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Ecuador tra narcos e violenze, passa il referendum sulla sicurezza: tolleranza zero ed esercito nelle strade

FIRSTonline

Il Sudamerica sta ufficialmente entrando in una nuova fase di militarizzazione e di lotta senza quartiere al crimine organizzato. Il primo a lanciare il trend è stato l’autoritario presidente di El Salvador, il 42 enne Nayib Bukele, rieletto lo scorso febbraio con l’87% dei voti: sotto la sua presidenza, dal 2019, il Paese è diventato il primo al mondo per popolazione carceraria, superando i 1.000 detenuti ogni 100.000 abitanti. Praticamente oltre 1 cittadino ogni 100 si trova in prigione. Questo ha fatto sì che il tasso di omicidi sia precipitato dagli oltre 100 ogni 100.000 abitanti di qualche anno fa agli attuali 2,4, dato tuttavia contestato perché non tiene conto dei numerosi criminali uccisi dalla polizia. Il “bukelismo” ha fatto proseliti prima in Argentina, dove Javier Milei vorrebbe importare il modello della “tolleranza zero”, e ora in Ecuador, dove il giovane presidente Daniel Noboa, eletto lo scorso ottobre con la promessa di fare piazza pulita dei narcos, ha appena vinto – forte della sua popolarità al 69% – un importante referendum per cambiare diverse norme sulla pubblica sicurezza.

Ecuador: passa il referendum sulla sicurezza

Il referendum prevedeva il voto obbligatorio e portava alle urne un Paese sconvolto dall’onda di violenza degli ultimi mesi: i morti tra i narcotrafficanti, a causa di regolamenti di conti in carcere e di operazioni di polizia, sono stati 460 dal 2021, ma solo a gennaio di quest’anno se ne sono contati 20. Inoltre sempre a gennaio è stato brutalmente assassinato il procuratore anti-narcos di Guayaquil Cesar Suarez, mentre alla vigilia del voto sono stati uccisi due sindaci in meno di 48 ore (una decina in totale i politici uccisi dal 2023), e nel giorno stesso del referendum ha perso la vita il direttore di un penitenziario.

In questo clima, col tasso di omicidi esploso del 500% negli ultimi 5 anni fino a superare gli 8.000 nel 2023 (in un Paese con meno di 18 milioni di abitanti), il referendum poneva dunque 11 quesiti, di cui due – respinti – su questioni che non riguardavano la sicurezza e nove – tutti promossi con percentuali tra il 60% e il 73% – proprio sui nuovi poteri da dare a governo e esercito per sradicare la criminalità, anche modificando norme costituzionali. Il quesito principale era quello sulla possibilità di estradare i condannati, che era vietata dalla Costituzione del 1945.

L’irruzione della polizia ecuadoriana nell’Ambasciata messicana

Che il presidente Noboa non vedesse l’ora di liberarsi di quella protezione concessa ai criminali lo si era capito anche qualche settimana fa, quando la polizia ecuadoregna ha fatto irruzione nell’Ambasciata messicana a Quito per catturare l’ex vicepresidente Jorge Glas, condannato per associazione a delinquere e corruzione e che dopo la vittoria elettorale di Noboa aveva chiesto ospitalità alla sede diplomatica del Paese governato dal socialista Manuel Angel Lopez Obrador.

L’inaudita operazione, che ovviamente viola le leggi internazionali, ha innescato una crisi diplomatica e politica senza precedenti in tutto il continente, con Glas che ha chiesto aiuto al presidente brasiliano Lula, mentre il leader venezuelano Nicolas Maduro ne ha chiesto l’immediata liberazione. I 13,6 milioni di ecuadoriani chiamati alle urne hanno però dato ragione a Noboa, approvando la svolta “forcaiola”.

Anche gli altri quesiti promossi daranno più poteri alle Forze Armate: a partire da adesso, in particolare, l’esercito potrà intervenire sempre, senza che il governo abbia bisogno di dichiarare lo stato di emergenza o lo stato di conflitto armato interno, che peraltro è attualmente in vigore nel Paese.

Ora per autorizzare operazioni speciali dell’esercito contro i narcos (ma non solo) sarà sufficiente il via libera del presidente. In sintesi, l’Ecuador ha dato l’ok all’esercito nelle strade. Del resto, l’antifona si era capita durante lo stesso voto: in un clima da anni di piombo, la tornata referendaria è stata protetta da uno schieramento di oltre 57mila poliziotti e 39mila soldati.

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