Il mercato degli elettrodomestici non tira da tre anni. Anzi, cala ancora, in Europa, a due cifre, come non è mai accaduto prima, perché per la prima volta si tratta di una crisi strutturale di volumi. Intendiamoci: il calo riguarda le aziende europee. I cinesi avanzano invece e stanno strappando, nel settore free standing, quote e vendite ai competitor Ue. Stanno inoltre attaccando con le stesse aggressive strategie, sia pure con prodotti inadeguati, anche il ricco settore del built-in. E, senza che a Bruxelles si intenda proteggere occupazione, fabbriche e filiere di grande valore. Viene anzi lasciata libertà a quella che in molti casi si rivela essere una pratica costante di dumping. Si tratta di giganti dotati di enormi liquidità. Aziende come Midea, che ha rastrellato nel suo debutto alla Borsa di Hong Kong risorse almeno doppie di quelle previste e richieste, ha solo l’imbarazzo della scelta per quanto riguarda l’eventuale shopping di brand, siti produttivi o intere aziende. Anche Haier, nonostante difficoltà legate al mercato in crisi, dovrebbe comunque essere in grado, senza indebitamenti, di acquisire Electrolux. E infatti sembra proprio essere in pole position per l’affare, superando Midea e Hisense.
Vendite degli elettrodomestici in flessione a -16%
La sovraproduzione delle gigantesche fabbriche cinesi, non assorbita dalla crisi interna, riversa sui mercati nordamericani, europei e del Medio Oriente una grande quantità di prodotti realizzati a costi estremamente ridotti, grazie ai massicci finanziamenti del governo e delle regioni autonome, che da sempre praticano un protezionismo locale accentuato in Cina. Nei primi mesi dell’anno, i prodotti piani siderurgici, utilizzati anche per gli elettrodomestici, hanno registrato un calo del 12,4%. Quanto alle vendite in Europa, nei primi sei mesi dell’anno hanno registrato un crollo di circa il 16%, dopo un drammatico -20% nel 2023. Il che – come sottolinea uno dei primi fornitori italiani di componentistica – significa che la chiusura delle tre unità produttive polacche del gruppo Beko Europe non sarà l’unica. Cosa resterà degli stabilimenti italiani del bianco di Beko Europe, coinvolta come gli altri brand europei nella caduta delle vendite? Ben poco, e sarà una lenta ma inarrestabile agonia, poiché, secondo indiscrezioni raccolte negli ambienti politici, dei siti italiani dovrebbero restarne due o tre. Altro che riunioni al ministero per il piano di rilancio e riorganizzazione.
Fabbriche sotto pressione: solo il 30% della capacità operativa
Qualsiasi piano non darà risposte positive a breve, poiché i conti sono fortemente negativi. Primo: le aziende non possono più sostenere il crollo triennale e strutturale delle vendite e dei margini. Secondo: la saturazione media delle fabbriche europee (tutte, non solo Beko Europe), come già anticipato, è intorno al 30-40%, comportando una pesante perdita di competitività. Per tornare all’80% di saturazione, cioè alla competitività, le vendite dovrebbero fare un improbabile balzo clamoroso, triplicando i numeri. Terzo: non essendo possibile questo traguardo, le trattative partiranno da due ipotesi. La prima: chiusura dei siti-doppioni o forte riduzione delle dimensioni e del personale. Questo scenario è ben chiaro ai dipendenti e ai rappresentanti sindacali, poiché coinvolge l’intero comparto. Un rapido elenco dei licenziamenti annunciati o già in corso nel settore è significativo: 1.300 dipendenti da tagliare nelle fabbriche della Miele, 3.500 della BSH elettrodomestici del gruppo Bosch entro il 2027, 1.100 della Whirlpool in tutto il mondo, nonostante dopo cessioni, chiusure, dimissioni volontarie. Haier Italia ha annunciato 113 esuberi alla Candy e già in Romania ne ha mandati a casa 400.
Nuove fabbriche in Egitto: una minaccia per l’Europa
Attenzione: quello che molti ignorano è che le commesse prima di competenza dei siti produttivi polacchi non sono state eliminate, ma trasferite in Turchia e Romania. Inoltre, il gruppo Beko, come si accingono a fare anche Haier e Midea, ha di recente inaugurato un grande stabilimento di elettrodomestici in Egitto, che porterà via inevitabilmente ordinativi consistenti ai siti europei. D’altronde, lo stallo dello Stretto di Suez e il blocco del Mar Rosso e del Sud asiatico non sono destinati a diminuire, ma anzi a crescere. Quello che è sempre più difficile e assai costoso trasportare dall’Asia passerà inevitabilmente ai paesi in via di sviluppo in prossimità dell’Europa. Un drammatico nuovo scenario, quindi, dove ancora una volta i protagonisti non saranno europei.
Licenziamenti e chiusure: un settore in ritiro
Oltre ai licenziamenti già annunciati, il settore sta affrontando una serie di chiusure e ridimensionamenti tra le piccole e medie imprese della filiera, un fenomeno che spesso passa inosservato. Si tratta di manodopera specializzata, di impiegati e, per la prima volta, come segnale molto pesante, anche di personale di alto livello: la chiusura delle tre linee delle due fabbriche polacche ha determinato il licenziamento di una decina di ingegneri presso lo stabilimento marchigiano specializzato nella produzione di piani di cottura. “Le ricadute di questa operazione sono pesanti anche sul territorio di Fabriano – aveva sottolineato PierPaolo Pullini della segreteria Fiom di Ancona – sono 14 le funzioni impattate al 100%, alte professionalità tutte dedicate allo sviluppo dei modelli dello stabilimento polacco di Lodz; una forte riduzione del carico di lavoro per almeno un’altra ventina di ingegneri, che lavorano cross functional sia sulle piattaforme dryer che sul lavaggio”.
Il disastro della logistica
Tutto il free standing e adesso anche l’alto di gamma, l’unico segmento che era rimasto al riparo dalla competizione sul prezzo, è a rischio. “A Melano, il sito Whirpool, per esempio, dove vengono fabbricati gli apparecchi built-in di fascia alta – commenta Pullini – la cassa integrazione è cominciata dal marzo 2022. E più in generale non aiuta certamente l’incertezza delle forniture, resa ancora più pesante dalle speculazioni degli armatori a seguito dei blocchi degli stretti marittimi. Le navi container non partono, per esempio, se non sono a pieno carico, e questo significa che non vengono ormai più rispettati i tempi e, peggio ancora, che sono imprevedibili”. Le linee di conseguenza si fermano. Quanto agli ammortizzatori sociali, si parla della necessità di rifinanziamenti anche se la Beko Europe non ha ancora fatto ricorso alla cassa integrazione straordinaria (ma quella ordinaria è agli sgoccioli) mentre per le altre aziende come Electrolux, i sindacati incontreranno i vertici l’8 ottobre. “Stiamo ancora aspettando la convocazione dell’incontro con il ministro delle Imprese e del made in Italy, per conoscere i programmi di Beko Europa. Quello che chiediamo al ministro non sono interventi spot ma una vera politica industriale per fare fronte alle gravi conseguenze di tre anni di crisi strutturale dei volumi”.