dei suoi membri, previa la sola consultazione del Parlamento europeo (UE. 2010.Trattati consolidati art. 311). Si aggiunga che la eventuale decisione di istituire nuove categorie di risorse proprie o di sopprimerne una esistente: entra in vigore soltanto previa approvazione degli Stati membri conformemente alle rispettive norme costituzionali.

Non dimentichino i sovranisti che il trattato, infine, prevede una apposita e complessa procedura per gli emendamenti che siano stati approvati a maggioranza dei membri del Parlamento europeo. In questo caso, il progetto di bilancio così emendato è trasmesso al Consiglio e alla Commissione affinché giungano ad una soluzione condivisa. Ma nel caso sorga un conflitto sul contenuto degli emendamenti spetta al solo Consiglio deliberare all’unanimità sugli emendamenti (UE 2010. Trattati, consolidati art. 294, comma 9), approvandoli o respingendoli.  Ovvero la unanime volontà dei capi di stati o di governo prevale su quella dei membri della Commissione e del Parlamento.

Infine, va ricordata una serie di norme e di vincoli per la gestione delle spese e delle entrate del bilancio dell’Unione che riguardano: a) il rispetto del principio dell’equilibrio del bilancio (inteso come bilancio in pareggio) che impone all’Unione di garantire che le spese siano finanziate entro i limiti delle risorse proprie dell’Unione (UE 2010. Trattati consolidati Titolo II, art. 310, commi 1 e 4); b) il rispetto del principio di annualità dei bilanci, per cui le spese iscritte nel bilancio sono autorizzate soltanto per la durata dell’esercizio finanziario annuale (

Al termine di questo vademecum per i potenziali elettori sovranisti va ricordato al governo sovranista di tipo giallo verde che per cessare di vestire con le parole il nulla, dovrà convincere i suoi potenziali elettori che per “cambiare la UE” si deve perdere (ahimè!) sovranità interna e che per non essere minoranza irrilevante nel parlamento dovranno essere politicamente credibili e affidabili nei confronti degli altri paesi e delle loro élite.

Una strada in salita per chi non dovrebbe mentire agli elettori italiani ed europei con parole che vestono il nulla, che ricorre alla spesa pubblica a gogò per consensi di breve periodo; che trascura ogni accenno alla scandalosa evasione fiscale il cui gettito potrebbero essere riservato alla riduzione dello stock del debito pubblico in ammontare assai più consistente che gli annunci sulla crescita del Pil.

1 thoughts on “Elezioni europee, vademecum per sovranisti senza sovranità

  1. con Paesi stracarichi di Storia come quelli Europei la vedo dura a perdere sovranità. Gli USA continente federale per eccellenza è nato federale dietro non c’era il nulla solo la disperazioni di 4 naufraghi
    L’ Europa deve scegliere una terza via che non so quale può essere, altrimenti farà la fine dell’ Italia del ‘600 tanti statarelli fagocitati dal “signore” di turno

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