Una perdita operativa quasi triplicata per il primo trimestre, le dimissioni del presidente e ceo di Electrolux, Jonas Samuelson, e una previsione per niente buona per l’intero anno. Il 2024 per la multinazionale è cominciato davvero male, stando ai dati arrivati oggi, 26 aprile, con il primo report dell’anno. La società ha riportato una perdita operativa di 720 milioni di corone rispetto ai 256 milioni dell’anno precedente, parzialmente mitigata dal calo dei prezzi delle materie prime. Hanno pesato in sintesi: la concorrenza spietata dei competitor (soprattutto cinesi) e le continue promozioni necessarie per rimanere competitive, nonché la virata brusca delle famiglie, in quasi tutti i paesi, verso prodotti di basso costo, che ha colpito duramente gli elettrodomestici premium del marchio svedese. E poi l’area che è andata peggio è quella del Nordamerica – prima assai redditizia per Electrolux – dove migliaia di licenziamenti e di tagli ai costi non si sono tradotti in profitti ma sono stati quasi annullati dall’elevata compressione sui prezzi condotta dalle catene e dagli importatori asiatici nel 2023 e nel primo trimestre 2024. Tra disinvestimenti, tagli, razionalizzazioni dell’organigramma che ha eliminato ruoli e personale di alto livello, la società si aspetta nei prossimi anni un valore potenziale combinato di 10 miliardi di corone.
Giù le vendite di Electrolux
Le vendite nette ammontano a 31.077 milioni di corone svedesi (32.734). Le vendite organiche sono diminuite del 3,7%, principalmente a causa del prezzo negativo. Una domanda di mercato più debole ha comportato una riduzione dei volumi per il gruppo, tranne che in America Latina, dove c’è stato un aumento della domanda da parte dei consumatori. Electrolux ritiene che il suo mix produttivo sia migliorato grazie alle nuove piattaforme modulari e a una gamma di prodotti più interessante, nonostante le difficili condizioni di mercato. Ma pesa, su tutto il gigantesco programma di ristrutturazione in vista di una probabile cessione, un problema centrale a livello mondiale: le differenze troppo forti di prezzo rispetto ai prodotti made in Asia. Perché dalle fabbriche asiatiche arrivano ondate sempre maggiori di elettrodomestici a basso costo – come frigoriferi, lavatrici, freezer e climatizzatori -, creando una concorrenza significativa per Electrolux.
Questo fenomeno ha avuto un impatto negativo sui risultati finanziari di aziende come Whirlpool nel Nordamerica. Si è verificato un afflusso massiccio di apparecchi, spesso privi di marca o di qualità inferiore, sul mercato europeo, compresi i side by side, con marchi cinesi poco conosciuti o prodotti da catene di distribuzione. Questi prodotti spesso eludono le normative sulla prestazione energetica, la sicurezza e la qualità. Anche se gli importatori responsabili sono ben noti, l’attivazione di controlli da parte delle autorità europee e italiane è stata ritardata a causa di opposizioni politiche.
Gli errori storici delle multinazionali
I problemi della Electrolux sono annosi, poiché sono la sintesi di strategie non vincenti. E risalgono a circa 20-25 anni fa. La centralizzazione strategica e tattica, con manager non locali, ha comportato la perdita di molte opportunità di mercato, poiché spesso i manager locali sono più familiari con le dinamiche di mercato specifiche. Allo stesso modo, la centralizzazione dei brand ha portato alla perdita di alcuni marchi storici e consolidati. Inoltre, la focalizzazione esclusiva sui prodotti di fascia alta si è rivelata limitante (più redditizi sì ma solo nel periodo d’oro dell’economia), considerando l’evoluzione dei gusti dei consumatori e delle condizioni economiche. Un’altra centralizzazione sbagliata è stata quella del design: gli elettrodomestici disegnati in Svezia riflettono uno stile ormai superato, anziché adattarsi alle tendenze attuali. E poi nel tempo si è dimostrata deleteria la delocalizzazione con la sola logica del taglio dei costi (Candy è stato l’esempio più chiaro). Quelle fabbriche delocalizzate dell’Asia oggi sono diventate colossi che ora dominano il mercato, acquisendo marchi europei e americani abbandonati. Tuttavia, alcune di queste fabbriche delocalizzate si sono dimostrate preziose nel mitigare i rischi legati alle crisi geopolitiche e ai relativi aumenti dei costi delle filiere logistiche.
In arrivo chi? Midea o Haier
Midea è certamente il pretendente di Electrolux più ricco, più accreditato, più attento ai problemi e alle tensioni geopolitiche. Non ha sbagliato una mossa. L’azienda sta attuando una strategia di decentralizzazione, trasferendo alcune competenze al Centro mondiale di ricerca e design per la cucina a Milano, riconoscendo l’importanza di Eurocucina e dell’Italia nel settore. “Al Fuorisalone abbiamo lanciato – ha dichiarato un portavoce di Midea – Master Kitchen, un progetto che integra l’innovazione tecnologica, insita nel dna del gruppo, con l’expertise del Midea Milan DesignCenter, eccellenza italiana dove vengono sviluppati progetti non solo per l’Europa ma anche per il resto del mondo”.
Nonostante abbia temporaneamente sospeso l’acquisizione di Electrolux nel 2023, Midea ha raddoppiato gli investimenti in Cina e in tutto il mondo, per potenziare l’industria nazionale e internazionale, dagli edifici smart all’intelligenza artificiale, dalla medicina alla protezione dell’ambiente. Ovvero: più fondazioni per la cultura e la ricerca in Cina, più fabbriche all’estero (in Africa in Usa, in tutta l’Asia e in Europa). L’esempio della climatizzazione è molto chiaro: Midea ha il 60% del mercato Usa della climatizzazione e in Europa ha un formidabile centro di ricerca e di produzione, la italiana Clivet, acquistata anni fa. E che oggi, con grande discrezione, ha portato Midea ai vertici europei della climatizzazione e delle energie alternative. Manca un tassello: Midea ha necessità di trovare brand di prestigio nonostante la sua solidità finanziaria.
Haier senza ceo
Per quanto riguarda Haier, è difficile ottenere informazioni sulle loro novità di prodotto in quanto l’azienda non dispone di addetti stampa e evita interviste e comunicazioni ufficiali. Attualmente, si trova in una fase di stallo dopo le dimissioni del ceo europeo, Yannick Fierling, che lascerà la carica il 30 aprile. Tuttavia, l’eventuale acquisizione di Electrolux escluderebbe il ricco mercato nordamericano, poiché aggiungere i marchi Usa come Frigidaire, Kelvinator e White-Westinghouse, attualmente di proprietà di Electrolux, a quelli già posseduti da Haier, come General Electric, darebbe ai cinesi una posizione di quasi monopolio. Questo potrebbe risultare insostenibile e inaccettabile per il governo e l’opinione pubblica americana.
Nel 2023 erano usciti anche altri nomi, come quello della coreana Samsung, peraltro alle prese con le difficoltà del mercato dei chip (causa di perdite pesanti da almeno due anni). E la stessa Beko che ora controlla il 75% della Whirlpool Europa, Africa e MO, avrebbe – stando ai rumors della finanza – ambiziosi progetti. Il presidente della Corporation, Hakan Bulgurlu, ha di recente espresso, in una riunione con la stampa internazionale in occasione di Eurocucina, l’intenzione di andare avanti nella crescita del gruppo. Con l’ambizione di farlo diventare il primo produttore mondiale degli elettrodomestici.