Protagonista indiscusso nella storia dell’arte moderna, Edvard Munch è considerato un precursore dell’Espressionismo e uno dei più grandi esponenti simbolisti dell’Ottocento, nonché l’interprete per antonomasia delle più profonde inquietudini dell’animo umano.
“Nella mia casa di infanzia abitavano malattia e morte. Non ho mai superato l’infelicità di allora.” Edvard Munch
Dopo 40 anni dall’ultima mostra a Milano, Edvard Munch (Norvegia, 1863 -1944) viene celebrato con una grande retrospettiva, promossa da Comune di Milano, Cultura. La vita di Munch è stata segnata da grandi dolori che lo hanno trascinato ai limiti della follia: la perdita prematura della madre e della sorella, la tragica morte del padre, la tormentata relazione con la fidanzata Tulla Larsen. Tutto ha contribuito a formare la poetica di Munch, che riuscirà a esprimere, grazie a un eccezionale talento, il suo grido interiore trasformandolo in opere d’arte. I suoi volti senza sguardo, i paesaggi stralunati, l’uso potente del colore riescono a raggiungere ogni essere umano, trasformando le sue opere in messaggi universali, il malessere esistenziale che affligge ogni essere umano. È questo che ha determinato la grandezza di Munch, rendendolo uno degli artisti più iconici del Novecento.
L’Urlo (The Scream) sicuramente è il dipinto più noto e deriva da un attacco di panico che Munch subì nel 1892, che raccontò artisticamente in uno schizzo di quell’anno che chiamò Disperazione.
Munch ha rappresentato questo urlo attraverso una serie di linee ondulate che premevano sulla figura come onde d’urto, riducendo il suo volto a un’immagine primordiale di paura e ponendosi in contrasto visivo con il percorso rettilineo su cui camminano le tre figure. Ha accentuato questo effetto mostrando che i suoi due compagni, che vengono visti allontanarsi, erano illesi, suggerendo così che il trauma proveniva dalla sua stessa mente, piuttosto che dal mondo esterno. Si ipotizza che la figura centrale del dipinto sia modellata su una mummia Inca che Munch vide in un museo parigino mentre visitava l’Esposizione Universale del 1889. In ogni caso, su una copia del dipinto, Munch scrisse: “Avrebbe potuto solo stato dipinto da un pazzo“
La mostra, curata da Patricia G. Berman, una delle più grandi studiose al mondo di Munch, racconterà tutto l’universo dell’artista, il suo percorso umano e la sua produzione, e lo farà attraverso 100 opere, tra cui una delle versioni litografiche custodite a Oslo de L’Urlo (1895), ma anche La morte di Marat (1907), Notte stellata (1922–19249), Le ragazze sul ponte (1927), Malinconia (1900–1901) e Danza sulla spiaggia (1904)
Ad arricchire la mostra milanese, è previsto un ricco palinsesto di eventi che coinvolgerà diverse realtà culturali della città e che andrà ad approfondire la figura dell’artista ed espandere i temi delle sue opere esplorando diversi linguaggi, dal cinema all’architettura, dalla musica alla letteratura e molto altro.
Il programma sarà pubblicato prossimamente sui canali di comunicazioni dei partner coinvolti.
Chi era Edvard Munch
Edvard Munch (nato il 12 dicembre 1863 a Löten, Norvegia – morto il 23 gennaio 1944 a Ekely, vicino a Oslo) è stato un pittore e incisore norvegese il cui trattamento intensamente evocativo di temi psicologici si è basato su alcuni dei principi principali del simbolismo della fine del XIX secolo. e influenzò notevolmente l’espressionismo tedesco all’inizio del XX secolo. Il suo dipinto L’urlo, o Il grido (1893), può essere visto come un simbolo della moderna angoscia spirituale. Munch è nato in una famiglia della classe media afflitta da problemi di salute. Sua madre morì quando aveva cinque anni, la sorella maggiore quando ne aveva 14, entrambe di tubercolosi; Alla fine Munch catturò quest’ultimo evento nel suo primo capolavoro, The Sick Child (1885–86). Anche il padre e il fratello di Munch morirono quando lui era ancora giovane, e un’altra sorella sviluppò una malattia mentale. Lo stile profondamente originale di Munch si cristallizzò intorno al 1892. L’uso fluido e tortuoso della linea nei suoi nuovi dipinti era simile a quello dell’Art Nouveau contemporaneo, ma Munch usò la linea non come decorazione ma come veicolo di profonda rivelazione psicologica. L’indignata incomprensione del suo lavoro da parte dei critici norvegesi trovò eco anche a Berlino, quando Munch espose lì un gran numero dei suoi dipinti nel 1892 su invito dell’Unione degli artisti berlinesi. L’emozione violenta e le immagini non convenzionali dei suoi dipinti, in particolare le loro rappresentazioni audacemente franche della sessualità, hanno creato un’aspra controversia. I critici furono offesi anche dalla sua tecnica innovativa, che ai più apparve incompiuta. Lo scandalo, però, contribuì a far conoscere il suo nome in tutta la Germania, e da lì la sua fama si diffuse ulteriormente. Munch visse principalmente a Berlino nel 1892–95 e poi a Parigi nel 1896–97, e continuò a spostarsi molto finché non si stabilì in Norvegia nel 1910. Munch subì un esaurimento nervoso nel 1908-2009 e in seguito la sua arte divenne più positiva ed estroversa senza recuperare l’intensità precedente. Tra le poche eccezioni c’è il suo inquietante Autoritratto: Il vagabondo della notte (1930 circa), uno di una lunga serie di autoritratti che dipinse nel corso della sua vita. Una commissione particolarmente importante, che segnò la tardiva accettazione della sua importanza in Norvegia, fu quella per i murales dell’Università di Oslo (1909-1916), il cui fulcro era un vasto dipinto del sole, affiancato da immagini allegoriche. Sia i paesaggi che gli uomini al lavoro fornirono soggetti per i dipinti successivi di Munch. Eppure fu soprattutto attraverso le sue opere degli anni Novanta dell’Ottocento, in cui diede forma a forze psichiche misteriose e pericolose, che diede un contributo così cruciale all’arte moderna. Nel 1937 la sua opera fu inclusa nella mostra nazista di “arte degenerata”. Alla sua morte, Munch lasciò in eredità la sua proprietà e tutti i dipinti, le stampe e i disegni in suo possesso alla città di Oslo, che eresse il Museo Munch nel 1963. Molte delle sue opere migliori si trovano alla Galleria Nazionale di Oslo.
Con il patrocinio della Reale Ambasciata di Norvegia a Roma, e prodotta da Palazzo Reale e Arthemisia, in collaborazione con il Museo MUNCH di Oslo.
La mostra avrà una seconda tappa a Roma, a Palazzo Bonaparte, dal 18 febbraio al 2 giugno 2025.