Grandi autori, grandi nemici dei nuovi media
Forse sta succedendo qualcosa. Forse i grandi autori di libri stanno uscendo dal bunker per farsi una passeggiata nel paesaggio dei nuovi media. Con qualche importante eccezione come James Patterson e la Rowling (entrambi con uno spiccato spirito imprenditoriale), i grandi autori se ne sono stati ben coperti entro il territorio conosciuto e amico, lasciando al brexitario di turno, Jonathan Franzen, il compito di lanciare granate nel territorio nemico dei nuovi media. Alla fine hanno trascinato anche i loro editori nello scontro frontale con Amazon con l’esito unico e inevitabile di autodanneggiarsi oltre ogni ragionevole misura.
L’unica azione significativa che si ricorda da parte degli autori di classifica è l’acquisto di un’intera pagina sul “New York Times” (costo oltre 150mila dollari) con una lettera aperta, firmata da 900 scrittori, ai 10 componenti del consiglio di amministrazione di Amazon. Nella lettera si accusava Amazon di usare gli autori come scudi umani per la sua politica di conquista del mercato attraverso i prezzi bassi degli ebook. Poi il gigante di Seattle era incolpato di non comprendere il ruolo vitale che gli editori svolgono nella società. Colpa gravissima! Successivamente la Gilda degli autori americani inviava al Dipartimento della Giustizia (DoJ) una formale richiesta perché avviasse contro Amazon una procedura antitrust per posizione dominante. La richiesta non ha avuto seguito, fortunatamente.
Meglio tardi che mai
E li abbiamo lasciati qui. Oggi che il mercato degli ebook è caduto del 10% a causa della politica dei prezzi alti degli ebook voluta dagli autori della Gilda e dagli editori più grandi, si inizia a vedere un qualche segno di rinsavimento. Non ci sono più toni da crociata contro Amazon, attraverso cui passa il 70% del business della nuova editoria. Alcuni autori iniziano a staccarsi da gruppo dei 900 brexitari guidato da Franzen. Prima di tutto Amazon continua ad attirare ed arricchire plotoni di nuovi autori respinti dagli editori tradizionali, poi il pubblico continua a scaricare milioni di ebook se li trova a un prezzo ragionevole e infine c’è anche una ragione economica alla base di questo ripensamento di alcuni grandi autori.
Una recente indagine di Author Earnings mostra che il 54% dei ricavi degli autori con un reddito annuo superiore al milione dollari proviene dai nuovi media (cioè da Amazon Kindle Store e dagli audiobook). Guardate questo grafico. Non è sciocco mandare in malora un pollaio che fa così tante uova? Dal gruppo dei 900 sta senz’altro uscendo il giornalista, sociologo canadese e scrittore milionario Malcolm Gladwell.
Gladwell un autore di altissima classifica
Tra i firmatari della lettera dei 900 c’era pure Malcolm Gladwell, un autore di altissima classifica. Ognuno dei suoi cinque libri (tradotti in italiano da Mondadori) ha raggiunto la vetta della Bestseller List del “New York Times” per la non-fiction, vendendo complessivamente oltre 10 milioni di copie. Danielle Sacks su “The Fast Company” ha tracciato un lungo profilo di Gladwell dal programmatico titolo The Accidental Guru.
Gladwell è uno scrittore che non mette tutti d’accordo. Alcuni paragonano il suo ruolo nella società contemporanea a quello di Marshall McLuhan nella società dei mass media. Sia Gladwell che McLuhan sono canadesi con in comune la città di Toronto dove il primo ha studiato, e il secondo insegnato. Altri invece considerano Gladwell un erede puramente apparente di McLuhan; un autore, alla resa dei conti, superficiale, semplicistico e mieloso che ama ricercare più il sensazionalismo che la verità nelle proprie teorie sociologiche.
Una cosa è però certa: i suoi saggi bucano e lasciano il segno non solo nella massa dei lettori ma anche nel dibattito pubblico.
