Le elezioni anticipate per il rinnovo del parlamento regionale della Catalogna hanno complicato molto il quadro politico nel “motore industriale” della Spagna. Le consultazioni erano state convocate dal governatore Artur Mas sull’onda di una gigantesca manifestazione per l’indipendenza andata in scena a Barcellona lo scorso settembre. Mas sperava di ottenere con il suo partito nazionalista moderato Convergencia i Uniò (CiU) la maggioranza assoluta di 68 seggi per poter governare da una posizione di forza e intraprendere un duro confronto con Madrid. Invece è crollato invece da 62 seggi a 50. Grande risultato per il partito indipendentista di sinistra Esquerra Republicana de Catalunya (Erc), passato da 10 a 21 seggi.
Il partito di Mas ha ancora la maggioranza relativa e guiderà di nuovo il governo, ma non potrà essere “unico responsabile della governabilità” della Catalogna, ha ammesso il governatore. Il leader di CiU ha confermato quanto già detto prima del voto, cioè che anche senza maggioranza assoluta vuole “andare avanti” con il processo di consultazione referendaria sull’indipendenza che il governo centrale di Madrid taccia di incostituzionalità. Ma ha anche ammesso che per “guidare un processo difficile” come quello di indipendenza “serviva un governo forte, con una maggioranza eccezionale”, che non c’è stata.
“E’ evidente che non abbiamo ottenuto questa maggioranza eccezionale, siamo lontani, al di sotto dei risultati di due anni fa”, ha dichiarato Mas, il volto cupo, all’Hotel Magestic, dove si erano radunati ieri sera migliaia di militanti della CiU. “Bisogna avviare un periodo di riflessione generale sulla politica catalana, fin dai prossimi giorni”, ha aggiunto Mas, invitando gli altri partiti a “riflettere, perché la Ciu non ha la forza sufficiente per condurre da sola questo percorso” verso l’autodeterminazione. “La situazione è più complicata, ma questo non vuol dire che il paese debba rinunciare ai suoi obiettivi”.
In un’apparente profferta di alleanza agli indipendentisti repubblicani, Mas ha detto che gli obiettivi del suo nuovo governo devono essere la ripresa della crescita, dell’occupazione e delle spese sociali: riferimenti, soprattutto gli ultimi due, cari alle sinistre, che hanno sempre rimproverato al governo di CiU troppi tagli a sanità e istruzione, in ossequio all’austerity imposta da Madrid e Bruxelles.
Esquerra Republicana, per bocca del suo leader Oriol Junqueras, si è mostrata conciliante e pronta a venire incontro al partito di Mas. Tuttavia una convivenza al governo delle due formazioni – che al momento sembrerebbe l’ipotesi più probabile – non si preannuncia facile.
CiU, partito della borghesia catalana imprenditoriale di centro-destra, appare ora sempre più diviso fra la corrente più progressista e indipendentista di Convergència, e quella più conservatrice di Uniò. Quest’ultima non ha mai apprezzato la svolta filoindipendentista di Mas e vede un’alleanza con Esquerra come fumo negli occhi.
I socialisti catalani, partito tradizionalmente forte e maggioritario nella città di Barcellona, sono scesi invece al terzo posto anche se hanno limitato i danni rispetto alle previsioni della vigilia perdendo ‘solo’ 8 deputati contro i 10 che si temevano. Anche questo partito, emanazione locale del Psoe spagnolo, appare diviso e in difficoltà: una piccola ala più catalanista sarebbe a favore del referendum ma la maggioranza del partito resta contraria e propone una soluzione federale che, a quanto pare, non ha convinto gli elettori.
La grave crisi economica che ha colpito la Spagna non ha risparmiato la Catalogna e si è riflessa nei buoni risultati ottenuti da altre due formazioni di sinistra: i verdi di Iniciativa-Verds (passati da 10 a 13 seggi) e gli anticapitalisti indipendentisti dei Cup, che entrano per la prima volta al parlamento regionale con tre seggi. Questi partiti sono favorevoli a un referendum sull’indipendenza ma sono sempre stati ai ferri corti con CiU sulle politiche sociali e promettono di rendere la vita di Mas complicata nel suo secondo mandato.
Infine, il Partido popular (Pp), espressione della destra spagnola post-franchista, fortemente contrario all’indipendenza e tradizionalmente minoritario in Catalogna, è rimasto quarta forza politica nella regione. Se un’alleanza fra CiU e gli indipendentisti di Esquerra dovesse mostrare in fretta i suoi limiti, il Pp potrebbe cercare di approfittarne per tentare i nazionalisti moderati di Mas con un appoggio esterno.