Dove porterà la svolta a sinistra, venata di populismo e massimalismo, del Pd a guida Schlein? All’indomani del sorprendente voto dei gazebo che ribalta quello degli iscritti del Pd e che interroga sulla sostenibilità del modello di democrazia del maggior partito della sinistra dove gli esterni contano più dei militanti, nessuno può avere certezze assolute e dunque non si possono cancellare del tutto i dubbi più che legittimi. Ma siccome non viviamo su Marte e i segnali lanciati dalla Schlein nella sua campagna elettorale sono chiarissimi, qualche prima considerazione è lecita. Se ne possono fare almeno quattro.
EFFETTO SCHLEIN: LE NOZZE TRA PD E CINQUE STELLE SI AVVICINANO
Primo: per i contenuti che la nuova segretaria ha espresso (sacrosanta lotta alle diseguaglianze ma senza indicare con quali risorse, negazione del Jobs Act che ha prodotto un milione di posti di lavoro in più, ambiguità sul pacifismo che tende a dimenticare il nome dell’aggressore dell’Ucraina) e per le alleanze che ha prospettato (ostracismo assoluto a Renzi e Calenda e inequivocabili strizzate d’occhio ai Cinque Stelle) la strada di un’alleanza sempre più stretta e forse di una fusione tra Pd e Cinque Stelle sembra segnata.
Secondo: è presto per parlare di scissioni che non si annunciano mai prima di farle, ma non è fantascientifico immaginare che i militanti e i dirigenti – e soprattutto gli elettori – che hanno sempre pensato il Pd come baluardo del riformismo italiano portino altrove la loro delusione per la svolta populista e guardino al Terzo polo di Calenda e di Renzi come a un’ancora di salvataggio, a condizione che i due leader la smettano di litigare e sappiano immaginare un futuro credibile e attraente in vista delle elezioni europee del 2024.
EFFETTO SCHLEIN FA SORRIDERE MELONI
Terzo: va da sè che la crescente divaricazione tra il polo populista e massimalista della sinistra (Pd e Cinque Stelle) e il centro riformista (Terzo Polo e +Europa) avrà, almeno nell’immediato e fino al 2024, l’effetto di rafforzare il Governo di centrodestra e soprattutto la premier Giorgia Meloni che ha tutto da guadagnare dalla svolta a sinistra del Pd e dalla divisione delle opposizioni.
Quarta e ultima considerazione: l’Italia diventerà sempre più tripolare e assomiglierà sempre più alla Francia di Macron, assediato dai populismo di Le Pen e Melanchon? Non è inverosimile, anche se i sistemi elettorali ed istituzionali sono diversi. Per incoronare il tripolarismo anche in Italia – centrodestra da una parte, Terzo Polo al centro, e Pd-Cinque Stelle a sinistra – occorrerebbe almeno una legge elettorale proporzionale che attualmente non è certamente nell’interesse della Meloni, anche se le continue frizioni con la Lega e con Berlusconi potrebbero stancarla. Chissà. Dire però che la vaghezza e gli slogan alla moda della Schlein aprano la strada al sole dell’avvenire vuol dire solo vivere sulla luna.