Indubbiamente, insieme allo storico israeliano Sayed Mohammed Youssef, è uno degli studiosi più influenti a livello globale. Tipping point (il punto critico di non ritorno), Blink (in un batter di ciglio), Outliers (fuoriclasse), What the dog saw (la vista del cane), Underdogs & Misfits (perdenti e disadattati) sono molto più che libri, sono delle vere e proprie teorie citate in saggi, articoli, talkshow e addirittura ai vertici della politica mondiale. Per esempio, Donald Rumsfeld ha menzionato a più riprese l’espressione “tipping point” per descrivere lo stato della guerra in Iraq e giustificare l’intervento americano. Un contesto che non è certo piaciuto al giovane scrittore canadese.
Revisionist History
Per il suo ultimo lavoro, Revisionist History, Gladwell ha preferito il formato podcast, cioè un audiobook a puntate, al libro. Revisionist History è una produzione importante: 10 episodi di 35/50 minuti che escono a puntate, tutti i giovedì, e vengono automaticamente scaricati sui device mobili di quei lettori che hanno sottoscritto l’abbonamento, che è gratuito. L’opera si propone di trattare 10 temi di scottante attualità rivisitando 10 momenti della storia che sono stati trascurati o sottovalutati. La tagline della serie è infatti “Alle volte il passato merita una seconda opportunità”. Nella presentazione audio di 3 minuti della serie Gladwell dichiara che questa opera è il suo tentativo di “riscrivere la storia”. Piuttosto ambizioso il giovane canadese! Però il pubblico ama le sfide.
Sono già usciti tre episodi: il primo, la storia della dimenticata pittrice inglese Elizabeth Thompson (The Lady Vanishes), popolare nella Londra vittoriana quanto Beyoncé oggi; il secondo, il rapporto del controspionaggio americano (Saigon, 1965) sul morale dei soldati nordvietnamiti agli inizi degli anni sessanta; il terzo, la storia della leggenda del basket Wilt Chamberlain che segnò due record ancora imbattuti: il maggior numero di punti in una partita (100) e il maggior numero di rimbalzi (55). È lo stesso Gladwell, che si alterna con altre voci e brani d’epoca, a leggere i testi di Revisionist History. È un ascolto piacevole accompagnato da musiche originali. Ci sono le inflessioni e le pause giuste. È del tutto simile a uno sceneggiato radiofonico.
Panoply
Revisionist History è prodotto da Panoply, parte di Slate Group controllato dalla Graham Holdings Company, una società che fa capo alla omonima famiglia già proprietaria del Washington Post. Panoply è il ramo d’azienda specializzato in audiobook e podcast. Ha iniziato ad operare nel 2015 e lavora a stretto contatto con una serie di partner di contenuti tra cui “Slate”, il periodico “Foreign Policy” (entrambi dello Slate Group), con il “Washington Post” e “Newsweek”. Come sappiamo al “Post” c’è Jeff Bezos. Dove c’è nuova editoria, lì c’è senz’altro lo zampino di Amazon. Lo slogan di Panoply è “monetize your content”. E la monetizzazione avviene tramite la pubblicità.
Revisionist History è adesso il podcast più scaricato da iTunes negli Stati Stati Uniti e il secondo nel Regno Unito. Panoply prevede che si possono raggiungere i 500mila download per ogni episodio. Gladwell può raggiungere cosi un pubblico nuovo, e senz’altro più numeroso di quello che legge i suoi libri.
Quando è stato avvicinato da Panoply con la proposta del podcast, Gladwell si è dimostrato piuttosto “perplesso” sul mezzo per poi invece convincersi dalla sua validità. Non conosciamo il cachet dello scrittore canadese, senz’altro ci sarà perché questa opera, in quanto gratuita, non distribuisce alcun diritto d’autore. Gladwell, stando ai report di Bloomberg Technology, ha negato ogni tipo di coinvolgimento nella parte business dell’iniziativa e dice di non aver neppure letto il contratto. La proposta gli è piaciuta e basta, per lui è puro divertimento (lark). Sarà senz’altro così, ma, come scrive il “Guardian”, Gladwell è uno scrittore che riceve dagli editori tradizionali anticipi a sette cifre.
