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Elettrodomestici ed elettronica di consumo, addio all’obsolescenza programmata: arriva il diritto alla riparazione

Vuoi riparare il tuo smartphone rotto o la lavatrice guasta? La direttiva UE 2024/1799 introduce il diritto alla riparazione, obbligando i produttori a riparare i prodotti difettosi e facilitando l’accesso a servizi di riparazione a prezzi ragionevoli. Ecco perchè

Elettrodomestici ed elettronica di consumo, addio all’obsolescenza programmata: arriva il diritto alla riparazione

Il settore dell’elettronica di consumo e degli elettrodomestici è stato per lungo tempo caratterizzato da una tendenza all’obsolescenza programmata, con un ciclo di vita dei prodotti limitato e una difficoltà crescente nel reperire pezzi di ricambio o accedere a servizi di riparazione a prezzi ragionevoli. Ora, con l’entrata in vigore della direttiva UE 2024/1799, a partire dal 30 luglio 2024, si apre una nuova era per i consumatori europei. Questa direttiva, che deve essere recepita dagli Stati membri entro il 2026, introduce il diritto alla riparazione, con l’obiettivo di facilitare e rendere più accessibile la riparazione di prodotti difettosi o usurati, anche dopo la scadenza della garanzia legale.

Diritto alla riparazione: l’obiettivo della direttiva

La direttiva UE 2024/1799 mira a contrastare il fenomeno dell’obsolescenza programmata, ridurre i rifiuti elettronici e promuovere un’economia circolare. Ogni anno, circa 12 miliardi di euro vengono spesi per la sostituzione di prodotti che potrebbero essere riparati, generando circa 36 milioni di tonnellate di rifiuti. L’obiettivo della direttiva è ridurre questi sprechi, garantendo che i consumatori possano accedere a riparazioni a prezzi ragionevoli e in tempi rapidi, con un impatto positivo sull’ambiente e sull’economia.

Cosa cambierà per i consumatori

La direttiva introduce diverse novità per i consumatori. In primo luogo, i produttori saranno obbligati a riparare i prodotti tecnicamente riparabili anche dopo la scadenza della garanzia legale di due anni, a un prezzo definito come “ragionevole”: un cambiamento radicale rispetto al passato, dove spesso la riparazione veniva rifiutata per motivi economici o di indisponibilità dei pezzi di ricambio.

Un altro aspetto fondamentale della direttiva è l’obbligo per i produttori di fornire informazioni dettagliate sui costi e i tempi di riparazione. I consumatori riceveranno un modulo informativo che specifica le condizioni della riparazione, rendendo il processo più trasparente e permettendo loro di prendere decisioni informate. Inoltre, una piattaforma online europea sarà attiva entro il 31 luglio 2027, consentendo ai consumatori di trovare facilmente riparatori e venditori di beni ricondizionati.

Altro elemento di novità riguarda l’estensione della garanzia. Se un prodotto viene riparato durante il periodo di garanzia legale, la garanzia sarà estesa di un anno. Questo incentiva i consumatori a optare per la riparazione anziché per la sostituzione, sapendo che il prodotto avrà una copertura aggiuntiva in caso di ulteriori difetti.

Quali prodotti potranno essere riparati e quali saranno esclusi

La direttiva si applica principalmente a una serie di prodotti di uso quotidiano, tra cui lavatrici, lavastoviglie, frigoriferi, display elettronici, telefoni e tablet, aspirapolvere, e apparecchi di refrigerazione. Tuttavia, la lista potrebbe essere ampliata in futuro per includere altri dispositivi elettronici e elettrodomestici, in risposta alle esigenze del mercato e alle richieste dei consumatori.

Alcuni prodotti, come stampanti, cuffie stereo, computer portatili, ferri da stiro, tostapane e macchine per il caffè, non sono attualmente inclusi nella direttiva. Tuttavia, organizzazioni come Right to Repair Europe stanno facendo pressione affinché questi prodotti vengano inclusi in future revisioni della normativa. Questa esclusione rappresenta uno dei limiti della direttiva, sollevando critiche da parte di associazioni dei consumatori e attivisti.

Le critiche e i limiti della direttiva

Una delle critiche principali alla direttiva riguarda l’assenza di un limite massimo per i costi delle riparazioni e dei pezzi di ricambio. Sebbene la direttiva parli di costi “ragionevoli”, non specifica criteri chiari per determinare cosa sia ragionevole, lasciando spazio a interpretazioni da parte dei produttori e dei riparatori. Questo potrebbe limitare l’efficacia della normativa, soprattutto in contesti in cui i prezzi delle riparazioni sono particolarmente elevati.

Un altro punto critico riguarda l’accesso ai pezzi di ricambio e agli strumenti necessari per effettuare le riparazioni. La direttiva, pur avanzando nella direzione di garantire l’accesso a questi elementi, non elimina del tutto le barriere esistenti. In particolare, il testo rimane ambiguo sull’obbligo per i produttori di fornire pezzi di ricambio ai riparatori indipendenti, una questione che sarà cruciale chiarire durante il processo di recepimento nei singoli Stati membri.

Gli esperti del settore e le associazioni dei consumatori hanno poi sottolineato la necessità di incentivi fiscali per favorire l’adozione delle nuove regole. In paesi come l’Austria e la Francia, sono già stati introdotti bonus fino al 50% del costo di riparazione, un modello che potrebbe essere replicato anche in Italia per incoraggiare i consumatori a optare per la riparazione anziché la sostituzione.

Si aprono opportunità nel mercato

Il settore retail, e in particolare le imprese che operano nella vendita di elettrodomestici, vede nella direttiva un’opportunità di crescita. Diventare centri di assistenza oltre che semplici venditori potrebbe offrire un vantaggio competitivo significativo. Secondo Davide Rossi, direttore generale dell’Aires (Associazione italiana retailers elettrodomestici specializzati), “le imprese del retail guardano alla direttiva come a uno sviluppo ulteriore della propria attività, per diventare centri di assistenza e non solo venditori. Se si apre il mercato della riparazione ne avrà un vantaggio l’economia, l’ambiente e i posti di lavoro, disseminati in maniera uniforme sui territori”.

Anche i piccoli riparatori indipendenti sperano di trarre vantaggio dalla nuova normativa. Permangono, però, preoccupazioni riguardo alla possibilità di operare alle stesse condizioni dei riparatori autorizzati, in particolare per quanto riguarda l’accesso ai pezzi di ricambio e alle informazioni tecniche. Marco Granelli, presidente di Confartigianato, per esempio, ha sottolineato l’importanza di garantire pari condizioni per tutti gli operatori del settore, un aspetto che sarà cruciale durante il recepimento della direttiva.

Quando sarà recepita la direttiva

Gli Stati membri dell’Unione Europea hanno 24 mesi di tempo per recepire la direttiva 2024/1799, con una scadenza fissata per il 30 luglio 2026. Durante questo periodo, ogni Paese dovrà adottare le misure necessarie per garantire l’implementazione delle nuove regole a livello nazionale. In Italia, il processo di recepimento sarà cruciale per determinare l’efficacia della direttiva, con un’attenzione particolare agli aspetti fiscali e all’accesso ai pezzi di ricambio.

La piena attuazione di questa direttiva potrebbe avere un impatto importante sull’ambiente, riducendo la quantità di rifiuti elettronici e promuovendo un uso più sostenibile delle risorse.

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