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Elezioni amministrative, le insidie del dopo voto

Sono tre gli elementi che caratterizzano il risultato delle elezioni amministrative, che si sono concluse domenica e lunedì scorsi con il turno di ballottaggio: la pesantissima sconfitta del centro-destra, con la Lega pressoché scomparsa al Nord e con il partito di Berlusconi che viene travolto anche in Brianza; il buon risultato del Pd e del centro-sinistra, che ribaltando letteralmente i dati di partenza, conquistano circa i tre quarti delle amministrazioni in palio; il forte segnale di disaffezione degli elettori dalla politica che si concretizza nell’altissima percentuale di astensionismo in quasi tutte le città e, con ancora maggior visibilità, nel netto successo delle liste del movimento cinque stelle a Parma, ma non soltanto a Parma. Vale la pena notare che un sondaggio reso noto ieri da “La 7” accreditava la formazione grillina di un 12 % su tutto il territorio nazionale. Questi tre elementi evidenziano un dato più generale con i quali governo e partiti dovranno d’ora in poi fare i conti: la gran parte dei voti sono oggi in movimento, cioè non rispondono automaticamente agli schieramenti politici che hanno caratterizzato l’incerta vita della seconda Repubblica.

Se questo è il quadro politico uscito dal voto di questi giorni, la domanda principale è: quali saranno gli effetti immediati sul governo Monti? La successiva è: come si prepareranno le forze politiche alla prossima scadenza elettorale, destinata da ieri in poi a condizionare le rispettive mosse tattiche e strategiche? Il governo andrà avanti con la sua politica che dovrebbe a questo punto incentrarsi, oltre che sul rigore, sulla crescita. Sarebbe sciocco e autolesionista dilapidare il credito che Monti è riuscito ad ottenere in campo internazionale, collocandosi, come hanno dimostrato i recenti vertici internazionali, al centro di un panorama politico che, messo in movimento dall’arrivo di Hollande, non appare più soltanto Merkel-dipendente. Ma il problema è se e come i partiti, scossi dai risultati elettorali, riusciranno ad assicurare il proprio sostegno al governo.

Bersani ha detto con chiarezza che per il Pd il problema della salvezza del Paese è al primo posto e che il sostegno a Monti non è in discussione. Poi però ha anche spiegato che il suo partito non potrà stare fermo. Esigerà di ottenere dei risultati. Sul piano della crescita economica e del lavoro. Ma non soltanto. Innanzitutto il Pd vuole portare in porto in questa settimana il dimezzamento del finanziamento pubblico ai partiti. E qui è probabile che raggiunga l’obiettivo, anche se è possibile che fino all’ultimo ci sarà qualche manovra dilatoria. Ma poi c’è la questione della legge elettorale, con il rilancio della proposta di doppio turno per contrastare la frammentazione. E qui le prospettive sono incerte. Perché il Pdl potrebbe anche aprire qualche spiraglio, ma in cambio vorrebbe la riforma presidenziale, per realizzare la quale non ci sono assolutamente i tempi, visto che, trattandosi di modifica costituzionale, necessiterebbero almeno quattro letture parlamentari e magari un referendum confermativo.

E qui i problemi si spostano a destra. Commentando i risultati elettorali, i più autorevoli esponenti del Pdl hanno sostenuto che la “debacle” è dovuta al prezzo pagato per sostenere il governo Monti e la sua politica di rigore. Tesi plausibile, anche se resta da chiedersi se non sarebbe il caso di chiedersi se gli elettori non abbiano anche voluto punire i risultati ottenuti dal governo Berlusconi-Bossi. Ma allora come farà il Pdl a continuare a sostenere il governo Monti? E’ probabile che il Pdl mantenga il sostegno all’esecutivo, almeno a parole. Ma al tempo stesso ne delimiti sempre più l’area d’intervento. Per esempio, impedendo ogni possibile riforma o intervento in tema di lotta alla corruzione e più in generale di giustizia. Senza contare che, come si è visto a Parma, a destra è forte la tentazione di cavalcare l’onda protestataria dei grillini (i quali ce l’hanno con Monti e con le tasse e imprecano contro Equitalia) in nome di una sorta di “muioa Sansone con tutti i filistei”.

Un atteggiamento del genere non potrebbe restare senza risposta da parte del Pd, che si sente favorito per le prossime elezioni. E che sa che per vincere le quali dovrebbe riuscire a portare a casa anche una decente legge elettorale. Per ottenere la quale però ci dovrebbe essere anche una convergenza con il centro-destra. La quale al momento sembra, se non lontana, almeno molto difficile. Di tutte queste cose potrebbe fare alla fine le spese il governo Monti, che si vedrebbe così costretto a tirare a campare fino alla prossima scadenza elettorale, alla quale ormai manca meno di un anno.

Un’ ultima chiosa. Bersani si è lamentato ieri dell’avarizia con la quale alcuni osservatori politici valutavano l’eccellente risultato del suo partito e per la tendenza degli stessi a parlare genericamente della categoria dei pariti. Ha ragione: i partiti non sono tutti uguali e il risultato del Pd è indiscutibile. Però attenzione. L’avvertimento che viene dall’altissima percentuale di astensionismo e dal successo (serio) della formazione del movimento 5 stelle, è rivolto anche a soprattutto al Pd. Per il quale la foto di Vasto, pur imprescindibile, potrebbe non bastare a vincere le prossime elezioni politiche.

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