L’attività edilizia, come emerge dai recentissimi dati sui permessi di costruzione, segnala un campanello d’allarme di rallentamento della pur flebile ripresina avviata nello scorso anno. L’ultimo trimestre 2017, infatti, vede ridursi il numero di abitazioni autorizzate, rispetto al trimestre precedente, del 4,4% e, delle superfici non residenziali, del 16,4 %. Una battuta d’arresto dopo solo quattro trimestri positivi nel settore abitativo e sei (seppur con un piccolo neo) nel comparto terziario e produttivo. Evidentemente, le incertezze pre-elettorali e il political risk, anche negli enti locali, hanno avuto un’influenza negativa sulle scelte d’investimento e di acquisto di nuovi immobili.
Un contesto congiunturale non in grado, comunque, d’invertire una tendenza ultra decennale caratterizzata, da una pronunciata contrazione del settore edilizio. Il ciclo di lungo periodo vede,infatti, il manifestarsi di una crisi strutturale in tutti e due i comparti. Nel residenziale siamo passati dalle 50mila abitazioni avviate per trimestre nei primi anni 2000, alle 70mila del 2005, per ritornare attorno alle 40mila nel 2008. Con la crisi del debito sovrano i permessi rilasciati si sono prima dimezzati nel 2012, attestandosi attorno ai 20mila e nuovamente ridotti del 50%, a partire dal 2015, con un valore di circa 10mila alloggi a trimestre. Situazione simile riguarda i nuovi immobili non residenziali passati da un valore di 7 milioni di mq. concessi a trimestre nei primi anni 2000 a meno di 3 milioni degli anni più recenti.
Un aspetto da non sottovalutare sono le proiezioni sul territorio della crisi. Non si registrano grandi differenze a livello delle macro regioni essendo relativamente omogenea, fra Centro-Nord e Mezzogiorno, la caduta dell’attività edilizia. Rileviamo, invece, significative differenze fra le tipologie urbane. Il peso delle grandi città e dei capoluoghi valeva nel residenziale il 22,4% del totale nel 2015 ed è sceso al 10,8% nel 2017. Poichè l’acquisto d’immobili nelle grandi città si è dimostrato particolarmente vivace nell’ultimo triennio, questi dati dimostrano l’attuale stallo nelle politiche di rigenerazione urbana in tutte le aree principali, ad eccezione di Milano. E’ un danno esiziale alla qualità della vita metropolitana e allo sviluppo economico e occupazionale non mettere mano alle periferie o alle zone centrali abbandonate (su tutte quelle ferroviarie) con interventi di larga scala per la ricostruzione di quartieri e complessi direzionali.
Fonte: inPiù.net