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Elettrodomestici: incontro decisivo per Beko Italia, ma la Beko non ci sarà. E nemmeno il ministro. Altro che golden power

Imagoeconomica

“Enrico, stai sereno” disse dieci anni fa Matteo Renzi al premier Enrico Letta poco prima di prendere il suo posto. Con un involontario riferimento a quella ormai celebre frase, ieri il ministro Urso, rivolgendosi ai dipendenti dei cinque stabilimenti italiani ex Whirlpool-ex-Merloni ora Beko Europe a rischio chiusura, aveva detto: “State sereni, abbiamo esercitato il golden power. E oggi, 20 novembre, i turchi della Beko presenteranno il piano industriale per l’Italia, il loro piano di investimenti, le prospettive di sviluppo in ogni stabilimento, le prospettive di tenuta occupazionale in ogni stabilimento e poi – conclude – grazie all’esercizio della Golden Power, sarà possibile avere un confronto nel merito prima di ogni decisione”.

Beko non ci sarà

Due fatti assolutamente non veri, anzi tre. Primo: oggi a Roma, alle 15,30, all’incontro con ministro e sindacati, i rappresentanti turchi della Beko non ci saranno ma solo i rappresentanti italiani. E non ci sarà nemmeno il ministro. Al suo posto la sottosegretaria del Mimi, Fausta Bergamotto. Inoltre, non si sa quando il fantomatico e annunciato da Urso, piano industriale ci sarà. Secondo: il Golden Power in accordo con la politica industriale europea – e con il buon senso – deve essere usato per settori di elevato valore strategico per il Paese e con contenuti hi tech di particolare valore. Il che non sembra esattamente il caso degli elettrodomestici che pur costituendo questi una manifattura-filiera molto importante (vale circa 15-20 miliardi di euro compreso il retail e la componentistica).

Le chiusura in Polonia? Decisa a prescindere

Terzo fatto non vero. Secondo Urso, “il fatto stesso che in questi mesi abbiano annunciato la chiusura di altri stabilimenti in Europa, mentre in Italia sono al tavolo di confronto con i sindacati e con le regioni, garantito e presieduto dal Ministero, ci deve dare più serenità”. Non è vero che l’intenzione di esercitare il Golden Power sia servita a far cambiare idea ai turchi sulla chiusura di alcuni siti italiani, fermando anzi due siti polacchi. La chiusura degli stabilimenti polacchi – che sono tre e non due – era stata decisa dal board turco ben prima di quando nel maggio 2023 Urso aveva parlato di Golden Power. Questa non coincidenza di date forse è sfuggita al ministro.

Beko vuole i brand

Occorre sottolineare la differenza tra i siti dell’Est Europa e quelli italiani: i primi sono solo fabbriche delocalizzate terziste, senza brand, di proprietà delle multinazionali. Sulle quali i vertici della famiglia Koç decidono senza consultare nessuno. Non esistono brand polacchi, rumeni, cechi, slovacchi di elettrodomestici. I siti europei rispondono invece a brand di grande tradizione, di lunga storia, ai quali il mercato attribuisce valore e che ai turchi conviene mantenere sin dove è possibile ma soprattutto conviene usare. Quindi sarà una faccenda lunga e dolorosa – socialmente e umanamente – chiuderli, oltre che molto complicata da gestire per l’opposizione di sindacati, opinione pubblica, governi.

Investimenti in produttività

Che cosa potrà, più che il Golden Power, rallentare questa decisione? Sicuramente stanziare investimenti importanti per rendere competitivi, a fronte di competitor asiatici spesso operanti in dumping, questi stabilimenti, dal punto di vista della rivoluzione digitale, dal punto di vista energetico (in arrivo altri aumenti del gas americano e del petrolio delle piattaforme norvegesi), dal punto di vista logistico (trasporti disastrosi, e un Ministero delle infrastrutture che non governa più gran parte del territorio con isole e regioni “isolate” spesso). Attenzione: la logistica in questo settore significa far consegne rapide e di merce ingombrante. Da due anni è una situazione disastrosa, ipercostosa, in costante deterioramento.

Usare brand italiani solo per il made in Italy

Sarebbero utili investimenti per far uscire dalle case italiane il più vecchio parco elettrodomestici d’Europa che consuma enormi insostenibili quantità di elettricità, acqua e gas. Si tratta di diversi milioni di apparecchi. Sull’ecosostenibilità dei device di recente produzione, niente da dire, anzi, sono i meno energivori e i migliori livello mondiale. Anche perché sono realmente efficienti mentre altrettanto non si può dire di ciò che, senza controlli, proviene da Turchia, Asia e NordAfrica. E poiché pare che il Governo Meloni abbia la ferrea intenzione di far rispettare il made in Italy, occorre che i paesi dell’est Europa e del Nord Europa accettino di fare finalmente i necessari controlli sulle gigantesche quantità di devices assolutamente fuori norme e fuori regola che la grande distribuzione e società di import-export importano a dosi massicce.

Quanto agli incentivi, spesso drogano il mercato e sono boomerang. Occorrono dunque risorse da investire subito che possano convincere i turchi a mettere in campo, anche da parte loro, quelle centinaia di milioni di euro che avevano promesso. Ma con una minaccia da esprimere con chiarezza, come è accaduto con Stellantis, “invitata” a non usare tricolore e dicitura made in Italy per auto fabbricate in siti delocalizzati. Marchi come Hotpoint, Indesit, Whirlpool si dovranno usare per device prodotti in siti italiani, come accade adesso. E non per apparecchi fabbricati in Turchia, Egitto, Cina. La Beko ha usato per esempio il glorioso brand tedesco Grundig, famoso per apparecchi radio, elettrodomestici da incasso per un gruppo di mobilieri italiani. Un’improvvida strategia che ha prodotto parecchi problemi tecnici e di consegna.

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