Morto un Papa, se ne fa un altro. Fuori Lula, per il quale i giudici hanno confermato la condanna e dunque l’ineleggibilità alle prossime elezioni presidenziali del 7 ottobre, sulla scena politica brasiliana irrompe il suo delfino Fernando Haddad, avvocato di origini libanesi e inizialmente indicato come vice dal leader del Partito del Lavoratori, quando ancora pensava di potersi candidare nonostante la sua detenzione (è condannato a 12 anni per corruzione) nel carcere di Curitiba. Haddad, 55 anni, è stato già ministro sia sotto Lula che sotto Dilma Rousseff, oltre che sindaco della più importante città del Brasile, San Paolo, fino a gennaio 2017. I sondaggi del primo turno lo danno ancora dietro al capo dell’ultra destra Jair Bolsonaro, che ha “beneficiato” anche di un attentato con tanto di accoltellamento all’addome, dal quale fortunatamente si è ripreso, ma al ballottaggio vincerebbe proprio lui, candidato dell’ultim’ora dopo che il forfait forzato di Lula sembrava poter aprire la strada ad altri candidati dell’area di sinistra, da Ciro Gomes del Partito Democratico Laburista all’ambientalista Marina Silva, precipitata invece al 5% nelle intenzioni di voto, dal 12% di cui era accreditata un mese fa.
Bolsonaro, che dopo l’attentato è passato dal 20% al 28% nei sondaggi (contro il 19% di Haddad, cresciuto anche lui dal 6% di inizio settembre, quando Lula era ancora ipoteticamente in lizza), non avrebbe comunque un consenso tale da evitare il secondo turno, e in quel caso il fronte democratico, compreso il candidato del centrodestra Geraldo Alckmin (oggi fermo al 7%), si compatterebbe a favore di Haddad, o meglio contro quello che è considerato il “Salvini brasiliano”. I sondaggi del ballottaggio danno dunque Haddad favorito per la vittoria finale, con Bolsonaro (che in campagna elettorale non ha lesinato nemmeno propositi esplicitamente omofobi) che resterebbe al di sotto del 40%. Ma chi è il possibile prossimo presidente del Brasile, chiamato a risollevare il più popolato Paese del Sudamerica nel suo momento più buio, dopo gli scandali giudiziari e la crescita economica che è solo un lontano ricordo? Paulista, cristiano ortodosso, Haddad è docente di Scienze Politiche all’università di San Paolo. La sua formazione è di tipo marxista: proprio su Marx, sul socialismo e sul sistema socio economico dell’Unione sovietica ha scritto due pubblicazioni accademiche. Nel 2004 ha scritto il suo ultimo libro, dal titolo: “Lavoro e linguaggio per rinnovare il socialismo”.
Haddad rappresenta l’ala moderata del Partito dei Lavoratori: proprio per questo non è del tutto gradito a Lula, che avrebbe preferito cedere la mano all’ex governatore di Bahia Jacques Wagner, che però ha rifiutato. Sposato, con due figli, Haddad ha iniziato come analista bancario nel 2001, poi è stato Ministro dell’Istruzione sia con Lula che con Dilma, anche se nel secondo caso non ha completato il mandato, per candidarsi a sindaco di San Paolo nel 2012. La sua esperienza come primo cittadino della città più popolata del Brasile è stata controversa, anche se per certi versi innovativa, soprattutto sul fronte degli esperimenti sulla viabilità. Lula lo nomina poi coordinatore del suo programma di governo e, da quando è in carcere, Haddad in quanto avvocato è tra le poche persone autorizzate a incontrarlo regolarmente. Il contatto diretto con il leader storico, il presidente tuttora più amato dai brasiliani, gli è valso questa inaspettata sfida, con la realistica prospettiva di vincerla.
Ma ancora c’è gente che crede alle promosse di politici di sinistra, specie in Sud America? Ma non sono sotto gli occhi di tutti gli sfavillanti traguardi raggiunti nella redistribuzione della ricchezza in Venezuela (cioè tutti poveri) oppure quasi 15 anni (ma almeno la magistratura è riuscita a porre fine) del duo Lula-Rousseff non sono bastati ai Brasiliani per finire in brache di tela?