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Edison, il puzzle elettrico nelle mani della Consob

Non c’è pace per Edison. Sulla strada dell’accordo tra i soci italiani e il colosso Edf piomba infatti l’incognita Consob: se l’Ente di vigilanza dei mercati dovesse obbligare Edf al lancio di un’Opa sulle minoranze a seguito della ristrutturazione del capitale di Foro Buonaparte, non sulla base della media dell’andamento del titolo negli ultimi dodici mesi (0,85 euro), come chiesto dai francesi, ma con un premio, si andrebbe verso una rinegoziazione della proposta siglata la scorsa settimana fra i soci italiani riuniti in Delmi ed Edf. In altri termini, tutti gli sforzi fatti fino a questo momento per trovare un’intesa andrebbero in fumo.

Il problema non è di semplice soluzione. Edf si è attenuta alla legge ma, a complicare il quadro c’è l’opzione put concessa a Delmi su quel 31% detenuto in Edison; di questo il 75% sarà esercitabile a 3-5 anni a fair value e il 25% legato ai multipli di Ebitda di società italiane comparabili, ovvero ai risultati operativi del gruppo. Con un congegno di questo tipo il prezzo della put è di fatto indefinito e, secondo alcuni studi di analisti, rende difficile per la Consob pretendere di inserire un premio sull’offerta. Al riguardo la Consob si esprimerà entro novembre.

Il quesito è seguito con particolare ansia in casa Tassara e, più ancora, dalle banche (Intesa ed Unicredit in testa) creditrici della finanziaria di Romain Zaleski, presieduta da Pietro Modiano. A fine dello scorso maggio è stato raggiunto un accordo che prevede l’allungamento dei termini per il rimborso di 3,1 miliardi di debiti dalla fine del 2011 alla fine del 2013. Ma da allora il valore dei pacchetti azionari in carico a Tassara, lungi dal recuperare punti, si è in pratica più che dimezzato. E il dossier Edison, se verrà confermato il prezzo di 0,85 euro per azione, potrebbe essere il colpo di grazia: Tassara, infatti, controlla il 10% di Edison a un valore unitario di carico di 1,49 euro. Con la cessione all’Opa, dunque, verrebbe evidenziata una minusvalenza di 320 milioni. La Tassara, facile previsione, non aderirà all’offerta, ma a quel punto si potrebbe porre la necessità di ricapitalizzare, pena il default.

In primavera l’ipotesi di un aumento era stata respinta da Zaleski e dallo stesso Modiano, nonostante il valore delle azioni italiane quotate a garanzia del debito (cioè Intesa San Paolo, Mps, Ubi Banca, Banca Popolare di Milano, Cattolica Assicurazioni, Edison e A2A) fosse ormai vicino al dato iscritto in bilancio. Aveva infatti osservato Modiano che «la somma dei valori delle partecipazioni non quotate e di quelle quotate non liquide, anche in un momento di mercato così basso, compensa le minusvalenze sui titoli quotati – tenuto conto anche dell’incertezza su Edison e del grande valore incorporato nella banca”.

Altri tempi. Da allora l’erosione è proseguita: la partecipazione in Intesa Sanpaolo (2,5%) è sotto di 390 milioni, quella in Ubi (120 milioni sul 2%). Lo stesso vale per le quote in Mps e Bpm (1,99% ciascuna) o per il 2,5% in A2A. Peggio ancora, la plusvalenza teorica in Eramet si è ridotta da 700 a 120 milioni. A questo punto è difficile che non scatti la mannaia del nuovo piano di rientro che prevede: smobilizzo delle partecipazioni a date prestabilite; aumento dei tassi; ulteriori condizioni più severe ogni sei mesi se certi target non verranno raggiunti.

Sembra così avvicinarsi la cessione del vero gioiello di casa Zaleski: la polacca Alior Bank, che controlla circa l’1% del mercato del credito locale e che dovrebbe essere quotata nel 2012. A meno che Vegas non arrivi in soccorso imponendo un’Opa più generosa a Edf. Ma in quel caso gli accordi andranno ridiscussi da capo. Insomma, il puzzle elettrico resta nel destino di Zaleski balzato alle cronache dieci anni fa per il ruolo nella scalata a Montedison in supporto a Edf, oggi costretto ad assistere alle ultime tensioni sulla pax electrica.

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