Non paghiamo. Anzi, sì. Perlomeno quello che riusciamo. Si avvicina la scadenza di giugno per il rimborso al Fmi e il fronte greco diventa ancora più caotico, per quanto è ormai possibile. Ieri il ministro degli Interni Nokos Voutsis aveva dichiarato che Atene non avrebbe pagato la prossima rata di debito al Fondo Monetario:“Non ci sono soldi in cassa – ha detto aggiungendo che che Ue e Fmi in cambio della concessione degli aiuti necessari pongono “condizioni inaccettabili”.
Oggi però Syriza ha respinto la richiesta dell’ala estremista del partito di non rimborsare i prestiti al Fondo. Respinte anche le richieste di nazionalizzare le banche e di indire un referendum che darebbe agli elettori il potere di respingere ogni accordo con i creditori internazionali.”La Grecia e i suoi creditori hanno una necessità imperativa di raggiungere un accordo il prima possibile”, ha detto il portavoce del Governo aggiungendo: “Finché saremo nella posizione di pagare i nostri impegni, li pagheremo. E’ responsabilità del governo essere in una posizione di fare fronte ai propri obblighi”.
Il ripensamento parziale della Grecia sul rimborso a giugno del Fmi non riesce tuttavia a far risollevare i mercati che chiudono in territorio negativo. Va però ricordato che la seduta è dimezzata, perché molte importanti piazze del Vecchio Continente insieme agli Usa e ad alcuni listini asiatici oggi sono chiuse. In Europa è festa a Londra e Berlino e negli Usa è in corso il Memorial Day. Chiusa anche Hong Kong che festeggia la nascita di Budda. Tokyo invece era aperta e ha messo a segno la sua settima seduta consecutiva al rialzo (+0,74%), salendo ai livelli dell’aprile 2000, grazie ai dati sul commercio estero migliori del previsto e all’indebolimento dello yen rispetto al dollaro. Il cambio euro dollaro cede lo 0,38% a 1,0971 e il petrolio Wti sale dello 0,67% a 60,12 dollari al barile.
Atene ha chiuso in calo del 3,1%. A Milano sono scattati i realizzi -2,09%, a Parigi il Cac40 limita i cali a -0,5% mentre lo spagnolo Ibex perde il 2,01%. E’ da Madrid d’altra parte che arriva il secondo terremoto della seduta borsistica: alle elezioni amministrative è crollato il partito popolare e si sono imposti i radicali di Podemos. Nel frattempo in Polonia ha vinto l’ultranazionalista ed euroscettico Duda. Nonostante le tensioni lo spread, dopo essere salito oltre 130 punti, ha chiuso a 123 punti base, il rendimento del Btp decennale è all’1,84% e del Bonos decennale all’1,79%.
Il Ftse Mib è trascinato al ribasso da Finmeccanica -4,46%, Unicredit -3,18% e Fca -3,06% colpita anche dalla delusione dello stop che sarebbe arrivato, secondo il New Yok Times, dalla ceo di Gm Mary Barra a scenari di integrazione con il Lingotto. Tra i peggiori anche Ubi Banca -3,01% e Saipem -2,97%. Chiude in territorio positivo solo Mps che si mette in evidenza con un balzo dell’11,3% in concomitanza dell’aumento di capitale. Le azioni non sono mai riuscite a entrare in contrattazione e hanno chiuso la seduta a 2,14 euro, i diritti sono invece crollati del 18,41% a 6,14 euro. L’operazione da 3 miliardi di euro si chiuderà il prossimo 8 giugno, mentre fino al 12 saranno esercitabili i diritti a sottoscrivere l’aumento.