I candidati di tutti i paesi al Parlamento europeo non trascurino gli agricoltori. Al confine tra Spagna e Francia i sindacati degli agricoltori hanno inscenato nuove proteste chiedendo agevolazioni sui combustibili, condizioni economiche più favorevoli per le esportazioni e nuovi limiti alle importazioni da paesi come l’Ucraina. Il vento della ribellione torna a spirare a pochi giorni dalle elezioni con gli agricoltori di due paesi forti dell’Ue a riaccendere la miccia. I 500 che si sono radunati lungo punti strategici della frontiera franco-spagnola hanno mandato un segnale preciso ai partiti impegnati nella campagna elettorale per Strasburgo e Bruxelles. Le mobilitazioni di questo inverno sono state soltanto sospese, sappiate che le richieste sono tuttora aperte. Chi le accoglierà? Il premio in voti è assicurato.
Tutti i leader hanno affrontato il tema nei comizi e nei talk show, ma evidentemente non sono stati convincenti come il movimento dei trattori voleva e vuole. L’agricoltura è il secondo comparto economico dell’Ue e la forza d’urto dei nazionalismi più esagitati, sul finire della legislatura, ha intaccato i capisaldi di quella Politica comune – Pac – che la “coalizione Ursula” aveva faticosamente costruito. La sponda nazionalista all’agricoltura fa da argine a qualsiasi operazione comunitaria, di progresso, di sostenibilità. L’Ue vuole annientare identità e tradizioni, si dice. Qualità ambientale e metodi innovativi nella gestione delle aziende agricole sono visti come fumo negli occhi sparso da organismi europei purtroppo fallimentari nel coinvolgimento degli attori principali.
Il caro carburante sottovalutato
I tavoli negoziali e le commissioni di lavoro tra Bruxelles e Strasburgo hanno generato il mostro dei contrari-favorevoli, dell’incasso dei contributi agricoli a mano armata. Il piano finanziario della Pac approvato dal Parlamento europeo è di 380 miliardi di euro fino al 2027. È un terzo del bilancio dell’Unione che ai coltivatori e allevatori non provoca affatto disgusto. L’aumento del costo del carburante, vessillo stradale dei trattori, è una verità. Avrebbe dovuto far scattare subito interventi di sostegno per tutto il comparto, prima che la bandiera finisse nelle mani di leader ultranazionalisti. La Commissione Ue non lo ha fatto. La sinistra non ha capito che un mondo a lei legato si stava allontanando e che i gruppi più conservatori e antiambientalisti erano pronti a scardinare un sistema nascente. La trama economica e sociale del Green Deal andava aggiornata e lo spazio per i rivali non ci sarebbe stato.
Alla vigilia delle elezioni di domenica prossima il cerchio politico spostato nelle campagne si è definitivamente chiarito. Osteggiando le importazioni dall’Ucraina, la protesta agricola si è sovrapposta alla contrarietà agli aiuti al paese colpito dall’aggressione russa. Il premier ungherese Viktor Orban è diventato il portavoce di un miscuglio di millanterie, protezionismo identitario e negazionismo ambientale e climatico. Tra produrre energia elettrica con centrali a carbone e alimentazione nazionale con “prodotti di casa” non c’è differenza.
Cosa c’è dopo il 9 giugno?
Cosa ci riserva il dopo 9 giugno? Gli errori della Commissione europea uscente sono riparabili se si accetta il principio che dai campi e dalla capacità degli agricoltori deve nascere un nuovo modo di produrre, nutrire, consumare. La destra ha un’idea antistorica quando il mondo era frazionato in territori autoregolamentati. La difesa delle tradizioni e dei confini dentro i quali si semina, si coltiva e si vende è indebolita dal progresso e delle tecnologie di cui l’Europa ha bisogno per vincere con la qualità e aprirsi ai mercati mondiali.
Austerità e protezionismo in un comparto vitale per 450 milioni di persone hanno provocato danni enormi alla salute, all’ambiente, alle aziende, all’export. Chi agita lo spauracchio delle farine di insetti, dei pomodori cinesi, del grano ucraino sulle tavole delle famiglie preferisce i capitomboli al salto in lungo. Voteremo per evitare pericolosi capitomboli e per dispiacere i sovranisti “cacio e pepe “.