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Elettrodomestici, Sears fallisce: cosa cambia per Electrolux e Whirlpool

Wikimedia Commons

Quello che è stato in passato il primo retailer di elettronica ed elettrodomestici degli Usa, Sears, ha chiesto l’accesso al Chapter 11 a un tribunale fallimentare di New York, come già da mesi aveva previsto il blog La casa di Paola. In pratica è fallita. Nessuna sorpresa, men che meno per i fornitori, che da tempo avevano ridotto le consegne. I competitor di Sears invece vantano crescite anche a due cifre, brindando a ulteriori fortune. Ignorando o facendo finta di ignorare che il ritmo delle chiusure di catene e centri commerciali negli Usa è molto rapido e che, terminata la divisione delle spoglie di Sears, qualcun altro comincerà a barcollare.

Quanto ai fornitori, Whirlpool che aveva un contratto con Sears come OEM per il marchio Kenmore ha continuato a fornire i maiap ma in totale i suoi crediti dovrebbero valere meno del 2 per cento, assegnando alla società il settimo posto come creditore non garantito.

TRA I FORNITORI SOFFRE ELECTROLUX

Quanto alle mancate vendite da parte di Sears degli elettrodomestici del gruppo, da tempo Whirlpool aveva trovato canali alternativi e nuovi. Electrolux, pur avendo cercato e trovato altri sbocchi commerciali, ha dichiarato che in realtà la botta c’è stata sui conti poiché fatturava con Sears il 10 per cento della cifra d’affari totale in Usa. Ed ha aggiunto che collaborerà il più possibile affinché il proseguimento dell’attività di vendita dei negozi, sia pure ridotta, possa diminuire l’esposizione che tradotta in milioni di dollari è salita a quota 18,6. Daewoo avanza 12, 2 milioni di dollari mentre Samsung ha crediti per 8 milioni.

Se i creditori, sia pure da tempo all’erta, fingono di non essere molto preoccupati, ben più vistose sono state le reazioni positive dei concorrenti che hanno quasi tutti ottenuto notevoli aumenti delle quote di mercato, dividendosi le spoglie del gruppo in fallimento.

BRINDISI DEI COMPETITOR

Secondo l’UBS a guadagnarci di più sono stati i giganti come Best Buy, Lowe’s e the Home Depot, i cui punti vendita sono per l’80 per cento sovrapponibili a quelli, situati a non più di 15 minuti d’auto, della Sears. L’uscita dalla gestione Capitre 11, nonostante un piano finanziato di risanamento e di chiusure di negozi, non è affatto sicura e già l’hanno dimostrato negli ultimi anni le bancarotte di Circuit City, CompUSA, e di altri giganti del trade americano. Analizzando le cause del disastro Sears infatti emerge che gli errori finanziari ripetuti e prolungati, il dumping commerciale di Amazon, una mancata riorganizzazione e un ritardo gigantesco nella multicanalità e nell’e-commerce, sono quasi impossibili da riparare e da evitare.

Sears e Kmart (l’altro brand della società) hanno avuto per così dire la disgrazia di essere stati gestiti a lungo da Eddie Lampert e dal suo hedge fund ESL Investments che ha massacrato – come sottolinea il blog La Casa di Paola – sia il forziere del suo fondo sia quello delle vendite Sears e Kmart sin dagli anni 90. Purtroppo vale sempre il proverbio che “errare è umano ma perseverare è diabolico”.

Da queste disgraziate vicende gli altri retailer stanno imparando qualcosa ma gli analisti sono d’accordo su una previsione: se non si contengono entro i confini di una competizione leale Amazon, Alibaba e altri big dell’e-commerce, i centri commerciali e la GD e la GDO continueranno a chiudere. Il 2018 infatti chiuderà con un record di chiusure di punti vendita di diverse categorie: circa 9mila contro i 6.900 del 2017, considerato un livello quasi imbattibile. “È in realtà – scrive Business Bourse – un’Apocalisse che non sembra aver fine”.

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Categories: Economia e Imprese