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Elettrodomestici e patente green, l’ira dei rivenditori specializzati: “L’Europa smetta di scaricare su di noi la sua bulimia normativa”

La protesta dei rivenditori specializzati di elettronica, parlano Scozzoli e Rossi, al vertice di Aires (Euronics, Mediaworld e Unieuro): “Il 20 marzo a Bruxelles faremo sentire la nostra voce contro il trasferimento sul retail europeo dell’obbligo di certificare l’ecosostenibilità dell’intera filiera dei fornitori, servizi compresi. Impossibile”

Elettrodomestici e patente green, l’ira dei rivenditori specializzati: “L’Europa smetta di scaricare su di noi la sua bulimia normativa”

Segniamoci una data – che doveva rimanere riservata – mercoledì 20 marzo, e la location, Bruxelles, perché saranno l’inizio di una assai dura reazione dell’intero retail europeo contro quella che sembrerebbe essere l’ennesima fuga in avanti della Commissione europea. A raccontare in anteprima a FIRSTonline quello che sta accadendo è il vertice della Aires, l’associazione che riunisce i gruppi e le catene della distribuzione della tecnologia domestica e cioè Andrea Scozzoli, presidente, e Davide Rossi, direttore generale. Proprio a Scozzoli abbiamo innanzitutto chiesto un’anticipazione sull’andamento delle vendite. “Ci aspettavamo un 2024 di rilancio dei consumi e invece chiuderemo l’anno con un calo, prevedibilmente intorno al 2-4 per cento, dopo il -7 del 2023, e questo al termine di un periodo di un anno e mezzo di costante contrazione delle vendite. Una contrazione che, tra l’altro, riguarda l’intera Europa. Ma c’è dell’altro e di più preoccupante”.

L’obbligo del “passaporto digitale”

Andrea Scozzoli, solitamente molto pacato, quasi perde l’aplomb nel raccontare in anteprima a FIRSTonline non tanto e non solo le difficoltà del settore quanto i crescenti contrasti con Bruxelles a causa di quella che chiama  “bulimia normativa” dell’Unione. E in particolare contro l’incombente iniziativa della Commissione europea che, sulla base del Digital product passport, in via di definizione, intende trasferire sul retail europeo l’obbligo di certificare l’ecosostenibilità dell’intera filiera dei fornitori, compresa anche la certificazione, decisamente impossibile, dei fornitori di servizi. Per esser chiari, aggiungiamo che dovrebbe coprire una gamma enorme di device in gran parte di importazione da siti lontanissimi e spesso non tracciabili. Verificando addirittura anche l’ecosostenibilità per esempio dell’impresa di pulizia della fabbrica da cui il device proviene, posto che si riesca a stabilire quale e dove sia la fabbrica.

La protesta del retail europeo

Una delle non infrequenti fughe in avanti della Ue? “Sì, e questo – risponde Scozzoli – farà esplodere in Europa la dura reazione dei nostri associati. Il 20 marzo, e proprio su questo tema, si svolgerà a Bruxelles una riunione di Eurocommerce, alla quale aderisce EuCer Council (la Federazione europea che rappresenta il settore della vendita al dettaglio di elettronica di consumo ed elettrodomestici) e in questa occasione verrà data battaglia”. Obiettivamente, voler imporre al “terminale” della filiera, il retail, in nome di una ecosostenibilità che più dura e pura non si può, l’onere di assegnare una patente green a tutti i processi, i materiali, i componenti di un apparecchio, è una strada impraticabile prima ancora che economicamente insostenibile. Che siano del resto tempi difficili lo testimoniano non solo le acquisizioni e le concentrazioni che percorrono il settore degli elettrodomestici, ma anche quello del retail e l’ultima vicenda riguarda il ripetuto tentativo dell’Hedge Fund Eliott Investment Management, proprietario del Milan, di acquisire il controllo dell’insegna inglese dell’elettronica di consumo Carrys PLC. E poi cosa accadrà quando l’inevitabile prolungamento del blocco degli stretti che portano le merci dalle fabbriche asiatiche verso l’Europa, comincerà a svuotare i magazzini di prodotti e pezzi di ricambio? “Gli effetti di questi blocchi sono ancora minimi – risponde Scozzoli – ma sappiamo che poi tutto questo avrà come conseguenza un ulteriore aumento dei listini”.

Collaborazione EuCer e Applia Europe

“E’ l’intero settore a essere investito di compiti impossibili, per esempio secondo nuove normative comunitarie i produttori europei avranno l’obbligo di dichiarare la durabilità degli apparecchi con tutte le responsabilità derivanti da questa certificazione. E con un interrogativo molto pesante, lo stesso che riguarda il retail e cioè la totale mancanza di parametri”. E’ per questo che EuCer ha già intrapreso un dialogo operativo con APPLIA Europe (che riunisce le associazioni europee dei produttori) per individuare un territorio e parametri finalmente comuni  su questi problemi. E per arrivare, come si auspicava da tempo e da più parti, a tavoli di lavoro per strategie comuni di risposta a Bruxelles. Dove peraltro – sottolineano giustamente molti osservatori comunitari – per troppo tempo alcune associazioni europee dei rivenditori sono state quasi del tutto assenti, dimostrando una scarsa conoscenza e un disinteresse per i complessi percorsi legislativi comunitari. Così il risveglio è stato molto brusco. “Non si può negare questa carenza – risponde Scozzari – ma da tempo ci siamo svegliati, siamo attivi, con la creazione di EuCer per esempio che ora fa parte di Eurocommerce. Intendiamo anche coinvolgere Confcommercio in occasione dell’evento del 20 marzo”. 

Favoriti i competitor extraeuropei

“Quello che appare assolutamente insostenibile e suicida – sottolinea Scozzari – è che l’Europa si stia ingessando in una serie di stringenti normative green che non esistono in nessuna parte del mondo”. E che, come accade per altre decisioni comunitarie, hanno favorito e favoriscono la concorrenza sleale di competitor che producono merci in condizioni di dumping socio-economiche non avendo nei Paesi d’origine nessun obbligo di rispettare né l’ambiente né le persone. Da tempo anche il retail europeo è impegnato nell’applicazione delle etichette energetiche con un’abitudine ormai più che ventennale in questo impegno per l’efficienza energetica e l’ecosostenibilità. “Noi siamo certamente d’accordo nell’alzare l’assicella dell’ecosostenibilità e della protezione ambientale – sottolinea Davide Rossi –accelerando la transizione digitale e circolare secondo gli obiettivi posti dal Green Deal. Ma, come ha fatto notare Hans Carpels, presidente di EuCer, le aziende, per fare una politica verde non devono avere i conti in rosso. Solo i produttori e i distributori si possono assumere la responsabilità, avendone le competenze, di fornire le certificazioni di eco sostenibilità dei prodotti che immettono sul mercato”. Pesanti tensioni stanno del resto appesantendo anche la vicenda riguardante la Carbon Tax, la tassa sulle emissioni dell’acciaio importato dai paesi extra europei e in regime transitorio da ottobre (in vigore dal 2026). L’incredibile omissione dei burocrati di Bruxelles rischia di mettere in crisi le industrie europee poiché la Carbon Tax non verrà applicata ai prodotti finiti di importazione che contengono acciaio, che saranno ancora una volta favoriti rispetto ai concorrenti europei. 

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