Alle elezioni suppletive del Senato per il collegio di Monza ha votato solo il 19,23% degli aventi diritto.
Elezioni Monza: Galliani versus Cappato
Di questi, il 51,46% ha scelto il candidato del centro-destra Adriano Galliani, legatissimo al defunto Silvio Berlusconi: basti dire che Galliani è l’amministratore delegato della squadra di calcio del Monza.
L’opposizione di centro-sinistra si era compattata dietro la candidatura di Marco Cappato, storico dirigente radicale noto per le sue battaglie a favore dei diritti civili e in particolare per il diritto di morire con dignità, ossia per l’eutanasia e la possibilità di rifiutare l’accanimento terapeutico.
Nonostante fosse sostenuto da Pd, Movimento 5 Stelle, Azione, Possibile, Più Europa, Radicali Italiani, Verdi e Sinistra Italiana, Libdem, Socialisti e Volt, la proposta Cappato si è fermata al 39,53%. Il resto è andato a formazioni minori, nessuna delle quali ha superato il 2 per cento.
Non è strano che la Brianza elegga un candidato di centro-destra: siamo nella terra di Berlusconi, e Galliani ha il profilo che più piace agli elettori berlusconiani, cioè un politico che non è tale, e che si propone all’elettorato solo in ragione della sua fedeltà al grande capo e della sua connotazione calcistica (del resto, in un partito che si chiama “Forza Italia”…).
Il crollo dell’affluenza
Quel ch’è strano, semmai, è che a votarlo siano stati così in pochi: in fondo, alle elezioni politiche del 2022, nella medesima circoscrizione elettorale l’affluenza era stata del 75%.
In questo contesto di urne semideserte, però, ancor più strano è che non abbia vinto Cappato. Mi spiego meglio.
Quella di Cappato era una candidatura forte, con idee chiaramente profilate e una storia di battaglie condivise, secondo i sondaggi, da una netta maggioranza d’italiani. Mi riferisco, naturalmente, alle battaglie per l’eutanasia: basti dire che i referendum del 2022 sulla giustizia (colpevolmente proposti dai radicali insieme a Salvini) sono falliti perché la Corte costituzionale li aveva disaccoppiati da quelli sull’eutanasia e la legalizzazione della cannabis (meritoriamente proposti dai radicali, ovviamente senza Salvini).
Tutte le analisi concordano sul fatto che, se la Corte avesse ammesso quei due referendum, la gente sarebbe andata a votare in massa, tirando la volata anche ai referendum sulla giustizia.
Quindi, in buona sostanza: un elettorato generalmente conservatore, anziano e timoroso del nuovo non era disposto a seguire la destra sulla giustizia, mentre lo era a seguire i radicali sull’eutanasia.
In un momento in cui il governo nazionale è saldamente in mano alla destra, e visto che le elezioni suppletive non vengono percepite come importanti, ci si sarebbe aspettati che, se proprio gli elettori volevano stare a casa, lo avrebbero fatto per non votare Galliani, che non portava idee nuove e comunque avrebbe semplicemente appoggiato l’attuale maggioranza.
Ci si sarebbe cioè potuti aspettare che stessero a casa soprattutto gli elettori di destra, vuoi per protestare contro il governo se non erano soddisfatti del suo operato, vuoi perché contenti di come andavano le cose e dunque più difficili da mobilitare per un’elezione “minore”.
In pratica, avrebbero dovuto andare a votare soprattutto gli elettori di sinistra, scegliendo Cappato e la sua proposta. E invece sono stati a casa tutti, di destra e di sinistra.
L’astensionismo della sinistra
A questo punto, ci sono due possibili spiegazioni: o la proporzione fra elettori di destra e di sinistra a Monza e dintorni è talmente sbilanciata che la sinistra non può vincere chiunque proponga, oppure gli elettori di sinistra e gli indecisi mentono quando protestano che andrebbero volentieri a votare se ci fosse una proposta politica credibile.
Stavolta non mi sembra che la colpa del risultato elettorale sia di Zingaretti, di Enrico Letta, di Elly Schlein o più in generale dei maggiorenti del Pd, delle loro faide interne, delle loro difficoltà a prendere l’iniziativa politica.
Mi sembra piuttosto che ci sia una responsabilità di chi, pur non volendo la destra, non va comunque a votare, neanche se gli propongono qualcosa in cui a parole si riconosce.
Abbiamo già sentito abbondantemente il j’accuse ai dirigenti, che non riescono a intercettare i voti popolari perché parlano in modo incomprensibile e propongono cose che interessano solo alle minoranze.
Adesso sarebbe bello capire cosa voglia davvero il cosiddetto “popolo della sinistra”, perché dopo questi risultati non appare poi così limpidamente chiaro.