Ecuador nel caos e sull’orlo di una guerra civile. In tutto il paese si registrano saccheggi, rivolte carcerarie, sparatorie e scontri con la polizia. Il presidente dell’Ecuador, Daniel Noboa, ha dichiarato lo stato di “conflitto armato interno” e avviato una “guerra contro i narcotrafficanti“. Questa decisione è stata una risposta alle violenze scaturite dall’evasione dal carcere di massima sicurezza di Guayaquil del principale narcotrafficante del paese, Adolfo Macias, detto “Fito”, boss del cartello del narcotraffico Los Choneros.
Decretato, inoltre, lo stato d’emergenza per 60 giorni e l’evacuazione immediata del Parlamento e di tutti gli uffici pubblici a Quito. Sospesi anche indefinitamente tutti i servizi ambulatoriali, ricoveri e interventi chirurgici programmati nel paese. Per il presidente Noboa si tratta subito della prima grande crisi di sicurezza a meno di due mesi dal suo insediamento.
Il primo bilancio parla di almeno dieci vittime, compresi due agenti delle forze dell’ordine e tre feriti in vari attacchi armati registrati in diverse zone di Guayaquil, centro principale delle violenze. In altre parti della città, si sono verificate rapine, saccheggi e sparatorie. Cinque ospedali sono stati attaccati, con un totale di 29 edifici presi di mira durante l’escalation della violenza nella zona.
Guerra ai narcotrafficanti
Nel decreto che riguarda il “conflitto armato interno”, integrato con quello dello stato di emergenza, il presidente Noboa ha elencato la presenza di 22 gruppi del crimine organizzato transnazionale sul territorio nazionale, definendoli “organizzazioni terroristiche e attori non statali belligeranti”. L’articolo 3 del decreto ordina “l’immediata mobilitazione e intervento delle forze armate e della polizia sul territorio ecuadoriano per garantirne la sovranità e l’integrità”.
L’articolo 4 del decreto presidenziale ordina alle forze dell’ordine di identificare e neutralizzare i seguenti gruppi criminali: Aguilas, AguilarKiller, AK47, Dark Knights, ChoneKiller, Choneros, Corvicheros, Cuartel de las Feas, Cubanos, Fatales, Gánster, Kater Piler, Lagartos, Latin Kings, Lobos, Los p .27, Los Tiburones, Mafia 18, Mafia Trébol, Patrones, R7 e Tiguerones.
I narcos fanno irruzione alla tv pubblica
L’episodio più sconcertante di queste violenze è avvenuto ieri nella città portuale di Guayaquil, seconda centro più importante del Paese, quando alcuni uomini incappucciati e armati hanno fatto irruzione nello studio del canale televisivo di Stato Tc Television durante una trasmissione, prendendo in ostaggio giornalisti e tecnici. La trasmissione non è stata interrotta e ha mostrato quindi in diretta l’assalto scandito da momenti di panico, spari, grida di supplica da parte dei presenti e minacce di morte da parte degli aggressori armati di granate e fucili mitragliatori.
Un giornalista ha inviato un messaggio via WhatsApp dicendo: “Sono venuti per ucciderci. Dio non permetta che ciò accada. I criminali sono in onda”. Dopo mezz’ora di terrore fortunatamente le forze speciali della polizia sono intervenute, liberando gli ostaggi e arrestando gli aggressori.
Sempre a Guayaquil, un commissariato è stato colpito da un attentato e due addetti alla sicurezza di un centro commerciale sono stati uccisi dai criminali perché avevano impedito loro l’accesso ai locali affollati.
Rivolte e sparatorie nelle carceri
Il primo segnale di allarme è stato l’evasione dal carcere di Guayaquil di Adolfo Macias, leader dei Los Choneros, la più grande banda di narcotrafficanti dell’Ecuador. Conosciuto come “Fito”, Macias stava scontando una pena di 34 anni dal 2011 per crimine organizzato, traffico di droga e omicidio. L’evasione è avvenuta il 25 dicembre durante una visita medica, e da allora circa 3.000 agenti sono impegnati nella sua ricerca.
Negli ultimi giorni, la situazione in Ecuador è degenerata con esplosioni e sollevazioni in almeno sei carceri e il rapimento di numerosi agenti di polizia, di cui tre nella città costiera di Machala e uno nella capitale Quito. Inoltre, l’arresto di Fabricio Colon Pico, leader dei Los Lobos, ha portato a sommosse carcerarie e proteste a favore del boss. La situazione è così critica che sono stati registrati sit-in di sostegno e blocco delle strade con cartelli che chiedono di non attentare alla vita di Pico e di opporsi al suo trasferimento nel carcere di massima sicurezza a La Roca.
Il caos si è poi esteso per le strade con saccheggi di centri commerciali e segnalazioni di bande criminali che cercano di irrompere nelle università per catturare ostaggi.
Il presidente Daniel Noboa, in carica dal novembre scorso, ha promesso di contrastare la criminalità e promuovere la ripresa economica, ma l’Ecuador continua ad essere afflitto dalla crisi, soprattutto a causa della posizione strategica tra Colombia e Perù, i principali produttori mondiali di cocaina. E le bande di narcotrafficanti continuano a sfidare le autorità.
Nel nord della capitale Quito, individui armati hanno sparato a veicoli in transito, causando la morte di cinque persone e il ferimento di uno studente. In un magazzino di pezzi di ricambio nelle vicinanze, un gruppo armato ha ucciso tre persone.
Usa: “profondamenti preoccupati, pieno supporto a Noboa”
Il Dipartimento di Stato americano ha manifestato una “preoccupazione estrema” per le violenze nel paese e dichiarando pieno supporto all’operato del presidente Noboa. Il massimo diplomatico statunitense per l’America Latina, Brian Nichols, ha dichiarato che gli ufficiali americani rimarranno in stretto contatto con la squadra di Noboa in relazione alle recenti violenze e rapimenti nel paese sudamericano.
Anche i leader latinoamericani hanno espresso solidarietà al presidente. Il governo del Perù ha deciso di inviare immediatamente un contingente delle Forze Speciali della polizia al confine per rafforzare la sicurezza. Intanto, la Cina ha annunciato la sospensione delle operazioni al pubblico della sua ambasciata e di tutti i consolati in Ecuador.
La crisi dell’Ecuador
L’Ecuador, una volta considerato uno dei paesi più pacifici dell’America Latina, è stato colpito da una crescente ondata di violenza, con almeno 4.500 morti per cause violente solo l’anno scorso.
Le bande di trafficanti hanno reclutato persino bambini, mentre le carceri sono diventate centri di comando per i trafficanti, sfuggendo al controllo delle forze di polizia. La criminalità organizzata ha stretto accordi con potenti cartelli internazionali, compresi quelli messicani e albanesi. Il Rapporto globale sulla cocaina 2023 delle Nazioni Unite indica un aumento del 35% nella coltivazione di cocaina tra il 2020 e il 2021.