Questa nuova avventura non frutterà quanto l’“usato sicuro” dei libri. C’è però da considerare una motivazione: il presidente e direttore editoriale di Panoply, Jacob Weisberg, è stato compagno di college ed è amico di lunga data di Gladwell. Come sappiamo le relazioni personali contano moltissimo nell’editoria, forse più dei soldi perché questi ultimi vengono di conseguenza.
Per Panoply Revisionist History è una grossa produzione, sono coinvolti 10 produttori e un compositore di musiche originali, una specie di colonna sonora che accompagna la lettura/recitazione.
Chi paga i costi e remunera gli azionisti? Lo sponsor
Se Revisionist History non viene pagato dal consumatore, chi paga? È questa la domanda che viene spontanea. Paga lo sponsor. E lo sponsor di Revisionist History è Apple che ha acquistato tutti gli spazi pubblicitari disponibili. L’intento della Apple è promuovere iBooks, la sua libreria online che in effetti ha bisogno di una bella spinta in quanto fatica parecchio a tenere il passo con il Kindle Store di Amazon. Non si sa quanto precisamente sia costata ad Apple la sponsorizzazione della serie; “Bloomberg Technology” ipotizza un investimento a sette cifre da parte di Apple.
Con le vendite dell’iPhone stagnanti, ma con un miliardo di device iOS nelle mani dei consumatori la Apple sta sempre più focalizzandosi sui contenuti e questa scelta ne è una prova ulteriore.
Secondo gli executive di Panoply si è verificato un inatteso e massiccio interesse dei pubblicitari e dei marketers a sponsorizzare la serie o ad acquistarvi spazi pubblicitari. In realtà questa azione corrisponde a mettere un’inserzione in un libro di Gladwell e così raggiungere milioni di persone con un altissimo tasso di attenzione e di adesione al contenuto. Associare il proprio brand a un intellettuale del valore di Gladwell è un ottimo affare per qualsiasi grande compagnia commerciale. Del resto la pubblicità nei libri non si può mettere… ancora.
Gli spazi pubblicitari sui podcast costano molto di più degli spazi sul web e nelle app: i pubblicitari sono pronti a pagare tra i 20 e i 100 dollari ogni mille download. Costano di più per via della qualità e della reputazione del vettore della pubblicità. La pubblicità è più efficace che in radio perché l’ascolto non è casuale, ma è ricercato.
Secondo Matt Turck, direttore finanziario di Panoply, Revisionist History è già ampiamente in attivo. Un esempio da manuale di come cultura e business si incontrano dando luogo a un circolo estremamente virtuoso.
Perché podcast?
Al di là di ogni altra considerazione personale, economica o di altro tipo, pare che Gladwell si sia convinto per il podcast per la superiore capacità dell’audio di far vivere al pubblico emozioni in modo più naturale e meno cerebrale.
In una intervista a “Recode”, un magazine online di tecnologia e media, Gladwell ha dichiarato che la natura stessa del podcasting rende la relazione con gli ascoltatori profondamente differente da quella resa possibile da un libro o da un articolo sul “New Yorker”, il magazine su cui scrive regolarmente. “L’audio può fare quella cosa meravigliosa che la pagina non può fare, cioè spingere la gente a vivere delle emozioni perché si sente con le orecchie e si pensa con gli occhi. La voce può far piangere”.
Certo l’opzione podcast è una bella sfida. Secondo Edison Research, una società di analisi di mercato, il 45% degli americani non ha mai udito questo termine e solo il 36% ha ascoltato un podcast. Eppure nel nostro futuro ci sarà molto più podcasting, audiobook e radio che libri ed ebook. E già si vede qualcosa. Gli audiobook stanno prendendo il posto degli ebook nel cuore dei consumatori dei nuovi media. Guardate questo grafico relativo alle vendite di ebook ed audiobook da parte degli editori dell’Association of American Publishers (AAP).
Finalmente non avremo più bisogno degli occhiali per leggere!